È la prima presa di posizione giusta da quando è ministra. Sora Elsa ha impiegato un po’ di tempo, ma alla fine ha capito che ogni tanto un po’ di full-immersion nella realtà non guasta. Perché lei, la ministra del Welfare, tutto sembra meno che una donna abituata a tenere sotto controllo il costo del pane, dell’olio e del latte. Sarà anche vero che non è a capo del Cipe, ma santiiddio è pur sempre una ministra della repubblica, e come tale una cittadina a tutti gli effetti anzi, di più. Sora Elsa bacchetta Marchionne e, se ci è concesso, è una notiziona, come quella del padrone che morde il cane. A parte la Fiom, finora nessuno aveva provato a contrastare il manager dei menager tanto che, bellamente, si era permesso di fare sempre e comunque quel che cazzo gli pareva. Era riuscito a tirare dalla sua parte anche quei gigioni di Raffaele Bonanni e di Luigi Angeletti, sindacalisti a tempo perso, e perfino fior di dirigenti dell’ex Pci, interessati a non guastarsi troppo i rapporti con Torinoe la famiglia Agnelli, come Chiamparino e Fassino. Della simpatia di Matteo Renzi non parliamo perché ci viene da ridere, comunque il fatto è che Sergio, abile propagandista di se stesso, aveva tenuto tutti per le palle minacciando la chiusura degli stabilimenti Fiat in Italia e sventolando un investimento da 20 miliardi di euro. Avendo raggiunto solo il primo degli obiettivi che si era proposto, Sergio ha pensato di continuare comunque a fare i comodi suoi e, alla prima occasione, ha voluto dimostrare di che pasta è fatto, un uomo tutto d’un pezzo che non deve chiedere mai, meno che alla Federal Reserve, al presidente americano di turno, a quello serbo, brasiliano, polacco e perché no, anche alla UE, per la serie “è bellissimo fare il manager con i soldi degli altri”. Poi, però, il tribunale di Roma gli dice che non può cacciare dalla fabbrica diPomigliano d’Arco 19 operai solo perché iscritti alla Fiom. Gli impone di reintegrarli a pieno titolo e lui che fa? Ne caccia 19 per rappresaglia che manco i peggiori dittatori del ‘900. È a questo punto che Sora Elsa si inalbera e, leggendo i giornali esclama: “Perdindirindina!” Chiama Sergio è gli dice chiaro e tondo che così non si fa anche se, per non compromettere del tutto i rapporti, si dice felice che abbia deciso di non chiudere gli impianti italiani. Più netto, anche se apparentemente più distaccato, Corrado Passera: “Quello che ha fatto la Fiat non mi piace”, ha detto il ministro dello Sviluppo, una frase che, per assurdo, è molto più cattiva di quella di Sora Elsa. È un segnale, né forte né inequivocabile, che forse qualcosa si muove, che le regole non possono sempre essere eluse, che in tutti i campi, compreso quello dei rapporti sociali, un po’ di correttezza non guasta mai. A proposito, dopo l’intervista a Report, Tonino Di Pietro è alla prese con una fronda interna da far tremare le vene ai polsi. Ma di questo parleremo domani.
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Sora Elsa bacchetta Marchionne. È finita l’epoca scapigliata del Capataz Sergio, il manager filosofo.
Creato il 02 novembre 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
È la prima presa di posizione giusta da quando è ministra. Sora Elsa ha impiegato un po’ di tempo, ma alla fine ha capito che ogni tanto un po’ di full-immersion nella realtà non guasta. Perché lei, la ministra del Welfare, tutto sembra meno che una donna abituata a tenere sotto controllo il costo del pane, dell’olio e del latte. Sarà anche vero che non è a capo del Cipe, ma santiiddio è pur sempre una ministra della repubblica, e come tale una cittadina a tutti gli effetti anzi, di più. Sora Elsa bacchetta Marchionne e, se ci è concesso, è una notiziona, come quella del padrone che morde il cane. A parte la Fiom, finora nessuno aveva provato a contrastare il manager dei menager tanto che, bellamente, si era permesso di fare sempre e comunque quel che cazzo gli pareva. Era riuscito a tirare dalla sua parte anche quei gigioni di Raffaele Bonanni e di Luigi Angeletti, sindacalisti a tempo perso, e perfino fior di dirigenti dell’ex Pci, interessati a non guastarsi troppo i rapporti con Torinoe la famiglia Agnelli, come Chiamparino e Fassino. Della simpatia di Matteo Renzi non parliamo perché ci viene da ridere, comunque il fatto è che Sergio, abile propagandista di se stesso, aveva tenuto tutti per le palle minacciando la chiusura degli stabilimenti Fiat in Italia e sventolando un investimento da 20 miliardi di euro. Avendo raggiunto solo il primo degli obiettivi che si era proposto, Sergio ha pensato di continuare comunque a fare i comodi suoi e, alla prima occasione, ha voluto dimostrare di che pasta è fatto, un uomo tutto d’un pezzo che non deve chiedere mai, meno che alla Federal Reserve, al presidente americano di turno, a quello serbo, brasiliano, polacco e perché no, anche alla UE, per la serie “è bellissimo fare il manager con i soldi degli altri”. Poi, però, il tribunale di Roma gli dice che non può cacciare dalla fabbrica diPomigliano d’Arco 19 operai solo perché iscritti alla Fiom. Gli impone di reintegrarli a pieno titolo e lui che fa? Ne caccia 19 per rappresaglia che manco i peggiori dittatori del ‘900. È a questo punto che Sora Elsa si inalbera e, leggendo i giornali esclama: “Perdindirindina!” Chiama Sergio è gli dice chiaro e tondo che così non si fa anche se, per non compromettere del tutto i rapporti, si dice felice che abbia deciso di non chiudere gli impianti italiani. Più netto, anche se apparentemente più distaccato, Corrado Passera: “Quello che ha fatto la Fiat non mi piace”, ha detto il ministro dello Sviluppo, una frase che, per assurdo, è molto più cattiva di quella di Sora Elsa. È un segnale, né forte né inequivocabile, che forse qualcosa si muove, che le regole non possono sempre essere eluse, che in tutti i campi, compreso quello dei rapporti sociali, un po’ di correttezza non guasta mai. A proposito, dopo l’intervista a Report, Tonino Di Pietro è alla prese con una fronda interna da far tremare le vene ai polsi. Ma di questo parleremo domani.
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