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La trama vede il Capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal) svegliarsi all’interno di un treno in corsa, senza alcun ricordo di cosa gli sia successo e di come abbia fatto ad arrivarci. Il mistero cresce quando scopre che la sua identità a bordo, è quella dell’insegnante di matematica, Sean Fentress. Mentre cerca di venirne a capo, il treno esplode all’improvviso, facendolo risvegliare sano e salvo all’interno di una capsula ermeticamente chiusa. Apprenderà quindi dal Capitano Carol Goodwin (Vera Farmiga) che è entrato, suo malgrado, a far parte di un programma chiamato Source Code, e che ora la sua unica missione sarà quella di smascherare l’identità del terrorista che ha causato l’attentato di quel treno, rivivendo, finché sarà necessario, sempre gli ultimi otto minuti che porteranno ogni volta alla stessa esplosione.
Difficile riassumere chiaramente una storia così complessa come quella di “Source Code”. E’ sicuramente più semplice apprenderla man mano venga sciolta gradualmente all’interno della sua stessa trama. Una tela di misteri, tutti concentrati sull’personaggio interpretato dal bravissimo Jake Gyllenhaal. La storia ricorda inevitabilmente il “Ricomincio da Capo” con Bill Murray, ma stavolta in una versione fantascientifica e sempre di ottima fattura. Il merito va ad una messa in scena intelligente, che sceglie di catapultare lo spettatore immediatamente nel vivo della trama senza mai più liberarlo, riuscendo a tenerlo col fiato sospeso fino alla fine (proprio allo stesso modo in cui il Capitano Stevens viene catapultato all'interno del treno). Anche qui, nonostante il tempo a disposizione sembri minimo, non manca lo spazio di inserire una piacevole storia d'amore tra il protagonista e la sua "compagna di treno" (interpretata dalla dolcissima Michelle Monaghan) che in questo frangente si instaura quasi involontariamente, durante i momenti in cui i due si trovano a condividere insieme i famosi "otto minuti". Rapporto che non sarà mai davvero rilevante, fin quando non si arriverà alle battute finali del film dove diventerà importantissimo ai fini del climax conclusivo.
Si potrebbe quasi parlare di una tattica vincente, il modo in cui è stato scelto di assemblare questo film. Lo spettacolo "Source Code" funziona alla perfezione e l’interesse nei confronti di un vero e proprio puzzle narrativo nello spettatore si fa sempre più grande e affascinante ad ogni minuto che passa, senza mai subire alcun tipo di danneggiamento.
E in un contesto magari prevalentemente intrattenitore, non si risparmia nemmeno di inserire dei spunti intelligenti, come ad esempio la debolezza Americana post undici settembre (fattore importantissimo nella storia).Il merito di un lavoro così, non va solamente all’ottima sceneggiatura scritta da Billy Ray e Ben Ripley, ma anche (e soprattutto) a come essa riesca ad aderire quasi a pennello alle corde del suo regista, confermandolo non solo come ottima scelta alla direzione, ma anche come ottimo talento.
Insomma Duncan Jones, (per chi ancora non lo sapesse, è il figlio di David Bowie), rimane uno da tenere d’occhio e per adesso può considerarsi molto più che soddisfatto. E' riuscito a firmare un piccolo grande film di fantascienza, che non solo farà invidia ai suoi più grandi e più ricchi fratelli del genere, ma come se non bastasse, è anche detentore di uno dei finali più belli -sia per colpi di scena che per costruzione- che da anni non si vedevano sul grande schermo. E questo dovrà senz'altro fare invidia anche a tanti altri film in generale.
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