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Spider-Man è triste, e si chiama Andrea

Creato il 09 maggio 2014 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1

Spider-Man è triste, e si chiama Andrea
"Mamma, andiamo al Mc che viene Spider-Man?".
In qualità di mamma tu rispondi: «Certo amore!». Poi però tutta una serie di turbe mentali iniziano a travolgerti, perché prevedi le domande che tuo figlio avrà in serbo. Tutte per te. E alle quali tu non puoi esimerti. E tu lo sai, e come spesso accade è questo, che ti spaventa di più dell'essere madre.
Dunque Spider-Man verrà oggi (che poi sarebbe ieri) alle cinque, mi pare un modo carino di passare il pomeriggio con i bimbi. Ho pensato. Andiamo!
Le domande iniziano a casa. La prima, quella con cui almeno un milione, ma che dico un milione, un miliardo di genitori, avranno avuto a che fare. "Mamma, ma è Spider-Man quello vero?". (Panico)-Be' amore, non è proprio quello vero vero vero. È uno Spider-Man delle feste per bambini, vedrai ti piacerà.
La risposta sembra essergli piaciuta.
"Mamma, ma è (si chiama) Peter Parker?".(ariPanico)-Forse si fa chiamare Peter, ma il suo vero nome non può dirlo perché deve tenere segreta la sua identità. Ricordi amore che anche Spider-Man (penso alla trilogia di Raimi vista trecentocinquantamilavolte, e al primo capitolo di Marc Webb) lo faceva?"Sì sì è vero mamma, allora non glielo chiedo come si chiama".-Bravissimo amore mio (fiera).
Da casa all'arrivo al Mc Donald's, circa un quarto d'ora venti minuti, le domande non sono cambiate, il suo interesse (il piccolino ha tre anni, ancora non elabora concetti filosofico-esistenziali come il fratello) ruotava soprattutto attorno alla veridicità di questo Spider-Man. Ma la cosa più curiosa è avvenuta poco prima di uscire di casa.
Sussurrando al mio orecchio. "Mamma, mi è sembrato, anzi sono sicuro, di vedere Spider-Man che piano piano con la ragnatela andava verso Pomezia. Andava al Mc capito?. Dobbiamo sbrigarci!".
Il mio sorriso calzava a pennello con la sua piccola storia, con quello sprazzo di fantasia che placa tutto. Tutto il resto del mondo. Me compresa.
Eravamo rimasti d'accordo dunque, io e mio figlio avevamo trovato il giusto compromesso. Nel frattempo il piccoletto in macchina provava con tutte le sue forze a rendersi partecipe: "Padmen, padmeeen".Arriviamo al Mc e, una cosa come duecento bimbi, ci attendeva nella piccola area giochi, quella che include (per intenderci) il famoso scivolo scendi-sali-arrampicati-famose male-che ce frega de mamma e papà. 
"Mamma guarda, è Spider-Man, è già arrivato".Ci avviciniamo e Luca non sta nella pelle, lo vedo con quegli occhi pieni di stupore, ma più che mai curiosi, una voglia di scoprire che si sente dal di fuori, è indecifrabile. Mi guarda come per dire: "mamma posso avvicinarmi?" Non appena annuisco e gli dico di andare corre felice verso quel super eroe, forse finto, forse male improvvisato, ma non importa. In quel momento contava solamente che c'era Spider-Man, e noi eravamo lì. Passa del tempo a fare piccole acrobazie, a coinvolgere i bambini, ribadendo ad alta voce "non lo fate voi a casa eh?". I bambini gli vanno dietro, poi ogni tanto si riposa, si allontana e le signorine del Mc regalano gadget. Finché un bambino non si avvicina all'orecchio dell'Uomo Ragno e gli fa la fatidica domanda."Ma tu come ti chiami?".(Tremo)
Sapete come ha risposto Spider-Man?"Andrea, mi chiamo Andrea".
Il cretino ha pensato che dicendolo a bassa voce, nessuno lo avrebbe sentito se non il bambino che aveva accanto. "Ah, si vede che non conosci i bambini caro il mio ragnetto". Ho pensato. I miei occhi vanno di corsa verso Luca, mio figlio. Lo vedo e capisco che qualcosa non va. Sta pensando, muove la gamba come quando si è in sala d'attesa o dal medico o prima di un esame universitario. Qualcosa lo urta, e sta per rivolgersi a me con una domanda ben precisa. Lo sento, quasi sempre mi sembra di poter anticipare le sue mosse. (Eh, l'istinto materno).
Mi viene incontro un po' perplesso. "Mamma. (Pausa). Ho scoperto che questo Spider Man non è per niente quello vero. Si chiama Andrea".Io non ho molto da dire in quel momento, se non un banale: "Va bene amore, ma alla fine cosa importa. Ti sei divertito con lui e gli altri bimbi? Hai fatto anche la verticale, sei stato super bravo!".
Mmm, non lo so. Non è mica tanto convinto. Era comunque il momento di andare, ero sola e facevo fatica a seguirli tutti e due, in mezzo a quella folla di bambini.
Di ritorno, in macchina, Luca pensava e a tratti vedevo un mezzo sorriso spuntargli sul viso. Poi si rimbruniva. Non volevo tornare sulla storia di "Andrea", volevo che l'affrontasse da se, e mi aspettavo la sua domanda. In quel caso avrei detto la mia. 
Prima di arrivare a casa però, la sua splendida conclusione viene fuori. In tutta la sua grazia, resa ancor più lieve da quelle primissime consapevolezze che fanno crescere. Le scoperte che non ti piacciono e provi a dominare, nonostante tutto. I bambini hanno questo dono, noi grandi no. Non più.
"Mamma, tanto lo so che non era Peter Parker. Primo, perché non ha mai sparato le ragnatele e poi (secondo), a quel bambino ha detto che si chiama Andrea". Si ferma e sorride. "Però sembrava quello vero lo sai ma'. Perché come Spider-Man non ha la bocca. E Spider-Man non ce l'ha, e non può ridere. Era triste come quello vero".
Io rimango di stucco, e mi capita sempre con mio figlio (e non perché sia mio figlio, anzi, so che tutti i bambini sviluppano una sensibilità che è quattro volte la nostra), quando mi spiega certe cose, come vede lui il mondo che lo circonda. Incredibile, perché di Spider-Man, così come di molti altri super eroi, mi affascina soprattutto l'angoscia legata alle responsabilità che un uomo "speciale", inevitabilmente, ha. Ma io ho quasi trent'anni, in teoria faccio il critico (ci provo), e mio figlio che non ha ancora sei anni, riesce con quella meraviglia negli occhi a cogliere il senso più profondo delle cose. 
Spider-Man è triste, e si chiama Andrea.

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