Pubblicato il 31 agosto 2012 con Nessun Commento
Ha i capelli rossi come il fuoco, vivi e ribelli, è un’ abile e coraggiosa arciera alla ricerca del suo destino, si chiama Merida ed è l’eroina del magico mondo di THE BRAVE, l’ultimo film della DISNEY.
Il tema principale del film è il coraggio, anche quello di lasciare andare le cose, di seguire il fato, quello che abbiamo cuscino addosso come un tessuto.
Merida è una teenager di stirpe reale scozzese, testarda, vivace e appassionata, che sfida apertamente l’antica tradizione, causando disastrosi eventi per tutto il regno. A grandi linee The Brave affronta la tematica dello scontro generazionale, traducendo in un linguaggio semplice e immediato la tensione del conflitto tra adolescenti e genitori, quest’ultimi, in alcune circostanze, incapaci di comunicare i sentimenti e di affrontare i cambiamenti. La ribelle disneyana è umana e attuale così come tutta l’ambientazione del film che rivela, con minuziosa ricerca dei particolari, la bellezza selvaggia della Scozia: alberi, muschio, lichene, “la foresta sembra viva”. Sorprendente l’animazione degli esseri umani, con i loro capelli e abiti e quella degli animali, assolutamente credibili.
Azione, umorismo, un pizzico di magia s’intrecciano nella seconda parte del film, quella più avvincente che, come in tutte le fiabe che si rispettino, regala allo spettatore un sentimentale lieto fine.
La frase chiave del film:
“Si dice che il nostro destino sia legato alla terra, di cui siamo parte, così come lei è parte di noi. Si dice che il destino sia cucito come un tessuto, e che la vita di ognuno di noi sia intrecciata a quelli di molti altri. Tutti cercano il proprio destino, o tentano di cambiarlo. Alcuni non hanno fortuna, mentre altri vengono aiutati a trovarlo.” Merida
Al cinema dal 5 settembre. Chi ha la chioma fluente rossa come Merida non pagherà il biglietto.
La recensione
L’incipit è di quelli che più classici non si può: c’era una volta…ma la storia, più che di principesse e pezzi di legno che diventano bambini, ha a che fare con un qualcosa di molto più raffinato, indefinibile e materico che è la macchina cinema. C’era una volta una casa cinematografica specializzata in film di animazione che per quasi un secolo ha dettato legge nel marketing e nella cultura universale, creando personaggi entrati in un immaginario non solo collettivo ma anche generazionale, aprendosi alle dotte disquisizioni di teorici del costume e dell’infanzia, imponendosi senza pietà nell’intrattenimento a tutto spiano e, si deve ammette con un certo orgoglio, capace di sfornare dei capolavori cinematografici al pari di Quarto Potere di Orson Welles. Signori e signore questa è la Disney.
Il tempo, si sa, passa per tutti e invecchiare bene non è cosa tanto semplice, quindi, appese al chiudo matita e acetato dell’animazione classica (il caro vecchio 2D) e complici alcuni rovinosi flop, la tradizionalista Disney si è aperta alla sperimentazione stringendo un sodalizio di ferro con la innovativa Pixar di John Lasseter. Da questa unione, simile a un matrimonio di rango, sono stati generati dei figli cadetti e quasi perfetti: Toy Story, Gli Incredibili, Alla ricerca di Nemo‚ solo per citarne qualcuno. Di fronte alla magia generata dal computer il pubblico ha risposto con incassi stratosferici; i premi ottenuti sono stati importantissimi e accompagnati dal plauso della critica, anche quella più severa. Poi, non proprio da sottovalutare, tanti altri sono stati i soldi rastrellati grazie al merchandising.
Ma il tempo si sa passa anche per le innovazioni e, se spesso la linea guida rimane tracciata con le migliori intenzioni, non sempre i risultati sono all’altezza. A pagarne le spese è proprio questo The Brave- Ribelle che ha in se il meglio e il peggio dell’ultimo filone disneyano.
La cosa che sorprende e che balza agli occhi del critico, anche più smaliziato, è la tenacia con cui la produzione abbia studiato l’intero film mirando più a uno sfruttamento esterno che interno rispetto alla sala cinematografica: ogni personaggio, situazione, atmosfera rimanda alla perfetta riproduzione giocattolo che si troverà in ogni Disney Store per la gioia di tutti i bambini.
Se questo, quindi, rimane un elemento innovativo per uno studio di strategie di mercato, mina inesorabilmente l’artisticità di un film che rimane comunque avulso nella sua stessa ipertrofica ambizione, capace di stupire ma non di incantare.
The Brave è concepito come una pellicola prettamente femminista e femminile con protagonista unica che è poi anche una principessa e il suo alter ego, la regina madre. Stavolta non c’è nessun principe azzurro all’orizzonte ma soltanto buffi ectoplasmi che fingono di fare i maschioni e, come nella migliore tradizione scozzese, mostreranno le natiche al vento.
Già accaduto in passato con La Bella e la Bestia, la Sirenetta, Mulan e Pocahontas anche qui la principessa di turno vive il conflitto eterno tra quello che vuole essere e quello che gli altri (la regina madre) vogliono per lei, infarcendo il tutto del più stantio déja vu: litigi, momenti di passione interna, silenzio, lacrime e ribellione.
Ricalcando, quindi, i vecchi successi in 2D, la parabola tridimensionale della principessa scozzese terminerà bene, ma privata di quel fallace coronamento d’amore che fa luccicare gli occhi agli spettatori: Merida sarà pure principessa ribelle e donna, ma, non dimentichiamolo mai, è una adolescente moderna, consapevole soltanto del proprio presente e del proprio bene, più interessata a far sentire la sua voce e a trovare la propria strada nella vita che non il vero (?) amore. The Brave, quindi, reinventa la storia della principessa classica che oltre alle peripezie trova l’uomo della sua vita e diventa un apologo, anche spietato, sulla crescita e sul difficile quanto complicato rapporto tra madre e figlia, coadiuvato da quella sapiente sottolineature morale di cui la Disney è maestra da quasi un secolo. Ma il resto? La caduta più sorprendente risiede proprio nella totale assenza di guizzi di sceneggiatura, punto forte dei precedenti lavori Disney e Pixar. Visto così, sulla carta, questo the Brave parrebbe davvero un colpo sbagliato, con un plot troppo lineare e scontato per avvincere e soltanto due personaggi psicologicamente ben marcati, mentre il resto rimane pallido e silenzioso sullo sfondo. Ma quale è allora la vera ambizione? In realtà c’è ben altro: accantonati i problemi narrativi, il film disvela la sua potenza nello sforzo spasmodico di superare i confini del classico film d’animazione, seppure in 3D, e di divenire un genere a sè grazie alla tecnica sopraffine con cui è realizzato.
In effetti, è da rimanere sbalorditi di come la demiurgica e demonizzata tecnica tridimensionale sia in grado stavolta di immortalare e dare vita alle highlands medioevali scozzesi con una nitidezza e una profondità da far impallidire anche veri e propri film come Rob Roy o Braveheart: i cambi di luce, i movimenti di macchina sembrano davvero quelli di una macchina standard e non generati da un freddo computer.
La bellezza della messa in scena riesce bene a reggere e a coadiuvare inoltre un minuzioso lavoro di animazione sul carattere non antropomorfico (punto debole della Disney da sempre): al di là di un ovale palesemente poco umano, le due protagoniste sono animate con tale fluidità da apparire nei movimenti dei veri e propri attori in carne ed ossa. Da premio Oscar è la fulva chioma di Merda, che diventa un protagonista a sè, capace di sottolineare gli stati d’animo della giovane, e poi l’abito da guerriera, davvero una sorta di armatura svolazzante e morbida, di cui si riescono persino a percepire le cuciture.
Il resto è affidato a una bella colonna sonora di Patrick Doyle e a due canzoni dimenticabili (come sono lontani i refrain orecchiabili di Alan Mencken!) che nulla tolgono alla godibilità visiva di un film ambiziosamente irrisolto, ma che, in futuro, verrà preso in considerazione più come pietra miliare dell’innovazione tecnologica dell’animazione che come opera di valore artistico.
a cura di Katya Marletta e Gabriele Marcello