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Stefano GUGLIELMIN – C’è bufera dentro la madre

Creato il 10 giugno 2011 da Fabry2010

Stefano GUGLIELMIN – C’è bufera dentro la madre

3.
capisce quando la vita svacca. ne sente il crepo destro
e il sinistro. cura per questo la piaga che è sua, salta di lato.
poi la sera, in groppa al leone che è stato, sfila la calma dal chiodo
la scuce, mentre dorme, una ventina di femmine gli stira le pieghe
gli alza il livello del mare.

8.
cura col maglio il rischio d’impresa e con metafore vive:
sangue che gira dove non sa, e cresce. annusa il tractatus
ci pesca un dedalo nuovo dove posare la pietra. dove pensare.
il meglio lo intaglia dal verbo, il peggio, dalla scatola
in cui semina vento. e nazione, se lievita male.

21.
la caccia grossa l’ama distesa sul piatto. tanti amici tordi
intorno, e l’animale spolpato. il re, la sua corte e il resto
del corpo cotto. fa festa a tutti, mangiando.
e mentre la tata sparecchia, lui regola i piani agli assessori
unge le buste ai tavoli.

22.
seduto sul suv squadra la sera, là dove la fabbrica chiude.
c’infila denari in quella diletta cruna e, di rado, un larvale
tormento: sugo di famiglia perbene, pensa, pasta contadina.
ci passa il pane, allora, l’asciuga. prepara la pista
ai quaranta ladroni.

24.
anche se vuota, la fabbrica pulsa. un affetto sconsolato
gli tocca la tasca, a vederla. padania, dice, è parola di falce
e valigia. cosa migrante. se dunque togli il foresto, aggiunge
resta un pieno di salute pura in città, un callo dove l’arido
abbaglia.

30.
dichiara una cosa per volta, come: qui io, oppure
ogni mia scelta, e: mai abbastanza guadagno, mai tremato
però. adesso che c’è bufera sin dentro la madre
qualcosa gli zoppica, tuttavia, sa che solo dormendo
può seguirne le tracce, capire quale piede manchi.

34.
se dalla luna, lui, portasse indietro un grammo di ragione
o il suo lume. se studiasse i modi finiti e infiniti di spinoza
e vi scavasse dentro una pozza di vita vera. se insabbiasse
il perno che lo lega alla pancia del denaro, se ogni tanto
si girasse come l’angelo di klee. se inorridisse.

37.
semina piombo intanto, ma non si vede. lo copre col bene comune
infatti, e un assegno sotto il tavolo: smussa gli angoli al naufragio
lasciando così i cocci ai ciechi. figli suoi e dei cosi
che lui chiama gente, tutta roba che parte per discariche e tombini.
quando passeggi, guarda altrove: le altre spose, gli orti…

39.
a proposito del sesso. e del frutto al petto suo denaro. a proposito
della ciliegina sulla tomba e dell’angelo che sfoca la sua foto.
a proposito di lui, che suona le parti e fa bottega, di lui, fratello,
e di me, a proposito di noi e della faccia che mette lui per me.
a proposito di questo, ora, torna indietro, e rileggi.

*

Stefano GUGLIELMIN
C’è bufera dentro la madre
L’arcolaio (Forlì, 2010)
Prefazione di Cristina Annino

L’ultima raccolta di Stefano Guglielmin (“C’è bufera dentro la madre” – L’arcolaio 2010) sembra tracciare, con occhio puntuto ed ironico, un tipo antropologico d’un luogo e di un tempo definito. Un perfetto paradigma di cui, con sapienti pennellate, ci viene indicata la morale (“lui regola i piani agli assessori/unge le buste ai tavoli.”; “c’infila denari in quella diletta cruna”; “se dunque togli il foresto, aggiunge/resta un pieno di salute pura in città, un callo dove l’arido/abbaglia.”; “semina piombo intanto, ma non si vede. lo copre col bene comune/infatti, e un assegno sotto il tavolo”), la postura “(seduto sul suv squadra la sera, là dove la fabbrica chiude.”; “dichiara una cosa per volta, come: qui io, oppure/ogni mia scelta, e: mai abbastanza guadagno, mai tremato/però.”), il cinismo (“il re, la sua corte e il resto/del corpo cotto. fa festa a tutti, mangiando.”; “smussa gli angoli al naufragio/lasciando così i cocci ai ciechi. figli suoi e dei cosi/che lui chiama gente, tutta roba che parte per discariche e tombini.”
Con distacco descrittivo Guglielmin ci mostra l’apparente normalità d’un paesaggio desolato, le sue vittime sacrificali, in filigrana, ed i suoi carnefici mentre si guardano intorno, con calma indifferenza, certi d’una dovuta buona sorte; ché è questione di stoffa, di selezione naturale, e mai, per questo, ci ci deve dare per vinti, pur tra cadaveri di maestranze e di colleghi imprenditori, concorrenti. Il mondo è così, non può che essere così, e prima lo si comprende e meglio è, sembrano infatti dire.
Il poeta perviene a questi quadri concisi e omogenei, nella loro misura – lasse di cinque versi non lirici – con un lavoro accorto sulla lingua, la cui sintesi e concentrazione, come in un file compresso, esige l’attesa paziente della sua riespansione. Cristina Annino, nella sua prefazione, parla di “poesia percussiva che sottrae all’orizzonte spazio, creando invece un immaginabile tetto-limite-cornice contro cui le parole sbattono il loro significante per poi riabbassarsi; movimenti ripetuti e cortocircuitati che costituiscono la bufera semantica per l’effettiva bufera che Guglielmin sta mettendo in scena.”

*

Nota bio bibliografica

Stefano Guglielmin è nato nel 1961 a Schio (Vi). Laureato in filosofia, insegna presso il locale liceo artistico. Ha pubblicato le sillogi poetiche Fascinose estroversioni (Quaderni del gruppo “Fara”, 1985), Logoshima (Firenze Libri, 1988), come a beato confine (Book editore, 2003), La distanza immedicata / the immedicate rift (Le Voci della Luna, 2006), il foglio d’arte Il frutto, forse (Arca Felice, 2008), Erosioni, in Dall’Adige all’Isonzo. Poeti a Nord-Est (Fara, 2008) ed i saggi Scritti nomadi. Spaesamento ed erranza nella letteratura del Novecento (Anterem, 2001), e Senza riparo. Poesia e finitezza (La Vita Felice, 2009). E’ presente in alcune antologie, fra le quali Il presente della poesia italiana, curata da C. Dentali e S. Salvi (LietoColle, 2006) e Caminos del agua. Antologia de poetas italianos del segundo Novecientos, a cura di E. Reginato (Monte Avila, 2008). Suoi saggi e poesie sono usciti su numerose riviste italiane ed estere e su siti web. Gestisce il blog di poesia Blanc de ta nuque (www.golfedombre.blogspot.com  ).



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