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Sostiene Torgny Lindgren

Da Marcofre

Lo scrittore svedese Torgny Lindgren sostiene che scrivere poesia è importante per uno scrittore esordiente, poiché lo costringe a esercitare il proprio linguaggio, e a sondarne la struttura e il ritmo. Infatti lui ha esordito nel 1965 come poeta.
Quindi non ho molte speranze, ma lo immaginavo. Veniamo adesso alle cose serie.

“Struttura” e “ritmo” sono due termini che fanno battere in ritirata molti. Infatti, finché si tratta di scrivere tutti sono persuasi di riuscirci, e pure con facilità. Quando si evocano appunto queste due paroline il panico o l’indifferenza prevalgono. L’unica affermazione che mi sento di fare è che di certo la poesia è importante, ma si può scoprire ritmo e struttura anche leggendo prosa.

Cosa diavolo è la struttura? Me lo sono domandato spesso, e a parer mio si tratta essenzialmente di costruire e distribuire gli elementi della storia. È una definizione che arriva direttamente dall’architettura, ma scrivere un racconto o un romanzo quello significa: costruire.

Ma non è certo possibile farlo a casaccio, perché in un caso del genere la storia rischia di crollare. O per la scarsa qualità dei materiali utilizzati, o (ed è pure peggio) per la cattiva distribuzione dei pesi.

Quali pesi?

Per capirci qualcosa in pesi, struttura e anche ritmo, forse la lettura di racconti aiuta a capire. Per prima cosa: la qualità dei materiali non vuol dire mai che si deve scrivere di grandi personaggi. O grandi eventi. Non è questo che rende una storia interessante. La qualità ha a che vedere con l’aderenza alla realtà. Se costruisco una casa devo usare mattoni e cemento, non la sabbia, e nemmeno materiali che sembrano cemento e sabbia. Perché allora crollerà tutto.

Visto che la narrativa è vita, è carne e sangue, le mie parole devono essere fedeli a questo impegno. Devo cioè rendere reale, vivo il personaggio. Se parla, deve credere in quello che dice.

Marisa, che dici mai? Io ti amo, per questo ti ho sposato.

Questo è un esempio partorito dalla mia mente sconvolta. Nessuno parla così, sul serio. Mi spiace dirlo. Basta salire su un autobus, andare in metropolitana per rendersene conto. D’altra parte, è sbagliato pure prendere quello che si sente e riportarlo sulla carta: la scrittura non è registrazione della realtà.
La scritta è complicata.

Torniamo a parlare di struttura (ma lo sto facendo, sul serio, anche quando parlo d’altro). Dopo che i materiali sono a disposizione, e di qualità, non è sufficiente scrivere. Occorre appunto distribuire i pesi, perché una storia vive in un certo senso di economia. Vale a dire: di un uso razionale di un bene (le parole), al fine di ottenere il massimo vantaggio possibile (per il lettore).
La scrittura è complicata: l’ho già scritto ma è meglio ribadirlo.

Spiegato alla carlona: se per esempio il protagonista ha un segreto, questo non deve essere svelato all’improvviso (“Taaaa-Daaaaaa!!!!! Non ve lo aspettavate eh? Ma quanto sono bravo?”).  A chi scrive sembrerà un arguto sistema per piazzare il colpaccio, in realtà esiste una sorta di patto che ciascun autore deve rispettare, e dice:

Mai prendere il lettore per quella parte anatomica usata per sedersi.

Il segreto è un peso, e non può essere “sparato” all’improvviso. Piuttosto, deve adottare un comportamento “carsico”, svelarsi appena, deve adottare un’apparenza dimessa, come se non fosse affatto un segreto. Il lettore mentre legge sente che “dietro” c’è qualcosa che agisce, cresce, darà una svolta, ma non sa bene di cosa si tratti. È persino possibile rendere la faccenda più nitida nei suoi contorni, ma è essenziale che NON si sveli tutto all’improvviso.

E il ritmo? Consiglio ancora una volta il sistema più spiccio: la lettura ad alta voce di quanto si scrive. Spesso è imbarazzante, ma è una buona cosa: significa solo che funziona, e che dobbiamo ricominciare tutto da capo. Tranquilli: nessuno aspetta le nostre storie, non c’è da salvare il mondo. C’è solo da scrivere delle storie capaci di durare.

Solo?


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