in collaborazione con
Fango, fatica, scontro fisico, cadute, forte competizione. Parafrasando Alessandro Baricco, “un assurdo spettacolare”. Uno sport che consiste nel “portare una palla nel cuore del territorio nemico”, fondato sul principio assurdo e perverso di passare la palla solo all’indietro”. Ecco il Rugby, nell’immaginario collettivo italiano.
Quale genitore sarebbe così irresponsabile da permettere ai suoi figli di praticarlo?
Eppure c’è chi non la pensa così, a partire dall’estero. In molte scuole, soprattutto anglossassoni, il rugby è una materia vera e propria, come storia o latino, parte integrante del programma educativo. In realtà, non serve neanche allontanarsi troppo. Pochi, infatti, sanno dell’eccellenza piemontese del Cus Torino Rugby, che oltre competere in serie A con il Cesin Cus, è una scuola sempre più strutturata, una comunità di famiglie, un progetto coltivato con impegno e passione.
Ma quindi il rugby è davvero troppo violento per i bambini?
Lo abbiamo chiesto a un’esperta, la dottoressa Sara Racalbuto, specializzata in Psicologia Clinica presso l’Ospedale Regina Margherita.
“Usare l’aggettivo “violento” è una connotazione errata. Il rugby usa l’aggressività, che è insita nell’essere umano. Bisogna riconoscerla, darle un significato, renderla, non solo, socialmente utile, ma performante, come, ad esempio, nell’atto di “arrivare alla meta”. Il rugby è una forma di educazione dell’aggressività. L’errore è negarla, perchè significa non saperla gestire quando, inevitabilmente, emerge.”
La dottoressa Racalbuto da tempo segue l’attività del Cus Torino Rugby supportando i laureandi o laureati Suism e gli psicologi che allenano i bambini.
Quindi perchè praticare questo sport fin da piccoli?
“La peculiarità del rugby sta nell’agevolare lo sviluppo sia della capacità di recupero, sia di un rapporto sano con la fisicità. Il contatto fisico è necessario e ben circoscritto da regole ferree, in più si gioca con una palla non tonda. Sembra banale, ma la forma ovale rende imprevedibile la direzione del pallone, fa sì che sia da rincorrere e non si possa controllare pienamente, ciò aiuta il bambino ad imparare a tollerare le frustrazioni.
Al Centro Sportivo “Angelo Albonico” di Grugliasco, sede del Cus Torino Rugby, abbiamo anche chiesto l’opinione di una mamma : “Ho conosciuto questo sport in Inghilterra, da ragazzina. Mi hanno colpito suoi valori, gli stessi che vorrei avessero i miei figli, perciò li ho portati entrambi, il primo ha cominciato a 8 anni e il secondo aveva 4 anni e mezzo. Avrei fatto lo stesso fossero state femmine, ho notato che anche le più timide alla fine si sciolgono, poichè è uno sport che non esclude nessuno, in cui si può vincere solo se tutti danno il loro contributo. Ciò che è forte nel rugby è l’aggregazione, ho giocato a pallavolo e vi garantisco che i legami sono meno forti. Poi, lo spirito di gruppo è anche tra i genitori, perchè l’approccio non è quello di ‘mollare’ tuo figlio e andartene, ma è di chi vuole restare, anche perchè l’atmosfera è accogliente”.
“Noi cerchiamo di dare il massimo in termini di offerta formativa.” ha affermato con orgoglio, assolutamente meritato, Raul Romano, Responsabile Rugby Junior Club Torino Propaganda 6-12 anni, che, si impegna, come il resto della dirigenza, a titolo puramente volontario nell’organizzazione delle varie attività. “Oltre alla gestione di Grugliasco e delle trasferte, abbiamo stipulato una partnership con la Circoscrizione 7, per offrire così altri orari e sedi per gli allenamenti e proponiamo attività estive. La Federazione Italiana, poi, ci ha premiati per i nostri successi, finanziando proprio a Torino un’accademia under 18, che, oltre a noi coinvolge l’Istituto Sociale!”
A frequentare l’accademia, partita questo settembre, sono i migliori 30 atleti piemontesi e liguri della categoria, un’opportunità unica in Italia. Il Rugby piemontese. Una sorpresa per molti, un’esperienza divertente e formativa per tutti, genitori compresi.
di Tatiana Zarik
Guarda dove praticare Rugby a Torino e dintorni