Orfani è la nuova miniserie a tema fantascientico della Sergio Bonelli Editore, ideata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari. La storia narra su due diverse linee temporali il percorso formativo e l’addestramento militare di alcuni degli orfani sopravvissuti a un apocalittico attacco alieno e la loro trasformazione in vere e proprie macchine da guerra.
Alessandro Bignamini, milanese, classe 1970, dopo aver frequentato il liceo artistico e la Scuola del Fumetto di Milano inizia nel 1990 a pubblicare i suoi primi lavori, consistenti in tavole uniche conclusive, in Fumo di China e Comic Art.
Collabora poi con le riviste Profondo Rosso e Intrepido per cui realizza storie brevi. Dopo aver disegnato quattro episodi di Orazio Brown, ideato da Giuseppe De Nardo, debutta in Sergio Bonelli Editore nel 1994 sulla testata Mister No con Fuga dall’inferno, scritta da Mignacco. I suoi lavori più recenti sono le miniserie Brad Barron (2005) e Greystorm (2009) e, per l’appunto, Orfani, dove esordisce sul numero due Non per odio, ma per amore. Il suo blog è alessandrobignaminiblog.blogspot.it.Come e quando sei entrato a far parte del progetto?
Il mio ingresso nel progetto Orfani è avvenuto in corsa, infatti nonostante Roberto mi avesse chiesto di entrarne a far parte nel 2010, ufficialmente iniziai a lavorarci solo diversi mesi dopo, visti i miei impegni di quel periodo su altri lavori che non potevo lasciare in sospeso. Fino a quel momento era stato prodotto il”compendio” o “bibbia” (come amano chiamarlo i suoi autori), che costituisce una sorta di manuale di istruzioni per tutti noi collaboratori, alcune tavole di Mammucari del primo albo, più un tot di tavole di altri colleghi, impegnati sui primi albi della miniserie. Io arrivavo da un’altra impegnativa esperienza di miniserie Bonelli, Greystorm, lavoro con ambientazioni, periodo storico e stile grafico completamente opposti ad Orfani, e da altri progetti, sempre ambientati a fine ottocento, come la storia su testi di Antonio Serra di Dylan Dog, La banda maculata.
Per quali numeri hai realizzato i disegni?
Ho realizzato l’intero #2 e la seconda metà dell’albo #7, in condivisione con il bravo Giorgio Santucci, che ne ha disegnato la prima metà.
Come è stato lavorare sulla sceneggiatura di Roberto Recchioni?
Lavorare con Roberto non ha rappresentato complicazioni o complessità particolari. Riconosco in lui un ottimo autore con guizzi di genialità, ma anche un acuto osservatore del mercato, che sa bene cosa produrre e in che modo venderlo. Nella nostra collaborazione c’è stata da subito molta stima reciproca e una buona dose di libertà. Infatti mi sono sempre sentito svincolato dalla rigidità della sceneggiatura e libero, sia nell’apportare piccole modifiche a inquadrature, sia quando mi ha lasciato in mano la regia di alcune sequenze. Voglio sottolineare, comunque, anche il ruolo determinante di Emiliano, che in un dialogo a tre ha spesso aiutato la risoluzione di problemi legati al lavoro e mantenuto gli equilibri tra noi collaboratori.
Quali libri e fumetti hai letto e quali film hai visto per prepararti a disegnare Orfani? Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non è stato necessario fare un eccessivo lavoro di consultazione tra film e letture. Il gusto che si prefissavano di trasmettere i suoi autori era fin troppo chiaro e limpidamente evidenziato da tutto il materiale fornitoci. Ovviamente, l’aver giocato con videogame “sparatutto”, unito a una certa filmografia di fantascienza, mi ha permesso di vedere chiaramente e da subito la linea da tenere per fare un lavoro coerente. Il resto lo hanno fatto i tanti anni di esperienza e il continuo confronto con il lavoro dei colleghi. Per quanto riguarda i miei autori di riferimento, dare una risposta che non tralasci nulla e nessuno è sempre complicato. Sono cresciuto con i film di Guerre Stellari e i vari Alien, per poi farmi sconvolgere la visione del futuro con film come Blade Runner, Dune e Odissea nello Spazio, mentre leggevo i comics americani di Kirby, Buscema, Romita e ancora i maestri italiani come Serpieri, Pratt, Manara e molti altri, sino a giungere all’esaltante e perfetto equilibrio tra bianco/nero di Mike Mignola. Ho saputo apprezzare anche prodotti come Crying freeman di Kazuko Koike e Ryoichi Ikegami, Akira di Otomo e altri progetti simili, e, seppur non mi consideri un particolare appassionato dei cosiddetti “manga”, tra le mie influenze inserisco anche questi. Certamente, questo mio personale bagaglio ha avuto la possibilità di venire a galla nella collaborazione per Orfani, più che in altri lavori e mi ha aiutato a calarmi meglio nel racconto e a dipingerne in maniera personale e spero credibile le atmosfere.
Quali sono stati i disegni e i numeri più divertenti ed appaganti da elaborare? Cosa invece ti ha messo in difficoltà?
Le difficoltà sono state molteplici e differenti da albo ad albo. Dei due che ho disegnato, il mio primo, ovvero il #2 della miniserie, essendo anche quello d’ingresso in questo progetto, si può dire che mi ha messo alla prova per la presenza predominante della sua protagonista Juno. Questo perché, oltre ad essere un personaggio femminile, ho dovuto disegnarlo nelle due versioni, bambina e adulta. Trovo assai complicato disegnare le figure femminili, non solo perché le vorrei sempre rendere sensuali e morbide, ma anche perché, a differenza dei protagonisti maschili, sui quali piccole imperfezioni di disegno possono essere tollerate, su di esse invece si evidenziano e disturbano, compromettendone bellezza e fascino.
Qual è il tuo personaggio preferito?
Apprezzo molto il Boyscout. Insieme a Juno, infatti, è protagonista della mia prima prova su Orfani. Mi ci rivedo abbastanza per carattere e correttezza, lo trovo un personaggio molto equilibrato e con una visione delle cose chiara e determinata. Ammetto comunque di provare anche molta simpatia per il personaggio decisamente più rock’n'roll di Ringo, e grande affetto e attrazione per Juno stessa, insomma ogni personaggio in questo progetto è ben caratterizzato quindi apprezzabile per ragioni diverse.
Riguardo le prime fasi del progetto, hai preso parte al processo di caratterizzazione di qualche personaggio? Puoi raccontarci qualche aneddoto carino a riguardo?
Come già detto, il mio ingresso nel progetto è avvenuto in corsa, quando molti dei punti fermi erano già stati definiti. Questo non toglie che ognuno di noi disegnatori, trovandosi di fronte alle richieste della sceneggiatura, non abbia dovuto inventare o definire meglio cose solo abbozzate. Nel mio caso specifico il testo del mio albo #2, ha richiesto l’ideazione e realizzazione della città aliena, proprio perché non ancora vista e quindi tutta da inventare, mentre nell’albo #7 mi è toccato il duro compito di inventare una folta schiera di mostri guerrieri, ma nulla di più posso dirvi. Di aneddoti particolari non ne ho molti. Forse potrà risultare curioso sapere che io ed Emiliano dopo mesi e mesi di conversazioni telefoniche e lunghe mail di lavoro, ci siamo incontrati per la prima volta i primi di novembre a Lucca e sembrava ci conoscessimo da una vita. Collaborare sudando e soffrendo sullo stesso progetto fa si che i fumettisti, anche senza mai incontrarsi, instaurino legami forti basati sulla stima reciproca.
I tuoi lavori precedenti sono editi da Sergio Bonelli Editore, perciò hai per lo più lavorato con l’intento di avere una buona resa in bianco e nero. Per Orfani con quali coloristi hai collaborato? Come hai gestito il “nuovo” approccio con il colore? Come ti sei trovato a lavorare con dei coloristi?
Si è vero: io provengo dalla tradizione Bonelli, intesa come approccio al lavoro e logica narrativa. Non a caso l’anno prossimo saranno 20 anni che lavoro per questa casa editrice. Comunque, in tutti i miei lavori realizzati in questi anni, mi sono trovato ad affrontare sfide sempre nuove: prima con Mister No e il fatto che fosse una creatura di Sergio Bonelli; poi con Brad Barron e la sua fantascienza in puro stile sci fi anni ’50;, per poi passare quindi a Greystorm e le sue atmosfere di fine ’800, cosi come la storia di Dylan Dog realizzata per il Color Fest 10, dove, come nel caso di Orfani, mi sono dovuto confrontare con la figura del colorista. Insomma, ogni volta che si inizia una nuova collaborazione a un progetto, le difficoltà sono molte, a partire dal fatto che bisogna prendere confidenza con personaggi e situazioni e, nel caso di Orfani, in parte anche con il colore dato da altri. Se, per la storia di Dylan, le indicazioni le ho suggerite io al colorista Daniele Rudoni, nel caso di Orfani, questa responsabilità se le presa interamente la brava Annalisa Leoni, che, coadiuvata da Emiliano e Lorenzo De Felici, ha dato un gusto e una linea di pensiero alla colorazione stessa, che poi è una strategia di lavoro comune anche agli altri numeri della miniserie. Insomma, nella lavorazione dei miei albi, non ho fornito nessun tipo di indicazione a chi poi li ha colorati. Non per disinteresse ma perché da subito ho compreso che a questo avrebbe pensato una squadra attenta e preparata, e probabilmente, se in questo mi fossi aggiunto anche io, avrei creato solo confusione. In sostanza, penso che i coloristi abbiano fatto un ottimo lavoro e, a tal proposito, voglio nominare anche chi si è occupato di colorare il mio albo #7, ovvero la talentuosissima Giovanna Niro, il cui lavoro mi ha impressionato quando ho avuto la possibilità di vedere cosa è stata capace di fare sulle mie tavole.
Come ti sei trovato a disegnare su due diverse linee temporali con uno stacco netto per tutto quello che riguarda personaggi, ambientazioni e situazioni?
Le difficoltà sono state differenti a seconda della linea temporale in questione. Le le ho avute nella prima fase, quella in cui dovevo disegnare i ragazzini. Questi giovani corpi non ancora del tutto definiti mi hanno creato non pochi problemi. Infatti, se da un certo punto di vista può sembrare più semplice lavorare su scene in cui i protagonisti recitano spesso in maniera statica, in realtà è molto più complesso muoverli in maniera credibile. Oltretutto, su figure così acerbe basta aggiungere un segno in più sui volti, per farli apparire più grandi dell’età che invece dovrebbero dimostrare e quindi mantenere l’equilibrio tra espressività, un bel disegno e riconoscibilità in tutte le scene di ognuno di loro, non è stata cosa semplice. Nella seconda fase, quella in cui gli orfani sono cresciuti e combattono, le difficoltà sono state rappresentate dalla spettacolarità delle scene che ho dovuto realizzare e dalla dinamicità di alcune sequenze in stile comics americani, come richiesto dalla sceneggiatura, cosa non semplice per me visti i miei lavori precedenti, meno d’azione e più classici. Comunque, come già detto prima, una volta presa confidenza con le diverse situazioni è stato tutto più semplice. Con il secondo lavoro infatti, nonostante la complessità per numero di personaggi presenti in scena, mi sono mosso con maggiore disinvoltura, divertendomi anche un bel po’.
Protagonista indiscusso di questo secondo albo è Juno. Che rapporto hai con il personaggio? Come è stato disegnare i punti salienti della sua crescita in questo numero?
Posso dire che è stato complicato, il personaggio di Juno ha un ruolo molto importante in questo progetto e non è stato semplice renderne le diverse sfaccettature del carattere. È una donna forte e determinata, ma al tempo stesso dolce e innamorata di Jonas; a questo ci aggiungiamo le difficoltà dell’età che cambia tra prima e seconda parte e l’averla dovuta muovere sotto la corazza. Per disegnare le figure femminili la regola è, togliere piuttosto che mettere, ovvero, ridurre ai minimi termini i segni sui volti e sui corpi, perché appesantiscono e invecchiano. Nel caso di Juno dovevo rappresentarne la maturazione fisica e caratteriale e la cosa non è stata semplice e sono stato costretto ad un discreto lavoro. Ammetto di apprezzare molto comunque questo personaggio femminile, sia graficamente che caratterialmente. Ho cercato di farlo mio e di muoverlo in maniera credibile: spero di esserci riuscito e di averne reso la forza.
Sono molto curiosa di sapere qualcosina di più sulle fasi di realizzazione della città aliena e sulla riproduzione della Sagrada Familia in essa presente…
Roberto ha chiesto esplicitamente a me di occuparmi della sua ideazione: sa che io in queste cose mi diverto e riesco bene. Per la sua realizzazione, oltre a basarmi sulle indicazioni in sceneggiatura, ho guardato molto le strutture fantastiche delle città disegnate da Moebius e la base nei ghiacci di Superman, oltre che i mondi creati da Corben, Segrelles e tanti altri autori del fantastico.
Della tua prova in questo numero, ho particolarmente apprezzato l’espressività che sei stato in grado di dare ai protagonisti. È stata una scelta ben precisa quella di soffermarsi sull’emotività dei personaggi, visto la frequenza dei primi piani presenti in questo numero?
Quella dei primi piani è una mia predilezione: appena ne ho la possibilità mi piace lavorare sull’espressività di uno sguardo, o sui primissimi piani con forti ombre a enfatizzarne l’emotività. Spesso, questo è il mio modo di stringere amicizia con i personaggi, mi aiuta a guardarli meglio e a conoscerli interiormente, come se esistessero già da qualche parte e io dovessi solo riconoscerli attraverso i dettagli, portandoli tra noi e su carta. In questo albo, il personaggio di Juno, leggendo la sceneggiatura, mi sembrava avesse un mondo dentro di sé che doveva rivelarsi, e siccome come disse qualcuno tempo fa, “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, io ho cercato di lavorare principalmente su questi, ogni qual volta sentivo che la nostra eroina doveva dire qualcosa di forte. E a quanto mi dici, la cosa funziona.
Il tuo contributo segue il lavoro accurato ed elegante di Emiliano Mammucari. Teso per il debutto?
Lavorare con Emiliano è una bellissima esperienza. Trovo che sia una autore pieno di talento e molto preparato: molta della riuscita a livello grafico, degli albi che vedrete in questa miniserie, è sicuramente attribuibile a lui. Ovviamente, seguirlo in termini di pubblicazione è una grande responsabilità, oltretutto con un numero #2 di un progetto ambizioso come Orfani. Spero vivamente che i lettori apprezzino tutto il lavoro fatto e che possano godere di una piacevole lettura sentendosi coinvolti e partecipi.
Altri progetti in cantiere?
Da diverso tempo, sono al lavoro in coppia con Stefano Vietti su un nostro progetto: io mi sto occupando di inventare tutta la parte grafica e lui i testi. Non vi posso dire molto di questo progetto, oltre al fatto che mi sta assorbendo totalmente e che inizialmente era stato approvato dalla Bonelli per diventare una serie. Poi però, a causa dei tanti impegni di Stefano, si è scelto di trasformarlo in un romanzo a fumetti del nuovo ciclo, ovvero una lunga avventura divisa in tre parti separate, quindi tre singoli albi collegati tra loro. È un bel progetto, molto impegnativo, con ambientazione ottocentesca e tanti personaggi coinvolti, le cui sorti scopriremo attraverso il viaggio avventuroso e gli strani incontri che faranno. Ci sarà spazio per tanti misteriosi personaggi, rimandi all’avventura raccontata dai classici, un po’ di steampunk, creature del passato e tanto altro ancora, ma è presto per dirvi altro……
Si ringrazia Alessandro Bignamini per la disponibilità.
Intervista effettuata via mail e conclusa il 18 Novembre 2013
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