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Sulla Toyota Corolla a noleggio percorriamo l’unica autostrada del Paese, la Motorway n. 1, e usciamo a sud di Auckland, poi prendiamo la statale N. 2, la 25 e quindi la 25A per la penisola di Coromandel, a NE.Il percorso di circa 200 km è pittoresco e dura circa tre ore, la strada è stretta, con tante curve e a volte toglie il fiato tanto è impegnativa. Ma ne vale la pena. Arriviamo a destinazione verso l’una.
Tairua è una perla di località turistica che sorge all’estuario del fiume Hikuai, con un porto interno e uno esterno, dominato dalla collina residenziale di Paku e con un traghetto che la unisce a Pauanui. Arriviamo al cottage di Joan e Peter, i nostri secondi “scambisti”. Non ci sono, però hanno lasciato una nota: “Stiamo pranzando nel villaggio, raggiungeteci”. Loro sono una coppia di pensionati della scuola, con domicilio a Hamilton e seconda casa qui. Siamo d’accordo che noi staremo a Tairua una decina di giorni mentre loro torneranno a Hamilton. Abbiamo anche il permesso di invitare Chris e Ian a passare con noi qualche giorno. Il cottage è grande e spartano, ma ben attrezzato e con un orto-giardino, tavolo e sedie da picnic e un superbo albero di pompelmi da cui ci serviamo abbondantemente, assaporando gli agrumi più dolci e succosi mai assaggiati di questo tipo. Il retro del cottage dà sul bush, la boscaglia, attraversato un breve tratto della quale si arriva all’estuario che è possibile passare a piedi con la bassa marea. Al di là si è nella zona commerciale della cittadina. Vi è anche un ponte pedonale da cui ci si può tuffare con l’alta marea senza rischi, dato che il fondale è di sabbia soffice e tiepida, un solluchero per le piante dei piedi. La costa oceanica è anche qui spettacolare e drammatica e i tramonti sono tra i più struggenti che abbia mai visto – teneri, al rallentatore, con un milione di sfumature dal rosa, al turchese, al blu, al viola vellutato. Me li sono goduti con le lacrime agli occhi per l’emozione.
Tairua è il nostro campo-base per visitare il resto dell’Isola del Nord. Mi era venuta voglia di vedere i luoghi dei set che Peter Jackson ha utilizzato per la sua saga cinematografica del Signore degli anelli. Per questo motivo ci siamo messi in marcia verso Matamata, capitale dell’allevamento equino, dove era stata ambientata Hobbiton, la città degli Hobbit. Un pullman ci ha scarrozzato attraverso verdi paesaggi rurali, fino al “centro” di Hobbiton: una conca disabitata con un laghetto e nessuna casa in vista. Del set era rimasta solo la facciata di una “tana” in compensato, con un’apertura circolare. Probabilmente ora non c’è più nemmeno quella. Ci siamo fatti scientemente infinocchiare una volta, e ci è bastato.
Da Matamata partiamo per Waitomo, famosa per le grotte costellate da larve luminescenti di Arachnocampa luminosa, un tipo di moscerino che produce filamenti di bava fosforescente per catturare il cibo. Si accede alle grotte buie come la pece in barca a remi e occorre rispettare il silenzio tombale. L’effetto dei milioni di filamenti fosforescenti che imitano il cielo stellato è strano, ma non travolgente. Pernottiamo in un simpatico motel, il Caves Motor Inn, con ottima cucina e una camera grande come una piazza d’armi.
L’indomani partiamo per il lago Taupo, il più grande della Nuova Zelanda, 616 km², che riempie un cratere vulcanico. E’ una maestosa distesa d’acqua, dicono molto pescosa, per cui decidiamo di fare una spedizione di pesca l’indomani mattina molto di buon’ora. Pernottiamo al Rainbow Point Motel. Levataccia alle 6, rapida colazione e imbarco sul Te Arani II, piccolo peschereccio capitanato da Gus, la nostra prima guida Maori, che ci accoglie sorridente. E’ una giornata coperta, la luce è molto debole. Ci addentriamo verso il centro del lago e Gigi lancia la lenza. Niente. Secondo tentativo. Di nuovo niente. Gus si sposta di un centinaio di metri e altro tentativo di entrambi. Stesso risultato. Gus sospira e comincia a dire che siamo partiti troppo tardi, ma sicuramente prenderemo qualcosa. La mattina procede così: ci spostiamo di poche centinaia di metri e ogni volta che Gigi e Gus lanciano l’amo ottengono lo stesso risultato. Dopo tre ore decidiamo di rientrare. Adesso Gus afferma categoricamente che siamo partiti troppo tardi e che i pesci non ci hanno aspettato. La nostra pesca non è stata fortunata. Pazienza. Del resto, i pesci del Taupo sono trote di importazione, visto che non ce ne sono di autoctone. E di trote a casa ne mangio fino alla nausea.
Come consolazione, ci avviamo ad ammirare le cascate selvagge di Huka e la zona geotermica di Wairakei, con le sue pozze di fango ribollente e solforoso.
Geologicamente, l’Isola del Nord poggia su un mare di magma, come testimoniano i numerosi vulcani e le innumerevoli zone termali disseminate un po’ dappertutto. Seguendo la direttrice principale arriviamo a Rotorua, capitale Maori, sul lago vulcanico omonimo. Già in avvicinamento avvertiamo l’odore di zolfo che permea tutta l’area. Un po’ dispiaciuti, rinunciamo a una visita del luogo e rientriamo a Tairua.
LE CATTEDRALI NATURALI DI COROMANDEL.
La mattina dopo, come previsto, arrivano Ian e Chris. Loro due sono la coppia più simpatica e informale che ci si possa immaginare: ospitali, cordiali, generosi e avventurosi, nonostante Chris sia vicina all’età della pensione e Ian si sia già ritirato dal mondo del lavoro, approfittano della loro fortuna e disponibilità a viaggiare e vanno instancabilmente in giro per il mondo dato che le loro famiglie sono sparpagliate per i cinque continenti. Amano la vela, il nuoto, lo sci, il trekking (che qui si chiama tramping), la compagnia, la birra, i barbecue. Sono stati felici di accettare l’invito a Tairua e ci hanno organizzato una visita a Hahei, una località più a nord, dove vive Ross, il fratello di Ian, con la sua famiglia. Partiamo dunque per Hahei, famosa per Hot Water Beach e principalmente per Cathedral Cove.
Hot Water Beach è una spiaggia molto frequentata dove esistono correnti calde sotterranee che con la bassa marea vengono sfruttate dai turisti, i quali scavano buche nella sabbia per rilassarsi nell’acqua calda. Si vedono un sacco di persone con pale – si possono affittare – che scavano la propria “vasca” e ci si immergono. Bisogna però tenere d’occhio le maree e le pericolose improvvise correnti di risacca. Dicono che in molti hanno perso la vita per sbadataggine.
Cathedral Coveinvece è una baia con formazioni calcaree spettacolari, una delle quali ha dato nome al luogo. Ross ha un piccolo cabinato a motore in giardino. Lui e Ian lo rimorchiano dietro il trattore; saliamo tutti – meno Ross, che guida il trattore – in barca e arriviamo per strada in baia su quattro ruote. Lì il rimorchio viene sganciato e il motoscafo fatto scivolare in acqua. Che magnificenza naturale, il contrasto tra il bagliore della spiaggia bianca e il turchese dell’acqua e, man mano che ci allontaniamo da riva, appaiono le rocce candide di tutte le forme e dimensioni: colonne, archi, funghi, grotte misteriose e infine ecco la “cattedrale”: un’enorme arcata gotica a tutto sesto come ingresso con alberi al posto delle spire sopra e intorno al corpo maestoso della caverna. Davvero mistica.
Di nuovo a casa di Ross, ci godiamo una fresca birra e un succulento pranzetto preparato da Sandy, la moglie, serviti sul loro terrazzo con vista. Prima di sera ci congediamo e torniamo a Tairua con Chris e Ian.
L’indomani è prevista un’escursione nel bush, sulle Broken Hills che formano la spina dorsale della penisola di Coromandel. Dopo una ricca colazione in giardino, prepariamo un picnic da portarci in escursione, poi ci mettiamo in marcia. Queste spettacolari colline nascondono antiche miniere d’oro in disuso scavate nel 19° secolo, i cui tunnel di ingresso sono disseminati nella boscaglia. Soprattutto maestosa è la vegetazione. Camminiamo nel verde sotto una volta di imponenti cabbage trees e felci arboree, che attutiscono l’impatto del sole a picco.
Coromandelè una delle destinazioni preferite dell’Isola del Nord. La sua è una bellezza aspra e selvaggia, il suo carattere incontaminato. La Natura è sovrana e qui sono presenti alcune specie che sono quasi estinte nel resto del Paese. La costa è ugualmente strabiliante. Seguiamo il Terzo Ramo del sentiero di Tairua e camminiamo per ore senza incontrare altri esseri umani, accompagnati costantemente dal canto melodioso del tui(Prosthemadera novaeseelandiae). Infine ci accomodiamo lungo un ruscello per consumare il meritato picnic.
Il giorno seguente, partiti Chris e Ian, trascorriamo la nostra ultima giornata a Tairua. Saliamo in cima al Paku, da cui si domina tutta la costa, gli isolotti e la baia di Pauanui. Paku era un vulcano che il secolo scorso ha eruttato e acquisito il tipico profilo a due vette. I suoi fianchi sono ora coperti di lussuose seconde case. Scendiamo poi di nuovo al mare e percorriamo l’infinita spiaggia deserta di Pauanui; gli unici esseri umani in vista sono una dozzina di surfisti che si esibiscono in evoluzioni, alcuni cavalcando per centinaia di metri la cresta delle onde. Mirabolanti.
Il respiro dell’oceano regala ebbrezza e una gioia senza confini, come una droga. Il blu del mare e del cielo, il bianco della sabbia, il tepore della brezza, il distante ruggito delle onde, tutto parla di libertà. Potrò mai dimenticare i colori, i suoni, i profumi, la sensazione inebriante? Credo di avere provato qui la vera felicità.
Ahimé, la vacanza volge al termine. Rientrati ad Auckland, Ian ci accoglie con un enorme e succulento snapper affumicato da lui. Una delizia. L’indomani andiamo a Cornwall Park, per dare un’ultima occhiata alla città dall’alto e congedarci dai nostri amici.
ENOHO RA, ATEAROA!(Ciao, Nuova Zelanda!)
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