Licia Satirico per il Simplicissimus
Immaginate di sentirvi dire da un chirurgo che deve amputarvi un arto, ma che l’intervento rientra in una riorganizzazione strutturale mirata a tagliare gli sprechi: a cosa servono due gambe o due braccia, quando si può eliminare il doppione? Questo, brutalmente semplificato, il senso delle dichiarazioni di Mario Monti in merito all’annunciata spending review dell’ipertecnico Bondi: «se per decenni – ha detto il premier – si indulge ad assecondare un superficiale ‘tiriamo a campare’ e a iniettare nella mente dei cittadini la sensazione che un paese con mille risorse, compreso l’estro, possa non affrontare i seri problemi che altre nazioni hanno preso di petto, forse deve venire il momento in cui si affrontano i problemi». Peccato che l’impressione sia quella del ‘campiamo a tirare’, dove il taglio mutilante incide su un Paese non più in grado di tollerare smantellamenti smart dello stato sociale.
La sforbiciata non sarebbe una manovra di finanza pubblica, ma solo un modo per ridurre gli sprechi e riorganizzare i servizi, sventando il temuto aumento dell’Iva (che deprimerebbe i consumi di un territorio già depresso per altro). Pare che sia tutto deciso, a parte il modus operandi: non si sa se fare subito un decreto da sette otto o dieci miliardi approfittando dell’afa o se optare per un provvedimento light da cinque o sei miliardi più adatto alla stagione, rinviando il grosso dell’operazione all’autunno. Anche in questo caso si tratterebbe di sacrifici necessari, volti a rastrellare i fondi per coprire i danni del terremoto in Emilia e per finanziare le missioni militari all’estero. Una cosa è certa: l’aumento dell’Iva può essere scongiurato solo attraverso il peggioramento delle nostre condizioni di vita. Via dirigenti e dipendenti delle pubbliche amministrazioni, via le tredicesime (rinviate, a quanto sembra, a dopo la profezia Maya), via gli enti locali, via un altro pezzo di sanità, via tribunali e sedi giudiziarie pletoriche, via le parti sociali e non se ne parli più.
Timida la resistenza – sussurrata e non confermata – di alcuni ministri e dei sindacati, nell’attesa di una reazione politica di qualsiasi tipo. Abbiamo finalmente compreso che la spending review serve a moltiplicare le manovre economiche e finanziarie tramutandole in operazioni di routine. Serve anche come alibi per i ministri tecnici, che hanno affidato ad altri tecnici il compito di fare ciò che loro stessi avrebbero dovuto fare. E i tecnici dei tecnici, nonostante la facies ferale, tentano pure di rassicurarci: Enrico Bondi ha chiarito che la revisione di spesa sarà parametrata a “linee mediane di virtuosità” e “frontiere di efficienza basate su spese pro capite di personale, costi e servizi con prezzi benchmark”. Questo esecutivo ama le linee mediane: le stesse con cui sarà valutata la produttività dei professori universitari, degli statali, dei medici, dei magistrati e di tutti quelli che verranno ritenuti obsoleti, superflui, potenziali dissipatori di risorse.
È iniziata l’era del cannibalismo sociale, scandita dal pareggio di bilancio in Costituzione. Sono ossessionata dalle mediane, dagli inglesismi mannari (la parola “benchmark” mi toglie il sonno), dalla fretta pericolosa con cui le riorganizzazioni strutturali stanno per abbattersi sulle nostre teste come la celebre flessibilità forneriana, rendendo flessibile ogni cosa. Sono spaventata dalle nuove frontiere di efficienza e dall’estro di cui parla un premier che di estro, tra l’altro, pare del tutto privo. Dietro un problema più piccolo ce n’è uno più grande che lotta per emergere: dietro i tecnici mani di forbice ci sono partiti allo sbaraglio, persi dietro alleanze improbabili, riorganizzazioni strutturali (senza spending review), correnti antipolitiche, liste civiche e un singolare senso di (ir)responsabilità. Dietro i tagli ci siamo noi, con la nostra vita quotidiana priva del necessario ma pronta a illuminarsi d’immenso perché non aumenteranno i prezzi per comprare il superfluo.