Speciale: Omaggio a Zagor: analisi e tributi
- Omaggio a Zagor: analisi e tributi
- Speciale Zagor: prima foresta a sinistra e poi avanti sino a Darkwood
La nostra analisi critica affronta il più imponderabile mistero dello spirito di carta: la tangibilità del più improbabile degli eroi.
Il Frankenstein del fumetto
Illustrazione degli Esposito Bros
È opinione diffusa, peraltro acclarata dai suoi stessi realizzatori, Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) e Gallieno Ferri, che Zagor, creato nel 1961 [1] , sia un prodotto di laboratorio, un eroe costruito a tavolino mettendo assieme pezzi di altri eroi dei medium popolari, quali cinema e fumetto. Prima fonte di ispirazione sarebbe stato L’Uomo Mascherato (The Phantom, Lee Falk, 1936) da cui Nolitta assume ambientazione esotica, atmosfere macabre e misteriose e anche quei trucchi da illusionista di piazza di cui lo Spirito con la Scure si serve (come il suo omologo nella foresta di Bengalia) per rafforzare la propria benevola autorità sui pellirosse di Darkwood.
La seconda figura di riferimento è quella di Tarzan, più verosimilmente la versione cinematografica interpretata da Johnny Weissmuller, piuttosto che quella letteraria di Edgar Rice Burroughs o quella fumettistica di Hal Foster o di Burne Hogart. Da Tarzan, Zagor prende in prestito l’urlo raggelante, di cui si serve per terrorizzare i nemici (ma, anche, per segnalare la propria protettiva presenza sul territorio che difende), nonché l’agilità scimmiesca che gli consente di svolazzare fra un albero e un altro servendosi di liane. Altre figure, che pare abbiano contribuito alla caratterizzazione dell’eroe, sarebbero quelle dei supereroi, in particolare di Superman, cui Sergio Bonelli avrebbe rubato, nel costume, l’ovale sul petto.
La modulazione narrativa dell’eroe sarebbe stata determinata da esigenze di collocazione del prodotto in una precisa fascia di mercato. In pratica si voleva conquistare l’attenzione del pubblico più giovane, forse anche il più numeroso, che in quegli anni stava sancendo il successo dei personaggi della EsseGesse [2] , Il Grande Blek e Capitan Miki.
A Zagor sarebbero state attribuite caratteristiche e qualità ritenute gradite e adatte a un pubblico meno smaliziato e più ingenuo. All’eroe viene fornita, come arma “ufficiale” una scure, con la quale può stordire gli avversari piuttosto che ucciderli, e la posizione della guaina della pistola, retroversa rispetto a quella dei pistoleros accaniti, indica che l’eroe di Darkwood intende utilizzare con parsimonia l’arma mortale (eppure quando ne fa uso dimostrerà una velocità e una precisione non inferiore a quella dei più blasonati pistoleri). A fianco di Zagor viene posto Cico, un compagno di avventure dalle caratteristiche assolutamente umoristiche, quasi parodiali, sulla scorta dei buffi pard che in quegli anni accompagnavano i personaggi più amati dai giovanissimi [3] . L’essenza delle avventure, tesa a ispirare stupore in un pubblico distribuito fra infanzia e adolescenza, inanella suggestioni di mondi fantastici, da cui provengono gli arcaici personaggi delle favole tradotti in arabescate figure. E allora… ecco comparire, in ordine di apparizione, l’uomo volante (L’uomo volante, Collana Lampo, 1° serie, n. 9), il sosia (Zagor contro Zagor, I due sosia, Collana Lampo, 1° serie, n. 19 e 20), la strega, il nano (La strega della palude nera, Collana Lampo, 2° serie, n. 5), il drago (L’abisso verde, Collana Lampo, 2° serie, n. 26). A questi personaggi antichi si uniranno figure prese in prestito dalla più recente letteratura fantastica, in special modo dai film di orrore e di fantascienza di cui Sergio Bonelli era avido divoratore.
Una ricostruzione della nascita di Zagor come effetto di un’analisi di marketing sarebbe però, a mio avviso, riduttiva oltre che infedele e soprattutto mancherebbe di cogliere il senso stesso del personaggio. La tesi che Zagor sia nato per costituire la seconda gamba (quella più ingenua e infantile) della casa editrice Bonelli, complementare a Tex (creato nel 1948) che era rivolto a un pubblico più adulto, mi pare artificiosa e sostenibile solo con una logica giustificazionista a posteriori. In ogni caso non esistono strategie commerciali tanto avvedute che possano essere alla base di un successo tanto prolungato nel tempo. C’è qualcosa altro: ed è questo impalpabile quid che intendo individuare e investigare. Certo, adesso che Tex e Zagor rappresentano le due più longeve realtà della Sergio Bonelli Editore, è facile notare come i due personaggi siano distinti e complementari: Tex opera nel sud ovest dell’America della seconda metà dell’Ottocento mentre Zagor ha le sue avventure nell’America del nord est, agli inizi del medesimo secolo; Zagor usa con ritrosia le armi, al contrario di Tex che si spinge sovente ad utilizzare addirittura potenti esplosivi; e così via.
Sicuramente Sergio Bonelli nel creare un nuovo personaggio aveva badato bene a non calpestare terreni già percorsi (e con quale successo!) dal personaggio di suo padre. Quello che si vuole qui sostenere, però, è che, per quanto non ci sia dubbio che il personaggio sia stato studiato con attenzione, attingendo abbondantemente alle contaminazioni di cui si diceva prima, non vi era nessuna certezza, nel 1961, che lo Spirito con la Scure avrebbe potuto ottenere un successo paragonabile a quello di Tex, né, tantomeno, che avrebbe potuto rappresentare un pilastro della casa editrice di Tea Bonelli. Gli editori sapevano bene quanto il successo dei personaggi fosse determinato dagli imprevedibili gusti dei lettori. Al tempo, del termine “marketing” non si conosceva neanche l’esistenza, si procedeva per tentativi, guidati da una sensibilità professionale, con la speranza di azzeccare la mossa giusta del personaggio gradito al lettore. Gian Luigi Bonelli se ne era reso conto personalmente quando, nel 1948, aveva visto infrangersi contro la perplessità dei lettori un carattere estremamente curato, nonché dettagliato graficamente da Aurelio Galeppini (Galep), come Occhio Cupo, mentre, nello stesso anno, aveva potuto apprezzare il successo di un certo Tex, realizzato in maniera più approssimativa, a cui lo stesso Galep aveva lavorato nei ritagli di tempo.
D’altra parte Zagor non andava a riempire, come sosterranno in tanti a posteriori, un vuoto nelle pubblicazioni dell’Audace ((È uno dei tanti nomi che assume quella che è oggi la Sergio Bonelli Editore nell’arco degli anni: Redazione Audace, Edizioni Audace, Audace, Araldo, Edizioni Araldo, Daim Press, CEPIM, Sergio Bonelli Editore.)), dal momento che già spadroneggiavano altri personaggi che si rivolgevano a un pubblico di giovani e giovanissimi. Un ragazzo nel Far West realizzato dallo stesso Nolitta nel 1958 e Il Piccolo Ranger, realizzato nello stesso anno da Andrea Lavezzolo e Francesco Gamba, due eroi giovanissimi, nella logica di facilitare l’identificazione del lettore con protagonisti a lui coetanei o quasi, avevano caratteristiche di gradimento per acquirenti che, probabilmente, non erano i medesimi di Tex. Il fatto poi che Zagor sia stato ristampato nel luglio del 1965, cioè quattro anni dopo la sua prima pubblicazione in striscia, sul 52° numero di una collana contenitore quale quella del Zenith Gigante, è indizio che, in quegli anni, nessuno pensava che il personaggio di Guido Nolitta rappresentasse una peculiare specificità della casa editrice Araldo.La tesi che il personaggio di Zagor sia un più semplice prodotto artigianale, nato dalle produttive mani di Gallieno Ferri e dalle pragmatiche fantasie di Sergio Bonelli, giustifica la suggestiva rozzezza dei primi episodi, dotati di una vivacità e di una spontaneità che non appartiene a un prodotto accuratamente progettato. Sono peraltro gli elementi di schiettezza, uniti a una costante sfida alla credulità del lettore, i fattori che, con il trascorrere degli anni, rappresenteranno i punti di forza che sanciranno il successo del personaggio.
Eppure io penso che, in cuor suo, in quel lontano 1961, Sergio Bonelli titubasse, chiedendosi per quanto tempo avrebbe potuto tenere desta l’attenzione dello spettatore, con le sole stramberie di Cico e le esasperate evoluzioni ginniche di Zagor. “Non per molto!” ― ritengo si desse risposta. Ma il tempo e i lettori, per fortuna, lo hanno smentito.
Ingredienti per una ricetta di successo
Il personaggio di Zagor si porterà dietro a lungo (forse sino addirittura ai giorni nostri) il pregiudizio di essere un prodotto per bambini (o per adulti rimasti tali), un personaggio ingenuo, fantastico e tutto sommato poco credibile. In effetti ― sentenziano taluni ― come fa un adulto maturo a ritenere verosimile un tipo che nelle fredde foreste ai confini con il Canada se ne va in giro svolazzando su liane tropicali vestito solo di una casacca rossa (tanto per mimetizzarsi meglio) priva di maniche? Certo che, se questo ragionamento fosse valido, allora solo dei mentecatti potrebbero seguire le avventure di un ragazzetto morso da un ragno radioattivo che va su e giù per i grattacieli di New York attaccato a un esile filo di ragnatela sintetica. Per non parlare di quell’altro in pigiamone blu con mantellone, spedito neonato su un’astronave spaziale sulla Terra, con corredo di invulnerabilità e altri pazzeschi super poteri. Il fatto è che, per fortuna, siamo ancora in grado di lasciarci prendere la mano dai narratori i quali, se sono abili, ci rapiscono e ci conducono con loro sui sentieri della fantasia più spinta, dove “un assurdo universo” diviene reale. L’essenziale è che la struttura narrativa e l’ambientazione, per quanto assurda, sia forte, suggestiva e soprattutto coerente con sé stessa, salda anche rispetto alla propria intrinseca assurdità. Dalla coerenza di un mondo, non importa quanto possa essere irragionevole, nasce la verosimiglianza da cui il lettore si lascia ingannare con piacere, praticando la sospensione della propria incredulità, in cambio della fuga verso mondi fantastici.E di mondi fantastici Zagor ne offre innumerevoli, a partire dai primissimi numeri, dove in una foresta ostile e ancora misteriosa (Darkwood non è ancora la “casa dolce casa” di Zagor e Cico) il lettore, assieme a indiani ostili, incrocia in ogni dove bestie strane ed esotiche: frotte di serpenti, grizzly, orsi bruni e persino un canguro! E inoltre tutti quei personaggi mitici, fiabeschi, cui abbiamo accennato prima, che zampillano meravigliosi come se fuoriuscissero dal rostro cavo di una fontana gotica. Ma ben presto il lettore si rende conto che nel fumetto dello Spirito con la Scure non c’è solo un rampollare di astruse stupefazioni.
Il fatto di essere stato ideato per il pubblico dei più giovani non impedisce a Zagor di acquisire, episodio dopo episodio, caratteristiche di peculiare spessore narrativo che lo rendono un personaggio maturo e per molteplici aspetti addirittura rivoluzionario.
Vediamo allora quali sono quegli ingredienti di successo che hanno consentito a Zagor un successo che dura da oltre mezzo secolo.
Zagor e il pluralismo delle culture
Zagor ha, nei confronti dei nativi un atteggiamento corretto e progressista. Un eroe che sceglieva di vivere in una foresta pullulante di indiani, non per combatterli ma per difenderli e per favorire la pacifica convivenza con i bianchi era sicuramente inconsueto in anni (1961-1962), dove l’immagine dei nativi d’America era ancora quella di Ombre Rosse e, di conseguenza, l’indiano buono non poteva essere che quello defunto. A questo c’è da aggiungere che nell’epopea di Zagor, Nolitta inserisce ben presto tematiche di alto valore civile. Già negli episodi Terrore! e I mercanti di schiavi (Collana Lampo 2° serie, nn. 32, 33) irrompe il dramma dello schiavismo, mentre l’eroe di Darkwood si propone incondizionato paladino della libertà dei neri. Ma la materia della libertà dell’uomo, indipendentemente dal colore della pelle, è un tema riproposto più volte. Con indimenticabile enfasi, il tema vibra nell’episodio Libertà o morte (Zagor Gigante nn. 89-92), dove le figure del seminole Manetola e dello schiavo fuggiasco Liberty Sam, incarnano l’anelito di libertà e di giustizia di due etnie sottomesse. Questo filone, nella lunga saga di Zagor, diviene ricorrente e assume tale forza da contrassegnare le più significative avventure dell’eroe. La tematica dello spirito libero che si batte e rifugge dalla schiavitù, la ritroviamo proprio in due delle più recenti avventure zagoriane che (detto per inciso) risultano fra le più belle dell’ultima trasferta sudamericana: Sangue su Bahia di Luigi Mignacco (Zagor Gigante, nn. 570-572) e Sertão di Mauro Boselli (Zagor Gigante, nn. 572-573).La difesa delle minoranze si coniuga, in Zagor, con il rispetto per la diversità, enfatizzato dall’incontro, nel corso delle diverse avventure, con etnie delle più diverse.Lo Spirito con la Scure si confronterà con i popoli più svariati, persino con i vichinghi! (di Guthrum). Questo tourbillon di culture, abitudini, costumi, comportamenti diviene una delle caratteristiche di successo delle avventure del personaggio. Zagor, in ogni caso, guarda con interesse e senza diffidenza alle diverse culture con cui si confronta evitando di salire sullo scranno della superiorità dell’uomo occidentale. Il frequente schierarsi in difesa delle etnie si motiva non solo per il senso di giustizia insito nell’eroe di Darkwood, ma anche per il sentimento di tolleranza anzi di totale comprensione e immersione nella diversità che è caratteristica essenziale del personaggio.
Zagor, le donne e l’amore
Quanto sono belle le donne che intrecciano i loro sentimenti con quelli dello Spirito con la Scure! Nella serie di Zagor può accadere di tutto (e anche questo è fattore di successo del personaggio): persino qualche digressione ad alto contenuto erotico! È dunque permesso imbarazzare il sorpreso lettore con la visione di un quadro romantico con protagonista la sensuale Frida Lang, in un notturno nella prateria, sotto lo splendore della luna piena. Zagor e Frida, in una indimenticabile sequenza, si abbracciano e si regalano un molto appassionato bacio, foriero di un amplesso appena suggerito (ma non per questo meno intrigante), mentre regna la precaria tregua concessa da Winter Snake (Zagor Gigante n. 115).
Succede anche che sorprendiamo Zagor ammirare le nude bellezze al bagno di una pericolosa fuorilegge, e persino celebrarne le fattezze (Zagor Gigante n. 140). Sebbene la sensualità di Blondie (così si fa chiamare la fuorilegge) non impedirà il compimento della missione, risulta evidente quanto il nostro eroe sia sensibile alle attrattive dell’altro sesso.
Zagor perderà completamente la testa per Virginia, la nipotina di capitan Fishleg. Bella come Brigitte Bardot, Virginia conferma quanto Ferri si trovi a proprio agio nella realizzazione di seducenti figure femminili e quali bellezze avrebbe potuto forgiare la sua matita, se solo avesse avuto più occasioni per cimentarsi. Sarà stato il seducente aspetto di Virginia, saranno stati i muscoli dell’eroe, sarà stato l’eroico salvataggio, fatto sta che l’attrazione calamiterà di due in maniera irresistibilmente travolgente. Nonostante un primo assalto amoroso venga stemperato da un secchio d’acqua gelida gettato dal capitano Gibson, l’unione fisica fra Zagor e Virginia, si concretizzerà inevitabilmente, a dispetto delle urla di Fishleg, in una scialuppa di salvataggio della Golden Baby (Il tiranno del lago, Zagor Gigante, n. 161).
Poi pressoché nulla per più di duecento numero, eccezion fatta per qualche indianina trattata con paternalistica comprensione.
Sarà Mauro Boselli, con l’ausilio della sapiente mano di Mauro Laurenti, a proporci addirittura due favolose fanciulle nella medesima avventura (Vendetta Vudu, Zagor Gigante nn. 366, 367). Parliamo di Gambit, giocatrice d’azzardo e avventuriera e di Marie Laveau, sacerdotessa vudu, strega (e molto altro ancora). L’attrazione fisica fra Zagor e Gambit è fuori discussione. La schermaglia amorosa fra i due, che contrassegnerà buona parte dell’avventura, avrà un esito roseo (a pag. 87 del n. 366) tradotto in un bacio appassionato (con compendio amoroso alla fine della storia). È un evento! Non accadeva da più di duecento numeri (appunto dal n. 161, Il tiranno del lago).Peccato che subito dopo Zagor cadrà in uno stato comatoso simile alla morte. Ma la causa non è stato quel bacio tempestoso, bensì i poteri di Marie Laveau, serva di Maitre Carrefour, dio del male. La seconda donna dell’avventura non è propriamente una brava ragazza, però anche lei si innamora dello Spirito con la Scure, seppur se a modo suo. Infatti cerca di possedere (in tutti i sensi) il nostro eroe tramite violenze, artifizi e varie arti magiche. Marie Laveau ancor più di Gambit (che pure comparirà in altre avventure) assumerà un ruolo di rilievo nella recente continuity zagoriana, ma stempererà il suo ruolo di strega diabolica in quello di una più mansueta per quanto inquietante circe. Dopo averla combattuta in Africa (L’impero di Songhay, Zagor Gigante nn. 422-424), Zagor la ritrova in Amazzonia, ravveduta delle sue colpe, al fianco delle Amazzoni (Le donne guerriere, Zagor Gigante n. 567-570). Pentita, però, sino a un certo punto, dal momento che, tra i più sospettosi zagoriani, pesa il dubbio che l’insidiosa Marie abbia approfittato dello stato di incoscienza in cui lo Spirito con la Scure versava nella base atlantidea per averlo (in senso biblico) e addirittura per procreare una figlia da regalare alle sterili amazzoni.
Spessori dei personaggi di contorno
È veramente fuori dal comune la variegata ricchezza dei personaggi che circondano i nostri due eroi. La fantasia che agghinda i personaggi di contorno, l’eccentricità delle personalità, il gusto per il bizzarro e l’inconsueto rendono impietoso un confronto fra la ricca popolazione che gremisce le avventure di Zagor e i figuranti che vivacchiano in tanti altri fumetti.Se ci lasciamo prendere da rigori tassonomici possiamo collocare in tre categorie i personaggi che ravvivano le avventure di Zagor e Cico.
Ci sono le figure prettamente comiche, a volte legate esclusivamente al personaggio Cico, altre volte essenziali per lo sviluppo dell’avventura vera e propria. Ci sono i personaggi più seri, compagni delle avventure del duo di Darkwood. E qualcuno di loro a volte ha l’onore di assumere il ruolo di vero e proprio coprotagonista. E infine cataloghiamo i terribili villain.
Proviamo a ricordare quelli che ci sono rimasti maggiormente impressi nella memoria, con tante scuse per tutti gli altri, meritevoli ma assenti.
Fra le figure caricaturali spicca la figura di Trampy, autorevole spalla di Cico nelle peripezie che formano i siparietti da avanspettacolo (a volte anche piuttosto lunghi) introduttivi dell’avventura vera e propria. Quindi citiamo, in ordine rigorosamente alfabetico: Bat Batterton investigatore dell’agenzia “Batterton & Batterton”, palese parodia di Sherlock Holmes; “Digging” Bill, maniaco cercatore di tesori; Drunky Duck, il postino di Darkwood, afflitto dalla mania degli scherzi e contraddistinto da una discutibile professionalità.
Tra le figure che affiancano Zagor, a volte assumendo ruoli di primo piano ricordiamo (anche qui in ordine alfabetico): Cain, l’altro Zagor, capace di strappare il ruolo di protagonista allo Spirito con la Scure; “Doc” Lester, uno dei componenti l’allegra brigata dei trapper; Fishleg, al secolo Charles Humbold, il più classico dei lupi di mare, partecipe di tante avventure dello Spirito con la Scure; “Guitar” Jim, nemico e amico, sicuramente una delle figure che ha maggiormente lasciato il segno nei lettori; Liberty Sam, ex schiavo nero, mai vinto nella ricerca della libertà e della dignità; Manetola, giovane capo dei Seminole, una delle figure più toccanti della saga; Molti Occhi, stregone indiano che si fida di più della medicina dei bianchi che della magia tradizionale; Perry, colonnello medico che assume ruoli essenziali in alcune delle più belle avventure di Zagor; Ramath, marinaio dell’eterogeneo equipaggio di Fishleg, fachiro indiano dai potenti poteri paranormali; Robson, ingegnere perennemente impegnato nella costruzione di tronchi ferroviari, ovviamente sottoposti al sabotaggio dei più diversi figuri (persino vendicatori alati!); Rochas, il simpatico trapper scozzese che in alcune avventure ha assunto un piglio da protagonista; Satko, il giovane avvocato indiano, degnissimo rappresentante del civilissimo popolo dei Cherokee; i Sullivan, famiglia di saltimbanchi che contribuisce a creare il mito dello Spirito con la Scure; Tonka, capo dei Mohawk, forse il migliore e più fedele amico di Zagor; Winter Snake, capo dei Kiowa, simbolicamente l’alter ego di Zagor, quasi una sua controfigura indiana, giustamente ribelle contro la prepotenza dei bianchi.
I cattivi di Zagor sono entrati oramai nell’immaginario collettivo. Dal momento che sarebbe pressoché impossibile citarli tutti, ricordiamo, qui, le figure più grandiose, quelle che hanno contribuito a costruire il mito dell’eroe. Proviamo a ordinarli in ordine di importanza. Al primo posto non possiamo che attenderci Hellingen, la nemesi per antonomasia dello Spirito con la Scure, pietra angolare alla base del mito del personaggio, antitesi maledetta che lo costringe a fare i conti con l’inferno ma anche a rapportarsi con il cielo nella figura di Kiki Manito. Al secondo posto, ma distanziato parecchio, collochiamo Bela Rakosi, il vampiro giunto dalla Transilvania, che tormenterà il nostro eroe in diverse avventure. Al terzo posto ci va Supermike, al secolo Mike Gordon, il bizzarro supernemico di Zagor. Al quarto posto ci mettiamo, Ben Stevens, il re delle aquile, personaggio straziato e dalla personalità variegata. Un character tormentato dalla crudezza delle ferite interiori di gran lunga più incisive di quelle esteriori. Al quinto posto c’è Nat Murdo, l’enigmatico malvagio, sfuggente e sorprendente, ideato da Boselli. Questo recente villain tra le molte pieghe del suo animo malvagio e ingannatore nasconde una purezza d’animo che alfine lo condurrà alla redenzione. Moriarty il malvagio “Fantomas” ideato da Moreno Burattini, lo collochiamo al sesto posto. Kandrax, il druido della tribù di celti sbarcati in America lo collochiamo solo al settimo posto. Lo stregone non riesce a conquistare del tutto il lettore, vincolato com’è alla formalità del suo personaggio senza anima e senza passione. L’indimenticabile Grande Marcus, acrobata, ipnotizzatore e uomo volante apparso nelle primissime strisce si guadagna un meritato posto nella fascia nostalgica di questa Hall of fame dove trovano collocazione cattivi pittoreschi come Iron Man (il fabbro Sam Fletcher), l’uomo dalla corazza inattaccabile, e come Olaf Botegosky, il forzuto manovale sosia di Zagor.A compendio di questa carrellata si può dire che le figure comiche non sono mai delle macchiette bidimensionali, ma vivono i loro drammi e conflitti personali che li rendono figure di un qualche interesse psicologico con inaspettati risvolti anche filosofici. Prendiamo “Digging” Bill, ad esempio, che aspira a trovare almeno un solo tesoro per dare un qualche senso alla intera sua esistenza, volta alla ricerca di una illusione. Non è forse l’inane ricerca di “Digging” Bill la metafora della vita di molti di noi? Non siamo forse un po’ tutti alla ricerca vana di un tesoro nascosto? Non è forse il suo inutile zappettare simile al frenetico sterile dissotterramento dell’esistenza quotidiana? Quanti significati si nascondono dietro quell’abito fuori moda! E si badi bene che stiamo parlando di una delle figure più macchiettistiche dell’universo zagoriano.
Tutti i personaggi, nelle avventure di Zagor, non si limitano a comparire per fare ridere, piangere, spaventare, commuovere, irritare. Al di là del loro mero apparire sulla scena posseggono una complessa anima, con i propri interiori drammi, una propria psicologia, una filosofia di vita. A partire da Trampy sino ad Hellingen. Anche questo è parte del successo zagoriano.
La sconfitta dell’eroe
Zagor spesso è costretto ad assaporare l’amaro sapore della sconfitta. A volte particolarmente dolorosa, altre volte semplicemente vergognosa e ridicola. Prendiamo i disastrosi primi incontri dei nostri eroi con “Guitar” Jim. Già il primo (Il fuggitivo, Collana Lampo 3° serie, n. 69, 4 Gennaio 1967) è rovinoso: lo scaltro chitarrista inganna Zagor e Cico che lo credono un misero giovinetto perseguitato da due brutali fuorilegge (sono invece due uomini della legge). È così che i nostri si fanno sottrarre la canoa e sono obbligati a proseguire il viaggio a marce forzate. Il primo abboccamento con il fuorilegge dalla faccia da bravo ragazzo è del tutto interlocutorio e occupa solo lo spazio di un albetto, il secondo incontro-scontro è più lungo e articolato ed è formato da tre episodi distinti (Collana Lampo 4° serie, nn. 13-15, 5 luglio, 19 luglio, 2 agosto 1967). Nel primo fa la parte di protagonista Cico, in uno dei consueti prologhi comici con risvolti sconvenienti per il messicano. Il secondo e il terzo episodio si concludono in maniera farsescamente identica, con il cozzare dell’imbarcazione su cui si trovano legati Zagor e Cico sulla casa galleggiante dello stralunato “Ghiro” Sanderson. Nonostante il doppio tentativo i nostri eroi non riescono ad avere la meglio sul gaglioffo. La conclusione del secondo episodio, ancorché esilarante per il lettore, è umiliante per i due malcapitati: malmenati persino da alcune megere di una carovana, incantate da “Guitar” Jim, finiscono, mani legate, su una zattera di tronchi in preda alla corrente. Seguirà l’inevitabile scontro contro la casa del povero “Ghiro” Sanderson che da quel momento deciderà di andare a vivere in luoghi meno frequentati. Questi toni di sconfitta vergognosa, ancorché ridanciana, fanno sorgere altri dubbi sulla collocazione di Zagor nel genere avventuroso sic et simpliciter. Di fatto questi episodi posizionano il nostro Spirito in un luogo separato, cui non era appartenuto alcun personaggio nazional-popolare sino ad allora, e cioè nel mondo contraddittorio dove gli eroi non sempre sono invincibili. Ma, oltre le disavventure con “Guitar” Jim, ben più gravi e interiormente devastanti sconfitte attendono lo Spirito con la Scure. Ci saranno avventure in cui il nostro eroe dovrà assistere impotente all’umiliazione o, addirittura, alla morte di affezionati compagni di avventura.Risultano innumerevoli contesti drammatici, piuttosto che ironici, in cui Zagor si troverà avviluppato e subirà le conseguenze crudeli del fato a scapito della propria volitiva forza di carattere. Ricordiamo l’episodio La rabbia degli Osages (Zagor Gigante nn. 122-125), dove Zagor è di fatto sconfitto e frustrato nell’inutile tentativo di dare un po’ di giustizia al capo indiano che ha avuto la moglie uccisa del viziato e prepotente Billy Boy. Nel già citato episodio Libertà o morte, Zagor dovrà sopportare la più crudele delle sconfitte in cui vedrà morire assieme agli amici e compagni d’avventura, Manetola e Liberty Sam,anche la speranza di vedere realizzati gli ideali di libertà e di rispetto reciproco nella tolleranza, al di là del colore della pelle. Ma sarà Tiziano Sclavi a portare alle estreme conseguenze tali tematiche drammatiche facendo assumere all’eroe il ruolo di un personaggio amletico e scespiriano che, seppure in un universo alternativo, troverà pace solo con il suicidio.
Classico o moderno?
Assieme alle tematiche sinora descritte si possono individuare ulteriori elementi utili a posizionare il nostro eroe non esclusivamente in uno scenario narrativo complesso e maturo, bensì nell’immaginario gotha degli eroi moderni del fumetto italiano. Gotha veramente poco affollato negli anni in cui Zagor nasceva e che per molteplici lustri presenterà sempre uno scarso popolamento. Prima è doveroso, però, spiegare cosa si intende per eroe moderno.Per rendere comprensibile il concetto provo a definire le caratteristiche strutturali dell’eroe classico e dell’eroe moderno prendendole a prestito dai modelli di riferimento elaborati dalla tradizione della critica cinematografica analitico-interpretativa. Ecco, in breve sintetizzati, i marchi distintivi delle due figure. Protagonista classico: gli eventi che riguardano il protagonista classico sono correlati e conseguenti; assume un comportamento con caratteristiche finalistiche (télos ben chiaro e condiviso con lo spettatore/lettore); gestisce gli eventi e li sottomette alla propria volontà; solitamente persegue una storia d’amore monogamica di tipo eterosessuale. Protagonista moderno: le storie che vive il protagonista moderno sono contrassegnate da una carenza di concatenazioni; ha un comportamento problematico e non finalizzato a un risultato chiaro e condiviso con lo spettatore/lettore; non domina gli eventi ma spesso li subisce; non persegue una storia d’amore monogamica ed eterosessuale.
Servendoci di queste definizioni avremmo qualche difficoltà a posizionare nettamente il nostro protagonista. Forse va posto fra gli eroi tradizionali? Lo Spirito con la Scure, in effetti, vive situazioni in cui le cause sono concatenate con gli effetti; il suo obiettivo finale è ben definito e chiaro (tutelare la giustizia e, in particolare, la pace a Darkwood); non vive storie d’amore ma solo perché il fine delle sue azioni non lo consentono.
Ma se proviamo una lettura laterale della figura della Spirito con la Scure probabilmente lo dobbiamo collocare nella schiera degli eroi moderni. Zagor non è un personaggio lineare bensì problematico. La sua azione di giustizia che, non si dimentichi, nasce da un torto subito e commesso e dal conseguente senso di colpa, a volte appare violenta e nevrotica. Innumerevoli volte Zagor si è trovato in difficoltà nel doversi schierare: ulteriore elemento di ambiguità nell’azione e pertanto mancanza di un télos ben definito.Gli elementi contraddittori e di modernità dell’eroe sono stati intuiti ampiamente da Tiziano Sclavi che li ha portati alle estreme conseguenze traducendoli in quell’immane capolavoro che è Incubi (Zagor Gigante nn. 275-280). Una storia fuori dalle righe, senz’altro, ma che Sclavi ha potuto ritagliare sullo Spirito della Scure solo perché questi aveva già in sé quegli elementi di moderna drammaticità che rappresentano il fascino della sua figura. E per quanto riguarda il terzo elemento, ovvero il rapporto fra il personaggio e le donne, senz’altro dovremmo collocare Zagor fra gli eroi moderni, dal momento che il nostro vive numerose storie d’amore, anche intense, ma sicuramente non monogamiche. Dalle sue conquiste il nostro prende le distanze non appena possibile, in alcuni casi, anche in maniera clamorosa: si veda la ridicola e vergognosa uscita di scena dalla vita di Frida nell’albo La sabbia è rossa (Zagor Gigante n. 115).
Le citate debolezze di Zagor insieme ad altri, più drammatici, avvenimenti che di fatto pongono sovente lo Spirito con la Scure in una posizione di plateale sconfitta, rafforzano la tesi che il nostro sia da collocare tra gli eroi moderni, se non altro per il proprio umano, affascinante limite nel padroneggiare gli eventi.
Ma l’analisi degli ingredienti che hanno costituito il successo dello Spirito con la Scure non si esaurisce qui. Restano ancora due fattori essenziali che, per la rilevanza che assumono, saranno esaminati in due ulteriori pezzi distinti da questo.
La psicologia di Zagor
Alle tormentate peculiarità psicologiche dell’eroe dedicheremo un intero pezzo.
Zagor, forgia di emozioni
L’alta densità emozionale presente nelle avventure dello Spirito con la Scure è un ulteriore fattore del suo successo. Ne parleremo nei prossimi giorni.
Note:
- Fu pubblicato su Collana Lampo, 1° serie, il 15 giugno del 1961. [↩]
- Acronimo dietro il quale si celavano tre autori torinesi: Giovanni Sinchetto (1922-1991), Dario Guzzon (1926-2000) e Pietro Sartoris (1926-1989). [↩]
- Il giovane Roddy e il professor Occultis facevano da spalla a Blek Macigno; Salasso e Doppio Rhum, sbevazzoni e simpatici truffatori, accompagnavano il Capitan Miki; invece il Piccolo Ranger era coadiuvato dal buffo e pasticcione Frankie Bellevan e, a volte, dalla parodistica Annie Quattropistole. [↩]
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