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Stefano Cucchi “suicida” di Franco Bifani
Se Stefano Cucchi fosse stato un giovane bamboccione, figlio di mami e papi VIP, in abbigliamento griffato, magari a bordo di una Ferrari o di una Porsche, difficilmente le forze dell'ordine lo avrebbero massacrato, dato che capita che lo facciano, troppo spesso, solo con i poveri cristi.
Ma i giudici, scutrettolanti per i corridoi e le aule dei nostri tribunali, armati di costosi borsoni di cuoio grasso, con questa correttissima sentenza di generale assoluzione Urbi et Orbi, ci hanno fornito un’altra prova incontrovertibile sul fatto che non esistono mele, o pere, marce nelle forze dell’ordine, così come fra i medici e paramedici. I perbenisti e i benpensanti ripetono che le sentenze si devono rispettare. Però, le aule di Tribunale non possono nemmeno diventare teatrini disgustosi di farse contraddittorie, come accade quando, sugli stessi fatti, -vedi anche il delitto Kercher di Perugia- il giudizio susseguente smentisce e ribalta il processo precedente. Per l’accusa, Stefano Cucchi è morto in carcere, di botte e di stenti, per il primo giudice, di fame e di sete, per la Corte d’Assise, neanche di quello. Si è, quindi, suicidato, secondo la versione che ci vorrebbero ammannire: Cucchi si sarebbe lasciato morire di inedia. Se medici e infermieri hanno una colpa, è quella di non avere insistito, con la forza, per imboccarlo, o anche con la dolcezza: “Aaamh, un bocconcino per la mamma! Aaamh, un altro per la sorellina e per papà!...”. Costoro hanno solo una «responsabilità morale», ammette persino Fra' Savonarola da Modena, detto anche il Giovanardi. Ed anche le foto del cadavere sono tutte truccate, con una specie di maligno photoshop? Purtroppo, abbiamo, fin d’ora, la sola certezza che nessun magistrato pagherà per il suo errore, come da copione secolare. Ma non solo: il soave portavoce di un sindacato dei poliziotti carcerari, tra i colleghi supporter, che mostravano il dito medio alzato, ha osato sentenziare, di fronte alla morte impunita di Cucchi: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute e conduce una vita dissoluta, ne paghi le conseguenze». Infine, come si fa, in certi determinati casi, a condividere l’ipocrita consuetudine di accettare, passivamente, le sentenze, soprattutto quando sono evidenti le manipolazioni da Azzeccagarbugli, di abili avvocati difensori, tutti provenienti da certe correnti politiche? Io, sono personalmente disgustato da questa sentenza e non posso che manifestare solidarietà e partecipazione al dolore dei famigliari, avviliti e derisi, del povero ragazzo, ennesima vittima della violenza da parte di malefiche frazioni delle cosiddette forze dell'ordine.
Franco Bifani
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