Finalmente un’analisi che non ti aspetti. Squinzi, all’insediamento in Confindustria, sembra rompere con il passato marcegagliano ed indica la rotta per la ripresa. “La crisi? per le imprese zavorre intollerabili”. E condanna la riforma Fornero, ma viene indagato per evasione fiscale…
Signore e Signori, tutti in piedi: finalmente arrivano i nostri! E se da un lato è quasi comprensibile che un senatore della repubblica, come Luigi Li Gotti, inveisca pesantemente contro la perfida barbarie sottesa alla riforma Fornero, appare quantomeno singolare che a bocciarla sonoramente sia Giorgio Squinzi, neoinsediato numero uno di Confindustria, dall’alto del suo pulpito.
Che ci sia ancora una volontà imprenditoriale di rilancio in Italia appare quindi cosa certissima, ma purtroppo a reggere le fila dei destini della nazione c’è una spietata lobby di banchieri che non ha consapevolezza di cosa significhi fare impresa, pur ergendosi al rango di esperta di economia e finanza, fiera dei propri titoli accademici di stampo albanese, verrebbe da pensare…
Dalle nostre parti amiamo dire che non basta mangiar la carne per dirsi macellai, benché l’appellativo possa essere riferito a diversi membri della compagine Monti, autentici squartatori del sistema sociale. Allo stesso modo, se è possibile dar credito a chi conosce esclusivamente la teoria, possiamo permetterci di rischiare e dar retta a chi di impresa ci vive da sempre, e che di certo può avere l’esperienza necessaria per giudicare un piano di rilancio economico che poggia quasi esclusivamente sullo sdoganamento del precariato.
Giorgio Squinzi si insedia ufficialmente a capo del “sindacato degli industriali” e prende le distanze da una riforma del lavoro che non viene considerata funzionale allo sviluppo e alla ripresa economica. Sotto accusa, non solo l’intollerabile pressione fiscale ormai prima in Europa, ma anche la burocrazia e il costo dell’energia elettrica, più caro qui che in ogni altra parte dell’Unione. Condanna l’evasione fiscale, come si conviene di questi tempi, ma non esita a sferzare lo “stato” sul pagamento dei debiti che ha con le aziende, dichiarando indispensabile la sinergia tra istituti di credito e governo, al fine di venire incontro alle realtà imprenditoriali che rischiano la chiusura a causa della mancanza di liquidità.
Ed è sul disegno di legge di riforma del lavoro, autentico capolavoro che avrebbe permesso a Freud di scrivere il secondo tomo della sua “Psicopatologia della vita quotidiana”, che Squinzi si esprime negativamente: è una riforma che non ci consegnerà un paese competitivo, è indispensabile rimuovere gli ostacoli che impediscono la ripresa che, ci duole dirlo, non passa solo per i licenziamenti folli che la Fornero vorrebbe far diventare legge. E poi, Confindustria, è fiera del proprio ruolo: rifiuta quindi qualsiasi forma di cogestione, così come previsto dal testo della riforma.
Quello di Squinzi è un attacco che sicuramente traccia una linea di demarcazione piuttosto netta tra le esperienze Montezemolo-Marcegaglia ed il nuovo corso di Viale dell’Astronomia. E’un paradosso tutto italiano quello che schiera gli industriali al fianco dei lavoratori (seppure animati da differenti intenzioni e diretti a finalità diverse)prossimi a perdere le garanzie dell’articolo 18.
Intanto per il nuovo presidente di Confindustria, si prepara una battaglia contro il fisco, che indaga sulla Mapei(la società di collanti in cui si concentrano gli interessi della famiglia Squinzi), guarda caso per evasione fiscale. Se la pensassimo come Salvini (LN) potremmo sicuramente parlare di complotto, ai danni di una nuova dirigenza degli industriali italiani che non esita a dire peste e corna di un governo che vuole legittimare il precariato con la cancellazione delle garanzie che hanno contribuito a fare dell’Italia un grande paese europeo fondato sul lavoro.