Magazine Cinema
Vivi solo.
Scegli liberamente la strada
e va dove ti conduce il tuo libero ingegno,
perfezionando i frutti dei tuoi diletti pensieri,
senza chiedere premi per la tua nobile impresa.
Essi sono dentro di te. Tu stesso sei il tuo giudice supremo: tu sai giudicare, più severamente di ogni altro, la tua opera.
Ne sei contento, o giudice esigente?
Uno "Stalker" è un esploratore e questo film ne è la sua storia. Un esploratore abbandona moglie e figlia e si unisce ad uno scienziato e ad uno scrittore per scoprire un paese lontano e proibito, quella che da subito e ossessivamente chiameranno "la zona", una stanza misteriosa, dove pare si esaudiscano tutti i desideri umani più reconditi.
Difficile parlare di questo film, difficile catalogarlo, perchè saranno i dialoghi a rapirvi. Non c'è azione, i personaggi sono spesso inermi, sdraiati, in silenzio, in ascolto. Un film che potete guardare anche ad occhi chiusi (senza addormentarvi però), ma la troppa radice "intellettuale" disturba, perchè c'è solo quella. Una guerra che nessuno vede, ma che solo l'artista, l'intellettuale, con la sua sensibilità, lungimiranza vede e combatte. Poi quando finalmente (dopo due luuunghe ore) si arriva nella Zona, c'è una grande scacchiera, ci sono i dadi e c’è un percorso.
Lo stalker sposato e padre di una bambina senza l’uso delle gambe, si incontra in un tetro bar con due clienti, uno scrittore etilista che ha perso l’ispirazione e uno scienziato tutto pieno di certezze. La loro meta è il cuore della Zona, la Stanza dove vengono realizzati i desideri. Se lo scienziato camminerà sui binari arrugginiti del razionalismo più piatto, lo scrittore s’interrogherà tra desiderio e avversione per la Stanza:“Supponiamo pure che io entri in quella stanza, divento un genio e ritorno nelle nostre città dimenticate da Dio. Ma l’uomo scrive soltanto perché si tormenta, perché dubita e perché deve continuamente dimostrare a se stesso e agli altri che davvero vale qualcosa. Ma se sapessi con certezza di essere un genio, perché dovrei continuare a scrivere? Me lo sa dire perché?”
L'incarnazione dell’idiota dostoevskijano, la cui “santità” risiede nell'essere fedele fino alla disponibilità nei confronti degli altri, si riflette nella figura dello Stalker che personifica la preghiera, la fede, la credenza sulla parte recondita e spirituale dell’uomo. La mancanza di fede da parte del fisico e dello scrittore manderà in crisi il compito dello Stalker: “Ma gente così può credere a qualcosa? Nessuno crede più, non soltanto quei due. Chi posso portare là? Oh Signore! E la cosa peggiore è che non serve a nessuno. A nessuno serve quella stanza e tutti i miei sforzi sono inutili”.
La debolezza apparente che anima lo Stalker è in realtà concepita da Tarkovskij come una virtù: perchè non spinge mai a voler sottomettere l’altro e ad utilizzarlo per la realizzazione dei propri intenti. Non a caso, la debolezza sarà palesata durante il film con i versi originariamente tratti dal Tao tê ching di Lao Tzu: “Quando nasce, l’uomo è tenero e debole; quando muore, è duro e rigido (forte). I diecimila esseri, piante e alberi, durante la vita sono teneri e fragili; quando muoiono, sono secchi e appassiti. Perché ciò che è duro e rigido (forte) è servo della morte; ciò che è tenero e debole è servo della vita.”
Armatevi di pazienza, tutto qui è lasciato al libero arbitrio e alla vostra immaginazione, cos'è la zona? Forse un posto governato da misteriose energie aliene,un luogo "neutro", esterno alla vita ordinaria, al contesto sociale che circonda la vita di ciascun uomo in cui occorre con la meditazione saperci arrivare?
La "Zona" cambia continuamente, si evolve, si modifica negli elementi naturali che la compongono (compresi gli eventi atmosferici) perché rispecchia i moti dell'animo di chi vi si addentra. E smaschera i suoi fantasmi, le sue angosce. Potrebbe essere una trasposizione della seduta di una psicanalisi, dove si vede riflessa la propria interiorità e ne si subiscono gli effetti.
La Guida, l'Arte e la Scienza ad accompagnarci in questo viaggio quasi dantesco dei regni celesti prosegue con metafisica lentezza, al limite del ralenty e di silenzi lunghissimi, per scoprire il proprio inconscio, le proprie paure. Un cammino spirituale contrastato dagli scetticismi della Scienza (il professore di Fisica vuole spesso interrompere questo cammino)fino alla fanciullesca stanza dei Desideri, quella dei giochi, fatta di ceste piene di giocattoli da versare e lasciar ciondolare e rotolare per tutto il pavimento.
Quando si arriva alla Stanza, dopo essere sopravvissuti ai cambiamenti e alle trappole della "Zona" del proprio animo, si dovrebbe essere pronti a varcare la sua porta e a mostrarsi per quello che si è. Una sorta di giudizio universale, è Dio che si dovrebbe incontrare? Tarkovskij del resto era un ortodosso e la Stanza, si dice spesso nel film, renderà giustizia e punirà gli esseri avidi, corrotti, meschini.
"La 'Zona' lascia passare soprattutto gli infelici, coloro che non hanno nulla e il cui cuore è perciò rimasto puro, quelli che hanno fede, che non hanno smesso di sperare, quelli che credono in qualcosa:"La rigidezza e la stabilità, nella loro ottusità, sono compagne della morte, mentre la debolezza e la fragilità esprimono la freschezza dell'esistenza."
Forte l'insistenza sui primi piani dei protagonisti che parlano, talvolta interpellando direttamente lo spettatore con lo sguardo, inquietandoti, spesso ho avuto l'impressione che parlassero direttamente con me (!!!).
Molti gli oggetti sparpagliati alla rinfusa in varie parti della "Zona" alla Giorgio De Chirico.
Insomma vi consiglio questo film solo se siete indenni all'angoscia, perchè ipnotizza e distorce l'animo soprattutto per via delle sonorità vibranti dei dialoghi. Ma un gran bel film.
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