Tratto dal romanzo dello scrittore canadese Yann Martel (Booker Prize nel 2002) Vita di Pi, ultima sublime pellicola del pluripremiato regista Ang Lee (Oscar alla migliore regia per I segreti di Brokeback Mountain; Oscar come miglior film straniero per La Tigre e Il Dragone) racconta l’avventura del giovane Piscine Molitor Patel, un ragazzo indiano che per vari accadimenti si troverà ad affrontare l’Oceano Pacifico per 227 giorni. Un lunghissimo viaggio per la sopravvivenza che vedrà il naufrago contendersi l’angusto spazio della scialuppa con una tigre.
La frase chiave del film: “Quando tutto il mondo sembra perduto trova il coraggio, l’avventura di una vita, la speranza di una vita, l’amicizian di una vita”.
La recensione
Anche i grandi registi più intellettualoidi cadono, fortunatamente, nelle lusinghe create dal meraviglia tecnologica del 3D. Era toccato a Martin Scorsese con Hugo Cabret ed ora è il turno di un altro massimo esponente del cinema contemporaneo: Ang Lee. L’unico uomo della settima arte capace di coniugare il suo spirito asiatico con il ben conosciuto e ovattato allure di Jane Austen, di mostrare l’amore omosessuale tra due rudi cowboy e di raccontare il sesso estremo senza alcun pudore, riesce nell’impresa quasi titanica di raccontare una storia semplice creando un film di rara bellezza.
Tratto dal romanzo di Yann Martel del 2001, il film racconta dell’avventura del giovane Pi che dopo il naufragio di una nave si ritrova da solo a sopravvivere su di una barca con una splendida tigre del bengala. Il resto non è altro che le problematiche e le vicessitudini che il giovane deve affrontare per sopravvivere anche con il temibile predatore al suo fianco.
Ang Lee ancora una volta riesce nella non comune impresa di saper padroneggiare con una storia difficile e se vogliamo infilmabile, ed ancora una volta colpisce nel segno e tiene desta l’attenzione dello spettatore. Buona parte del film è completamente incentrata sul povero naufrago e sul suo nemico felino eppure, sebbene i dialoghi siano ridotti all’osso, la tensione è in un crescendo continuo. Non soprende quindi che i Golden Globes e, successivamente, gli Oscar vogliano puntare su un film apparentemente piccolo ma, in realtà, tanto sperimentale e coinvolgente, in cui il 3D, come per Hugo Cabret, è sfruttato più con intelligenza che con potenza, generando un assoluta armonia visiva e aiutando lo spettatore ad entrare in empatia con la storia e con il suo bizzarro protagonista. Senza dubbio, questo è il piccolo grande caso cinematografico delle feste.
Nelle sale dal 20 dicembre
A cura di Katya Marletta con la collaborazione di Gabriele Marcello.