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Spartaco ricorda… Diego Armando Maradona (by Spartaco)

Creato il 15 agosto 2013 da Simo785

Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale dell’Ottobre 2012.

Perché è un bravo ragazzo…

Spartaco ricorda… Diego Armando Maradona (by Spartaco)

A Lanùs, in Argentina, 52 anni fa nasceva un genio del calcio. Dire che Diego Armando Maradona è stato un calciatore è riduttivo, affermare che è il calcio non è esagerato, o perlomeno è quello che vorrebbero vedere tutti gli amanti, e non solo, di uno dei giochi più belli del mondo, come ci insegna Virzì. Maradona è un’icona del calcio di tutti i tempi, un po’ come per il pugilato Cassius Clay/Mohammed Ali. Approfitto egoisticamente di questo spazio per fargli gli auguri, a modo mio, raccontando a voi come lo vedevo da bambino e come lo percepisco oggi, magari scopriremo di condividere le stesse opinioni e ricordi, per altri sicuramente sarà l’esatto opposto. Maradona è così, è tutto o niente, o si ama o si odia, come tutti i grandi, non solo del mondo dello sport.

Per me è stato facile “innamorarmi” di Maradona, sono nato negli anni ’80 e, seppur piccolo, mio nonno Mario da tifoso del Napoli mi spronava a tifare per gli azzurri, mio cugino Bruno aveva in camera un suo poster, articoli di giornale e ne parlava di continuo. Diciamo che la loro missione è riuscita a metà, crescendo non sono diventato tifoso del Napoli, ma l’ammirazione per Maradona mi è rimasta. Quando giocavo nei campetti di quartiere con gli amici e qualcuno di noi faceva un bel goal o un’azione stupenda al 90% veniva chiamato Maradona e questo non solo durante il periodo d’oro, ma anche successivamente al 1991.

Spartaco ricorda… Diego Armando Maradona (by Spartaco)

Rimasi deluso quando la prima volta lo squalificarono per uso di cocaina. Mio padre, ateo calcisticamente parlando e dall’indole pragmatica, mi disse che in certi ambienti erano un po’ tutti così ed avere come eroi i calciatori non era un granché. Con questo non intendo dire che mio padre sia stato la musa di Zeman, certo mi aprì gli occhi. La prima squalifica comunque raffreddò la mia ammirazione verso Maradona e crescendo capii che la cocaina di sicuro non aveva esaltato le sue doti, anzi ne aveva drammaticamente accorciato la carriera. Ai mondiali di calcio del 1994 “el pibe de oro” sembrava tornato ad alti livelli, la sua Argentina appariva una seria candidata alla vittoria finale, ma arrivò la seconda squalifica per uso di efedrina. Fu un bel dispiacere in quell’estate passata a giocare a calcio con gli amici, cercando di imitare i più grandi campioni che negli USA si giocavano la coppa più importante. Su questa vicenda ancora oggi ci sono dei dubbi.

Popper direbbe, come mi suggerisce un caro amico, che capire se si tratta o meno di complotti non è facile. Io ovviamente tifo Diego e penso più come un vecchio politico italiano, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Diciamo che Maradona per alcune sue esternazioni non era certo gradito al “palazzo”, basti ricordare che accusò la FIFA per la sconfitta rimediata nella finale di Italia ’90, per l’arbitraggio dubbio. La partita è quella del famoso “hijos de puta” rivolto agli spettatori dell’Olimpico che vigliaccamente fischiarono l’inno argentino.

Dopo la squalifica rimediata al mondiale statunitense inveì nuovamente contro Blatter accusandolo di volergli negare una seconda possibilità dopo la squalifica del 1991. Ha litigato anche con Grondona, presidente della Federcalcio argentina, (AFA) e vice-presidente FIFA, che nel 2008 lo aveva scelto come C.T. esonerandolo due anni dopo. Nel dicembre 2010 Grondona accusò Maradona di far ancora uso di stupefacenti, ma Diego smentì e aggiunse che all’interno dello staff tecnico della nazionale aveva messo Sergio Batista e Alberto “Chirola” Rodríguez che in passato avevano avuto gli stessi suoi problemi di droga. Nel maggio del 2011 Maradona accusò Grondona di aver fatto dopare i giocatori della nazionale del 1994. Ovviamente Grondona si difese dicendo che non aveva fatto fare i test antidoping per il bene di Maradona perché arrivavano giocatori che non si poteva sapere cosa avevano preso o cosa avevano smesso di prendere dalle loro squadre.

Spartaco ricorda… Diego Armando Maradona (by Spartaco)

Dopo la squalifica per efedrina Maradona tornò all’attività agonistica con il Boca Juniors, ma per soli 3 anni. Dal 1994 purtroppo il fantasista argentino è stato spesso ricoverato per problemi di salute legati al cuore, all’abuso di alcol e al sovrappeso. Diego non abbandonò il mondo del calcio e, tra alterne fortune, ha guidato l’albiceleste fino al Mondiale per poi approdare a Dubai.

Della vita di Maradona si possono ricordare tantissimi dettagli eclatanti, non solo calcisticamente: il goal siglato contro l’Inghilterra nei quarti di finale di Messico 1986 (mondiale vinto dall’Argentina) dopo aver dribblato tutta la squadra e l’altro, famosissimo, la mano de Dios, considerato una sorta di giustizia kharmica contro i Britannici che 4 anni prima avevano scatenato la guerra nelle Isole Falkland/Malvinas; la punizione più bella di tutti i tempi segnata contro la Juventus nella stagione 1985/86 e tante altre. Maradona, però non è solo uomo di sport, ci ha abituato a parlare di lui non solo per le prodezze in campo, ma anche per le frasi e i comportamenti fuori dal terreno di gioco. Grondona e Blatter sono solo due episodi che lo hanno visto protagonista. Con il fisco italiano ha un debito di svariati milioni di euro contestati per il periodo in cui giocava a Napoli. Le sue prese di posizione politiche hanno generato stupore: non ha mai nascosto la sua ammirazione per Fidel Castro e “Che” Guevara (entrambi tatuati sul suo corpo), ha mantenuto per anni, fra alti e bassi, una forte amicizia con l’ex Presidente dell’Argentina, il neoliberista di destra  Menem, ma contemporaneamente ha legato con il Presidente venezuelano Chavez, nel 2008 ha donato la sua maglia al Presidente iraniano Ahmadinejad perché attaccato da G.W. Bush, definito immondizia umana da Diego. Maradona ha mostrato se stesso anche in questo, il suo essere irruento e passionale, la sua visione terzomondista partecipando al “Vertice dei popoli” sudamericano l’ha spinto più volte ad accalorate invettive contro il Capitalismo statunitense.

La vita di Maradona è stata travagliata anche a livello passionale. Nonostante le dichiarazioni per “l’amore della sua vita” oltre alle due figlie, Dalma e Giannina, avute con la moglie Claudia Villafañe, ci sono svariati figli non riconosciuti e questo è un po’ il vero lato oscuro di Maradona, capace di grandi slanci, ma anche duro con i figli avuti fuori dal matrimonio. Il caso che ha destato maggiore scalpore è quello del figlio Diego Sinagra, noto come calciatore per un reality realizzato qualche anno fa. Nel suo programma in Argentina il fantasista disse che nessun giudice avrebbe potuto obbligarlo a provare affetto per lui. Questo potrebbe cozzare con il titolo, o peggio farlo passare per uno scagnozzo di don Rodrigo, ma non è così, o meglio non è solo questo. Tutto ciò che riguarda Maradona è amplificato, addirittura i suoi fans a Rosario nel 1998 hanno fondato la Iglesia maradoniana, che conta gli anni a partire dalla sua nascita. Oggi i “fedeli” sono 80.000. Sicuramente tutto ciò è dovuto al fatto che Maradona, a suo modo, è sempre stato dalla parte dei deboli. Una sorta di eroe moderno, pieno di fragilità, di vizi, ma non per questo cattivo. Tutti quelli che hanno conosciuto Maradona lo hanno descritto come una persona umile, belle le parole di Borgonovo, ma come lui molti altri ne hanno parlato bene. A me la cosa che ha sempre colpito è questo suo essere doppio, dimesso e determinato, il suo riscattarsi da un’infanzia fatta di privazioni e difficoltà, il suo ricordarlo, quasi fosse un vanto: “Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires”. Un giovane che pronuncia queste parole non può che diventare un eroe per la tifoseria, ma non solo. Le sue imprese calcistiche significarono il riscatto per l’intero Sud Italia, così come oggi il suo battersi per una vita migliore per i poveri del suo continente. So che può sembrare esagerato, ma d’altro canto noi siamo il popolo che perde le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre, come “gentilmente” diceva un noto sir. Infine, se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, quelli di Diego esprimono tutta la sua sofferenza, spezzata talvolta da un barlume di titanismo, ma si vede che è un bravo ragazzo. Forse ho parlato troppo, bastava più semplicemente dire: “Auguri Diego e grazie di tutto”, ma non penso che lo leggerà.


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