Giornalisti contrattualizzati che “cucinano” i pezzi scritti da collaboratori sottopagati, ormai gli unici a portare notizie in redazione. Editori sempre meno puri e sempre meno interessati all’informazione. Testate giornalistiche che si spartiscono il territorio: tu al nord, io al sud, così non ci facciamo male e se possibile ottimizziamo anche le spese di stampa. La perdita di qualità e credibilità della professione giornalistica è sotto gli occhi di tutti: campagne di stampa populiste, poco approfondimento, minoranze estromesse dai dibattiti, testate online che pubblicano pezzi improponibili pur di aumentare gli accessi e il numero di mi piace. Ma che ruolo può avere la stampa cattolica questo contesto di crisi economica e morale in cui è sempre più forte la necessità di giornalisti trasparenti, onesti e indipendenti che offrano ai lettori notizie certificate e veritiere? Del ruolo dell’informazione cattolica, quella che per mission dovrebbe mettere i valori etici al servizio della professione giornalistica, si è dibattuto ad Oristano nel corso della Giornata regionale delle Comunicazioni sociali, organizzata dall’Ordine dei Giornalisti della Sardegna insieme all’Ucsi, l’Unione della Stampa Cattolica, e alla Federazione dei settimanali cattolici (Fisc).
La stampa cattolica in Sardegna
Manca ancora in Sardegna un’agenzia di stampa regionale in grado di elaborare le notizie sul mondo episcopale sardo, manca una organizzazione regionale in grado di coordinare le diverse realtà esistenti e sfruttare al meglio le poche opportunità presenti nell’isola (per non andare lontano ed essere molto prosaici, sfruttare i finanziamenti indirizzati all’editoria non a scopo di lucro). Soprattutto, la stampa cattolica isolana è ancora in gran parte legata al volontariato e troppo poco al professionismo giornalistico, diversamente da quanto avviene in altre parti d’Italia.
Invece, come ha sottolineato il segretario nazionale della Fnsi Franco Siddi, in Sardegna come nel resto d’Italia c’è una fortissima necessità di giornalisti motivati e competenti, in grado di discernere e comprendere i problemi. C’è necessità di un giornalismo etico che, andando al di là delle distinzioni di fede, lingua ed etnia, cerchi di abbattere i muri e costruisca ponti per creare dialogo e rispetto.
Come? Semplicemente fornendo un’informazione genuina e onesta perché le persone formino la loro libera opinione. “C’è l’esigenza di un giornalismo sano – ha detto Siddi – che semplicemente racconti le notizie con correttezza e verità senza essere in guerra con nessuno”. Oggi, ha spiegato il segretario Fnsi, tra gli editori prevale la cultura del taglio. Si cerca di combattere la crisi tagliando teste, mani, intelligenze. In un anno in Italia si sono persi 950 posti di lavoro su 17mila giornalisti. E cresce lo sfruttamento del lavoro giornalistico: si lavora gratis, con la speranza che alla fine l’editore, mosso a compassione, ti assuma.
Ma cosa può fare la stampa cattolica in questo panorama di crisi?
Forse creare qualche posto di lavoro in più vista la crisi del settore? Forse fare maggiore formazione all’uso delle nuove tecnologie? Forse fare rete per provare ad unire una Sardegna divisa da mille campanilismi, raccordando territori diversi ma pur sempre parte di un’unica realtà?
La strada, è stato detto da più parti, potrebbe essere quella di un’agenzia di coordinamento che, lungi dall’eliminare le importanti e differenziate realtà locali, le metta in rete, le valorizzi e ne amplifichi la voce. D’altronde, ha evidenziato il presidente dell’Ucsi Sardegna Mario Girau, già negli anni del Piano di Rinascita i Vescovi sardi avevano posto seri dubbi sul processo di trasformazione della Sardegna negli anni Cinquanta-Sessanta, poi rivelatosi disastroso per la nostra regione. Dubbi sicuramente non ascoltati adeguatamente. Girau ha poi ricordato una meteora della stampa cattolica isolana, il periodico “Incontri e prospettive”, uscito nel 1972: durò solo 5 mesi ma riuscì ad esprimere efficacemente il “dissenso cattolico”.
Nonostante da anni si tenti di percorre la strada di un coordinamento regionale della stampa cattolica isolana, questa continua ad avere molti ostacoli soprattutto interni alle varie realtà diocesane. Eppure in questo periodo sarebbe quantomai opportuno che la stampa cattolica costruisca spazi per esprimere liberamente il suo pensiero, la sua visione della società e della politica. Senza paura di sporcarsi le mani, con strumenti normali e unendosi per affacciarsi in piena libertà e autonomia sul mercato editoriale. Magari avvalendosi di professionisti e non soltanto di volontari.
E’ sintomatico, come ha evidenziato Francesco Birocchi, presidente dell’Assostampa sarda, che in un periodo di crisi eccezionale della carta stampata, il quotidiano della Cei, Avvenire, sia l’unico che nei tre anni dal 2010 al 2012 abbia aumentato di oltre il 10% le tirature. Anche Filippo Peretti, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna, ha sottolineato l’esigenza che la stampa cattolica metta insieme le forze per incidere maggiormente nella realtà isolana. Magari, molto praticamente, con pagine e stamperie comuni in modo da ammortizzare i costi.
I nuovi media, d’altronde, aprono enormi praterie. Ognuna delle Diocesi sarde ha attualmente un sito internet che viene aggiornato quotidianamente, il 70% dei sacerdoti diocesani ha un account su Facebook.
L’importante, ha spiegato nella sua relazione Claudio Giuliodori, presidente della Commissione per le Comunicazioni sociali della Cei, è tenere alto il livello etico anche nell’era digitale. Dando una spiegazione esegetica del messaggio di Papa Francesco alla Giornata delle Comunicazioni sociali alla luce dell’esortazione Evangelii Gaudium, Giuliodori ha ricordato che il Pontefice preferisce una Chiesa “accidentata” che utilizza consapevolmente i media e corre il rischio di sporcarsi con il fango delle strade digitali a una Chiesa autoreferenziale e lontana dalla gente.
Con una metafora azzeccata il vescovo Giuliodori ha parlato anche della necessità di un “depuratore etico” che, in mezzo al tanto fango presente oggi sui mass media, contribuisca ad offrire una comunicazione autentica e veritiera in tutti i campi della società: politica, cultura, sport e quant’altro. Un’immagine molto simile a quella utilizzata tanti anni fa da Enzo Biagi per definire il suo giornale (“Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata”).
Insomma, per la stampa cattolica la strada non può essere che quella di mettere al primo posto l’etica, il dialogo e l’apertura al mondo esterno. Ma per percorrerla, come ricordava don Tonino Bello, ci vuole molto coraggio: il coraggio di andare controcorrente.
CRISTIANI SOVVERSIVI (di don Tonino Bello)
Non fidatevi dei cristiani “autentici” che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani “autentici sovversivi” come san Francesco d’Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire.
Il cristiano autentico è sempre un sovversivo.
Uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente.