WIMBLEDON- Se il calendario può compromettere lo spettacolo
Nadal-Sharapova-Federer out in meno di due giorni, è il tempo di rivelazioni?
Una partita sola per far cedere l’otto volte campione del Roland Garros Rafael Nadal, due partite per il suo rivale, il re del tempio londinese del tennis, l’indiscusso numero uno di tutti i tempi Roger Federer. Due match bastano anche per chiudere il ciclo di vittorie di Maria Sharapova, colei che esordì vincendo proprio Wimbledon nel 2004 a soli diciassette anni contro una altrettanto giovane Serena Williams. Sorpresa? Mica tanto se torniamo al vecchio dibattito delle federazioni che da anni giudicano Roland Garros e Wimbledon troppo vicini a due sole settimane di distanza. Sono due dei quattro slam, i tornei tennistici internazionali più faticosi e impegnativi al mondo. La tradizione vuole che Wimbledon inizi due settimane prima della seconda domenica di luglio, quando si trovano pure le celeberrime fragole con la panna londinesi. Il Roland Garros solo dal prossimo anno inizierà con una settimana di anticipo rispetto al calendario. Purtroppo i diritti tv non segnano solo il calcio e il tennis d’altro canto richiede le sue pause. Nell’ATP partite al meglio dei cinque set ti possono tenere in campo anche sei ore, nessuno si stupisca se re Roger a quasi 32 anni, pur selezionando gli eventi possa fisicamente cedere. Rafa e Masha venivano da due finali a Parigi. Tante ore di tennis sulle gambe richieste solo a chi arriva fino in fondo. Indipendentemente dall’importanza del torneo, fisicamente anche i campioni hanno dei limiti. Pesa il nome di Nadal ma degno di nota è il suo recupero in extremis dalla tendinite. La terra rossa è un conto, l’erba sempre più assottigliata di Londra è un’altro paio di maniche anche per il maiorchino. Dal tabellone generale sia ATP che WTA scompaiono pure il francese Tsonga e l’ex numero uno Victoria Azarenka. La speranza risiede in finali inedite. Nella possibilità che emergano nuove stelle, in un torneo importante come Wimbledon, proprio come accadde a Maria Sharapova nel 2004 e a Rafael Nadal nel 2005. Chissà se qualche esordiente arresterà la corsa di Serena, chissà che oltre l’ormai indiscusso favorito Novak Djokovic, già vincitore nel 2011 non possa alzare il trofeo finalmente Andy Murray. Oppure, quello che nessuno spettatore vorrebbe ma allo stesso tempo linfa vitale per tabelloni e ranking sempre più bloccati e arrugginiti, l’epifania di nuovi campioni. Nomi inediti da incidere sulla targa dei trofei, da iscrivere sulle grandi lavagne sacre del tempio del tennis. Ogni stella è sorta con un torneo vinto a sorpresa, che il 2013 sia finalmente l’anno che il tennis aspetta per un definitivo cambio generazionale? Dopo il papato di Roger, la fine dell’interregno dei Fabfour nell’ATP nel WTA sarebbe l’ora della rivelazione di una campionessa stile Seles o Navratilova, non di una meteora qualunque. Nonostante la flebile speranza di essere smentito, l’epilogo amaro caratterizza solo l’Italia che, pur sempre presente, con il suo solido gruppo si defila ancora una volta nel ruolo di comparsa.
Lorenzo Nicolao