La malattia mentale cambia aspetto: non è più solo evidente stato di alterazione psichica e comportamentale, ma si nasconde dietro a fenomeni sociali molto diffusi e per questo spesso non considerati patologici. E’ quanto emerge dal congresso nazionale “La psichiatria del nuovo millennio: bisogni formativi, competenze cliniche e rischi professionali” organizzato dalla società dei giovani psichiatri della SIP (Società italiana di Psichiatria).
“La nostra specialità sta assistendo a un cambiamento epocale – spiega il prof. Eugenio Aguglia, presidente eletto della SIP – Non più solo schizofrenia, depressione, disturbi bipolari, ma uno scenario più sfumato, diffuso ma non per questo meno preoccupante. Osserviamo nuovi aspetti clinici da trattare come il diffondersi dei casi di gioco d’azzardo patologico, la shopping mania, cioè l’acquisto compulsivo di oggetti di cui non si ha realmente necessità, o ancora l’utilizzo eccessivo del web, persone che ‘vivono’ più su Internet che nella vita reale, mascherati dietro personalità inventate su Facebook”. Le competenze cliniche in psichiatria sono oggi molto diverse e più articolate rispetto al passato e i bisogni formativi delle ‘nuove leve’ notevolmente cambiati. Sono 7.500 gli psichiatri italiani chiamati ogni giorno a interpretare i nuovi disagi e le vulnerabilità che talvolta aprono la strada a vere e proprie patologie psichiatriche. “Siamo in continua evoluzione, con rinnovati obiettivi per la fine del 2010. – spiega ancora il prof. Aguglia – attendiamo importanti innovazioni per la categoria, come l’arrivo del nuovo sistema nosografico DSM V, per una sempre migliore definizione dei quadri clinici, al passo con i cambiamenti sociali.
Abbiamo, inoltre, la necessità sempre più forte di implementare la nostra collaborazione con gli altri specialisti, cardiologi, oncologi, internisti per affrontare il problema della comorbidità”. La depressione, ad esempio, è in continuo aumento: sono circa 60 milioni in Europa le persone colpite di cui oltre la metà soffre di una forma grave e invalidante. In Italia, un adulto su quattro nel corso della vita è interessato da un episodio di depressione maggiore, le donne più degli uomini (12,8% contro il 5,9%). Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la malattia rappresenterà nel 2020 la seconda causa di disabilità nel mondo, dopo le patologie cardiache. Un problema serio che coinvolge famiglie e mondo del lavoro e non di facile soluzione: una persona depressa su 3 lo è ancora dopo un anno, una su 10 deve continuare la terapia dopo 5 dal primo episodio, oltre la metà avrà una ricaduta nell’arco della sua esistenza.
da: http://www.vertici.it
Commento del Dott. Zambello
Riporto volentieri questo breve articolo anche se sembra una “nota di servizio” per gli addetti ai lavori. Credo che da esso si evinca chiaramente che é ormai sempre più difficile parlare di patologie esclusive della psichiatria, della medicina interna, dei cardiologi etc. Dopo decenni di spostamento della scuola di medicina italiana verso uno schematismo superspecialistico di tipo anglosassone si recupera, a partire proprio dalla clinica, una impostazione più olistica. In fondo questa é sempre stata la forza della nostra Università. I colleghi che andavano a lavorare all’estero molto spesso sapevano fare poco, pochissimo da un punto di vista specialistico ma avevano un buon bagaglio culturale che permetteva loro, una volta recuperato sul piano tecnico di avere una visione globale dell’ammalato che forse gli altri avevano meno. Bisogna però riconoscere che la psichiatria e forse anche la psicoanalisi, la psicologia in genere, era rimasta un po’ ai margini della medicina. L’istituto psichiatrico nasce a Parigi nel 1656, l’Hopital Generale viene così descritto da Foucault in ‘Storia della Follia nell’Età Classica’: “…..Si tratta appunto di uno dei primi ospedali destinati ad accogliere e “correggere” i folli e gli alienati, ma è in realtà l’emanazione di un’autorità assoluta che il re crea ai limiti della legge tra la polizia e la giustizia. Fin dall’inizio è evidente che non si tratta di un’istituzione medica, ma di una sorta di entità amministrativa dotata di poteri autonomi, che ha diritto di giudicare senza appello e di applicare le sue leggi all’interno dei propri confini……” Se ci può sembrare un po’ esagerata la descrizione di Foucault ci basti meditare su un dato: fino alla legge 180, legge Basaglia, il Direttore di un Istituto psichiatrico, manicomio, era l’unico che aveva diritto di dimettere o trattenere in ospedale l’ammalato. Nessuno poteva annullare la sua decisione, era il re assoluto. La stessa Psicoanalisi non ha avuto all’inizio vita facile, Freud non é mai riuscito, nonostante ci tenesse molto, ad avere una Cattedra Universitaria. Ora però, sembra che l’istituzione si accorga che non é più possibile parlare di mentale o fisico in modo separato ma dobbiamo, ognuno con la le sue competenze, avvicinarci al paziente accogliendolo nella sua interezza, mentale, fisica e aggiungerei io, spirituale e sociale. Il disagio si esprime servendosi di simboli sempre più universali.