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Spagna, il voto in Andalusia e la crisi del bipartitismo

Creato il 24 marzo 2015 da Bloglobal @bloglobal_opi

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di Davide Vittori

Tiene il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), crolla il Partido Popular (PP) e il bipartitismo continua a traballare. Volendo riassumere in una riga l’esito delle elezioni in Andalusia, sono questi i tre verdetti principali che riguardano non solo lo scenario politico locale, ma anche quello nazionale. Il PSOE con 47 seggi ottiene la maggioranza relativa nel Parlamento andaluso, mentre il PP (33 seggi) esce sconfitto dalle urne; ottimo il risultato ottenuto dai neonati movimenti Ciudadanos e Podemos a scapito dell’ex sinistra comunista di Izquierda Unida (IU). La tornata elettorale ha rappresentato un banco di prova per tutte le forze politiche in vista di quelle municipali di maggio e soprattutto di quelle previste a settembre in Catalogna, a cui seguiranno entro la fine dell’anno anche quelle politiche (la cui data esatta non è stata ancora definita). Nel 2014, l’ingresso nel Parlamento Europeo di Podemos e Ciudadanos – un movimento quest’ultimo molto poco conosciuto al di fuori della Spagna, ma che ha conquistato 9 scranni al Parlamento di Siviglia – ha rivoluzionato il panorama politico spagnolo: la conferma della forza dei due movimenti si è avuta con queste elezioni. Ne esce ridimensionata la sinistra radicale di IU [1], forse punita anche dall’insolita alleanza con i socialisti nella scorsa legislatura.

Il bipartitismo resta in crisi – Per la prima volta dalle prime elezioni democratiche, l’obiettivo di scardinare il bipartitismo affermatosi nel Paese iberico negli ultimi quarant’anni sembra poter divenire realtà: i due partiti da sempre egemoni, PSOE e PP, da qualche anno stanno attraversando una crisi di consensi senza precedenti. Prima delle elezioni europee, difatti, non era mai accaduto alle europee o alle legislative che più del 50% degli elettori optasse per una “terza via” rispetto ai due partiti tradizionali. Queste elezioni – nelle quali mancano partiti regionalisti di rilievo come in altri casi – hanno ristabilito il trend precedente portando la sommatoria dei due partiti al 62% circa. Sarebbe però illusorio trarre da ciò la conferma della tenuta delle due principali formazioni: i 15 seggi di Podemos e i 9 di Ciudadanos dimostrano che in vista delle elezioni politiche, il cammino per PSOE e PP – e in particolare per quest’ultimo – sarà in salita.

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Elezioni in Andalusia 2015-2012 – Fonte: El Pais

Gli scandali di corruzione e malversazioni che hanno attraversato la Spagna e che di sovente vengono ricordati dagli oppositori del bipartitismo [2], quali esempi della collusione tra le élite politiche del Paese, hanno contribuito – al di là delle imputazioni personali – a soffiare sul fuoco della protesta. Non può essere un caso se la corruzione in campagna elettorale è risultato essere il secondo tema più importante per gli elettori andalusi, seguito solo dalla piaga della disoccupazione [3].

Il risultato di Podemos e Ciudadanos, unito alla sconfitta dell’IU andalusa, ha dimostrato che questo tipo di discorso politico è premiale alle urne e in questo senso l’Andalusia è un crocevia importante per stabilire un trend nazionale. Con oltre 8 milioni di abitanti (sui 46 totali della Spagna) è la Comunidad più popolosa in Spagna e al Congresso viene rappresentata da 60 deputati [4] divisi nelle varie circoscrizioni. Il significato politico nazionale di queste elezioni è quindi evidente, anche se nella campagna elettorale i temi locali hanno avuto maggiore rilevanza [5].

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Preferenze di voto per provincia – Fonte: El Pais

La tenuta del PSOE – La tenuta del Partito Socialista garantirà alla sua candidata e Presidente uscente Susana Díaz, che aveva sostituito alla guida della Junta il dimissionario José Antonio Griñán, la maggioranza relativa: 47 seggi sui 55 necessari per la maggioranza assoluta. Gli stessi del 2012, quando però fu il PP il primo partito. Il PSOE, per bocca della stessa Díaz – nei sondaggi preelettorali data in testa di almeno 10 punti di sul PP – in campagna elettorale aveva dichiarato di voler scegliere in autonomia gli alleati [6] dopo la difficile esperienza di coalizione con Izquierda Unida. Sembrerebbe tuttavia ora profilarsi un governo di minoranza, data la difficoltà di raggiungere un accordo di legislatura: un cammino non semplice, che darà ai vari partner (presumibilmente provvisori) di governo un peso decisivo. La sola – e improbabile – maggioranza alternativa sarebbe, nel caso, quella formata da Podemos e PP. Una novità assoluta, quella del governo di minoranza, a Siviglia, che potrebbe riverberarsi anche a livello nazionale, dove, per avere una maggioranza assoluta, potrebbero non bastare gli appoggi dei vari partiti “regionalisti” [7] al PSOE o al PP.

A prima vista il trend storico delle elezioni dovrebbe consegnare un quadro preoccupante per i socialisti. Se appaiono irraggiungibili anche nel prossimo futuro i picchi di consenso toccati negli anni Ottanta con l’allora candidato del PSOE Rafael Escuredo Rodríguez, capace di raccogliere da solo il 52,77% dei voti e 66 seggi, anche la lunga parentesi di governo (1990-2012) di Manuel Chaves consegnava ai socialisti un numero di seggi quasi sempre vicino alla maggioranza assoluta (55 seggi). La coabitazione con il Partido Andalucistas non risultava essere un problema.

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Andalusia, trend elettorale

Tuttavia, con il 2012 e la crisi dello zapaterismo a livello nazionale, anche in Andalusia la forza del PSOE inizia a declinare, tanto che per la prima volta dalle elezioni il candidato del PP, Javier Arenas si trovava a superare il PSOE, senza però ottenere la maggioranza assoluta. Tre anni dopo, a contrario dei socialisti, il PP si trova con 17 parlamentari in meno (33 odierni contro 50) e il 26% alle urne (contro il 40% del 2012). Solo nei prossimi giorni sarà possibile capire a chi siano stati indirizzati i voti, anche se è difficile ipotizzare un travaso verso Podemos e Ciudadanos, data la distanza ideologica tra i due movimenti e il partito conservatore.

I nuovi movimenti - Nonostante la vittoria, il PSOE ha ancora diversi tasselli da sistemare in vista del voto nazionale, dove non potrà contare sul proprio radicamento storico [8]. Il caso di malversazione denominato ERE [2] ha scavato un solco profondo nella precedente legislatura, portando alla ribalta l’incancrenirsi delle dinamiche di potere del partito, punto su cui Podemos e Ciudadanos hanno insistito fortemente durante la campagna elettorale. L’obiettivo dei due movimenti era chiaro: far apparire il PSOE quale corresponsabile delle dinamiche corruttive che hanno attraversato il PP a livello nazionale. Una ‘casta’, per utilizzare un termine che in Spagna sta prendendo piede [9]. L’obiettivo è riuscito a metà: il PSOE ha mantenuto i consensi, ma al contempo ne ha portati molti ai nuovi movimenti.

Le dimissioni dell’ex Presidente Griñán, a causa dello scandalo in questione, ha semmai creato problemi a IU, i cui rapporti con il successore Susana Díaz, sono sempre stati tesi [9], per poi rompersi con l’annuncio delle elezioni anticipate, concordate con pochissimo anticipo con il partner di governo; una mossa che ha fatto infuriare la dirigenza di IU, che ha accusato la Díaz di muoversi per interessi personali, al fine di evitare una possibile debacle per i socialisti nel 2016. La mossa della Díaz ha pagato in termini elettorali nel breve periodo: sul lungo periodo, invece, saranno i prossimi appuntamenti elettorali a fornire un quadro più chiaro.

Per ora si può asserire che, nonostante il Partido Popular sia quello uscito maggiormente ridimensionato dalle urne, i nuovi movimenti hanno superato il test delle urne anche dove è il PSOE ad essere più radicato. Al contempo, in chiave nazionale la posizione di Mariano Rajoy si fa più debole, anche in vista di elezioni che vedono il PP in retroguardia, ossia le elezioni catalane, dove i sondaggi sembrano premiare il fronte indipendentista guidato da Artur Mas. A Pedro Sánchez – defilatosi in questa campagna elettorale – toccherà sfruttare al meglio questo piccolo capitale politico che la roccaforte andalusa ha garantito. Il neo leader socialista, tuttavia, per tentare la rincorsa al Partito Popolare non può pensare di correre solo contro i conservatori: i rilevamenti degli ultimi mesi – in particolare quelli di Metroscopia e My Word – danno in testa Pablo Iglesias e Podemos di stretto margine sugli altri due partiti. Per cambiare questo trend, il PSOE dovrà tentare di sottrarre consensi sia a Ciudadanos che a IU e al PP; un’impresa non semplice, probabilmente, più nei primi due casi che nel terzo.

Podemos/Ciudadanos/IU: quante alternative? - Nell’era del discorso politico come storytelling [10] – le idee di Ciudadanos e Podemos sembrano poter far breccia in un Paese che – dopo i fasti della bolla immobiliare degli anni 2000 – è rimasto imprigionato in una crisi economica tra le più gravi in Europa. La retorica “anti-élite” di Podemos, unita ad un focus sulla partecipazione politica dal basso – si affianca a proposte di marcatamente di sinistra, sia in campo economico che sociale [11], mentre Ciudadanos porta avanti un programma più moderato o, per meglio dire, orientato verso la tradizione socialdemocratica. In entrambi i casi è il cambio (cambiamento) al centro della proposta politica; la possibilità di essere percepiti come “novità” fornisce un impulso notevole, specialmente per il voto di opinione. Più difficile è invece la posizione di Izquierda Unida che, paradossalmente, dopo anni di marginalità rispetto al panorama politico, iniziava ad uscire dalle secche della crisi che l’ha attraversata, grazie anche alla nuova leadership di Alberto Garzón, succeduto al leader storico Cayo Lara. Paradossalmente perché, proprio quando il bipartitismo sembra vacillare, due movimenti si pongono in serrata competizione per inserirsi all’interno del sistema politico spagnolo, proprio a scapito di IU. Un sistema con una legge elettorale, è bene ricordarlo, che tende a svantaggiare quei partiti come IU che hanno un elettorato sparso per tutto il Paese (e non concentrato come i vari partiti regionalisti/ nazionalisti): con PSOE, PP e Podemos a contendersi nelle varie circoscrizioni la quasi totalità della rappresentanza, IU potrebbe ritrovarsi a dover essere marginalizzata assieme ai centristi dell’UyPD.

Le elezioni andaluse lasciano dunque presagire uno scenario ancora più incerto sul piano nazionale. La Spagna potrebbe diventare il secondo laboratorio politico per la sinistra europea, dopo la Grecia o segnare il ritorno in campo dei socialisti spagnoli dopo la traversata del deserto del post-zapaterismo. I prossimi mesi chiariranno questo panorama.

* Davide Vittori è OPI Contributor

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[1] Si considera in questo caso, il Partido Popular come prosecuzione da un punto di vista ideologico del primo partito di ispirazione conservatrice ossia l’Unione di Centro Democratico, benché in termini strettamente formali l’UCD non si sia mai trasformato in PP. I Popolari traggono le proprie origini dal Alianza Popular di Manuel Fraga, un partito fondato tra gli altri da ex-franchisti; la svolta ideologica “centrista” e il cambio di nome in Partito Popolare ne hanno di fatto l’erede ideale dell’UCD. Al contempo si utilizzerà per semplicità di lettura la dicitura “nazionale dei partiti”: il Partido Socialista Obrero Español de Andalucía (PSOE-A) avrà la dicitura PSOE; la lista Izquierda Unida Los Verdes-Convocatoria por Andalucía sarà chiamata semplicemente IU.

[2] Si segnalano in questo caso solamente i principali degli ultimi anni, ossia il caso Gürtel, da cui poi è nato il caso Barcenas e lo scandalo ERE (expedientes de regulación de empleo). Nel primo e nel secondo caso sono coinvolti esponenti del Partido Popular, sia locale che nazionale: in entrambi i casi gli addebiti concernono trame corruttive che si sarebbero sviluppate per finanziare illecitamente il PP e garantire prebende ad esponenti del partito. Il caso ERE riguarda le agevolazioni che la giunta andalusa concesse ad inizio anni 2000 per i prepensionamenti e gli ammortizzatori per i licenziamenti. Diversi esponenti del PSOE (e alcuni del PP) locale avrebbero fornito di queste agevolazioni in maniera fraudolenta, grazie ad appoggi politici nella junta autonómica, in particolare l’ex presidente della giunta, José Antonio Griñán, poi costretto alle dimissioni.

[3] Tutti i partiti principali – PSOE, PP, Izquierda Unida, Podemos e Ciudadanos – pongono tra le priorità delle proprie proposte politiche la lotta alla corruzione anche in chiave locale, come si può riscontrare in questo “bignami” proposto da El País.

[4] Ho descritto il sistema elettorale spagnolo qui: http://www.lavoce.info/archives/16081/come-funziona-il-sistema-elettorale-spagnolo/. Un ulteriore approfondimento è disponibile qui: http://www.electionresources.org/es/index_es.html#REPARTO.

[5] Un resoconto della campagna elettorale e dei programmi dei partiti si possono trovare a questi due link, rispettivamente di El Mundo e di El País.

[6] El País l’11 marzo riporta questo virgolettato da parte della candidata socialista: «No voy a aceptar que nadie interfiera en eso en Andalucía y, además, creo que mis compañeros me comprenden, me respetan y me apoyan en esta decisión, dentro y fuera de Andalucía» («Non accetterò che nessuno interferisca su questo [ossia le alleanze di governo] in Andalusia e, per di più, credo che i miei compagni comprenderanno, rispetteranno e appoggeranno in questa decisione, dentro e fuori dall’Andalusia»).

[7] Tra i partiti regionalisti si intendono anche quelli che rappresentano le nazionalità storiche riconosciute in Spagna, a partire dai partiti baschi e catalani che si richiamo alle origini nazionali delle loro Comunidades

[8] Non va dimenticato che i principali esponenti del PSOE hanno origini andaluse (da Felipe Gonzáles ad Alfonso Guerra, passando ovviamente per Chaves) e che il PSOE-A rimane la principale ramificazione a livello regionale del partito socialista.

[9] In uno dei tweet che hanno più infiammato la campagna elettorale degli ultimi giorni, Podemos scrive «Andalucía está gobernada por una casta que ha hecho del delito una forma de gobierno». Un breve resoconto delle vicende andaluse tra PSOE e IU è disponibile sul sito de La Vanguardia, il quotidiano catalano che per primo aveva dato la notizia delle elezioni anticipate in Andalusia.

[10] Christian Salmon, La politica nell’era dello storytelling, Roma, Fazi Editore, 2014.

[11] Tra le misure proposte per le elezioni europee troviamo la riduzione a 35 dell’orario lavorativo settimanale; crescita del salario minimo e regolamentazione del salario massimo in base alle categorie professionali di appartenenza, redistribuzione della ricchezza attraverso un ri-orientamento della tassazione.

Photo credits: AFP/Dani Pozo

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