Anna Lombroso per il Simplicissimus
Si, fa caldo, ci sono pochi quattrini, in tanti non parlamentari hanno rinunciato alle ferie. Beh poco male se così non si corre il rischio di andare a cercare un po’ di fresco fuori Roma, magari in un paese un più grande di Piovarolo, nella Valle dell’Aniene. Se così non si partecipa a Affilestate, la “season” di Affile, ridente cittadina circondata dai Monti Affilani in una posizione panoramica da cui si gode lo spettacolo della valle sottostante. Il territorio comunale si sviluppa intorno ad un centro abitato con quote altimetriche che variano dai mt. 684 del centro storico ai mt. 420 s.l.m. delle frazioni che scendono lungo i fianchi del centro abitato con una estensione di Kmq. 15.03 con 1711 residenti, c’è da immaginare irriducibilmente nostalgici. La stagione calda, subito dopo l’inaugurazione del campo di bocce, è stata inaugurata a maggio da una toccante cerimonia, la consegna alla valente gente di Affile del busto bronzeo dell’On. Almirante culminata nella presentazione dell’opera d’arte nell’omonima piazza. Presenti alla cerimonia Donna Assunta, Giuliana de Medici, gli onorevoli Francesco Storace, Luca Romagnoli, Francesco Lollobrigida, Tommaso Luzzi, Roberto Buonasorte e i senatori Giuseppe Ciarrapico e Domenico Gramazio.
Ma è culminata ieri11 agosto nella fiera e commovente festa di “Inaugurazione del Parco Radimonte” che come recita la locandina dell’avvincente iniziativa, è iniziata con il Raduno in P.zza San Sebastiano, seguito dalla Conferenza di Don Ennio Innocenti “Memoria del Generale Rodolfo Graziani”, dalla deposizione della Corona presso la tomba del Maresciallo, dalla più che opportuna Santa Messa e dagli interventi delle autorità e si è conclusa con cena a buffet e spettacolo musicale.
La cittadina è orgogliosa del suo figlio più illustre, Rodolfo Graziani: Maresciallo d’Italia e viceré d’Etiopia, che commemora come «uno dei protagonisti dei burrascosi eventi che caratterizzarono quasi mezzo secolo della storia italiana». È in Libia che Graziani mostra la sua vocazione di protagonista del secolo breve e disumano, praticando procedure sanguinose di repressione, trasferimenti coatti, massacri collettivi, che poi trasferisce con più brutalità in l’Etiopia, anche impiegando in maniera sistematica e indiscriminata i gas., distruggendo Addis Abeba, trucidando migliaia di etiopici e massacrando la comunità copta, vescovo compreso, con buona pace di Don Ennio Innocenti. Una volta terminato il conflitto, la United Nations War Crime Commission lo colloca al primo posto nella lista dei criminali di guerra italiani. Nel giugno del 1948 viene processato e condannato a 19 anni di reclusione, ma tra amnistie e condoni, 17 anni vengono condonati. Così malgrado la tardiva abiura del duce e redento da due anni scarsi di galera il fascista resta irriducibilmente tale, aderendo al Movimento sociale italiano di cui diventa presidente onorario lasciandolo solo alla fine dei suoi giorni.
Graziani fu anche quello che nel 1944 si mise al fianco dei tedeschi sotto la guida del generale Albert Kesselring che comandava il fronte italiano. Ma quel monumento, quello che avremmo dovuto erigere “col silenzio dei torturati, più duro d’ogni macigno, soltanto con la roccia del patto giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo”. Si quel monumento che avremmo dovuto innalzare al Camerata Kesserling a imperitura memoria dell’infamia e perché non si ripeta, lo hanno costruito, con nostri soldi, – della Regione Lazio che ha stanziato 180mila euro – e di marmo, in quel parco di un paese del territorio gentile intorno a Roma, e dedicato a Graziani.
Il figlio più insigne di Affile – dove peraltro non è nato e è stato per poco tempo forse di passaggio come Garibaldi in ogni contrada italiana – è celebrato nel posto d’onore tra altri cittadini che hanno fatto grande il comune, nel sito istituzionale, insieme al capitano di ventura Persio Floriano, qualche studioso di lettere, un chirurgo addominale, qualche prelato e appena più su di Luigi Ciuffa, storico sindaco che per oltre quarant’anni ha rivestito la prestigiosa carica tra le fila del Movimento Sociale Italiano.
I giornali che hanno riportato la notizia del lieto evento di inaugurazione del sacrario, non ci informano se per caso qualche affilese abbia espresso il suo dissenso, se qualche cittadino abbia manifestato pubblicamente la sua vergogna, se a qualche anziano sia sovvenuta una memoria dell’infamia per avervi assistito o qualche giovane abbia sentito l’oltraggio di una grande opera destinata a commemorare l’onta.
Forse la disapprovazione c’è stata ma non fa notizia, da quando la nostra nazione ha deciso che era preferibile dimenticare nella nebbia miserabile della pacificazione, da quando i partiti della sinistra hanno pensato che era desiderabile trovare una disinvolta unità di intenti con i nemici di un tempo, alleati nella difesa di interessi privati, nella conservazione di rendite di posizione, nella tutela di privilegi.
Forse invece non c’è stata perché è più moderno non essere né di destra né di sinistra, né fascisti né antifascisti e nemmeno più cittadini, sperando di ridiventare consumatori e dopo aver smesso di essere lavoratori per finire come schiavi.