Che sia ben chiaro ministra Giannini, io non ho urlato, ma non mi piace sentirmi dire “”Ho certezza che tra i docenti ci sia un’inerzia diffusa e avverto il rischio che non vogliano partecipare al cambiamento “. E nel caso dovesse venirle in mente di ripeterlo in qualche suo show da campagna elettorale sarà mia premura, in quel caso, urlare per davvero contro la sua supponenza che nulla sa di scuola e nulla sa di docenti. Ché la buona scuola non è fatta di contentini “Ma ora i soldi sono lì, sette miliardi tra edilizia e riforma, i 500 euro da spendere in libri e teatro sono nero su bianco. E ci sono 100 milioni per i laboratori” e di visualizzazioni fittizie e contorte su un sito di stato “La consultazione sulla Buona scuola, noi, l’abbiamo fatta davvero. Via internet siamo entrati nelle case di due milioni di persone” ma la buona scuola è fatta da quelli che come me nella scuola pubblica statale vivono – ed è il caso di dire – lottano perché non ci possano essere differenze tra pari, non ci possa essere un preside unico padrone a fare e disfare, la buona scuola è quella dove un collegio docenti debba ancora contare qualcosa. Perché la buona scuola la fanno i docenti motivati da qualcosa di più solido che una ventilata valutazione del proprio insegnamento – sulla base di quali criteri, poi? La nostra motivazione, vuole saperla? La venga a cercare nelle nostre aule, tra i nostri ragazzi, la venga a cercare in un giorno qualsiasi dell’anno scolastico, Ché la buona scuola, suo malgrado e nonostante tutto, siamo ancora noi.