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Assolve al suo compito con meticolosità quasi compulsiva finché un giorno il suo capo gli dice che per ragioni di contenimento dei costi la sua opera non è più necessaria e sarà a breve licenziato.
Prima di lasciare tutto c'è però da chiudere la pratica di un certo Billy Stoke , un uomo che praticamente gli abitava di fronte, morto in solitudine e che lui, per ironia della sorte neanche conosceva pur essendo un suo vicino di casa.
Scopre che Billy Stoke aveva una figlia, Kelly e con lei John May sembra voler andare oltre la cortesia professionale che il suo lavoro impone. E anche lei sembra gradisca.
Ma il destino ha riservato per lui una sorte assai beffarda.
Still life, ovvero come fare cinema italiano mettendogli abiti internazionali, inglesi in questo caso.
Strana la sorte di Uberto Pasolini, nipote di.....Luchino Visconti( non è uno scherzo, verificato su imdb.com), produttore di fama internazionale che un bel giorno si è messo a scrivere e dirigere film.
Due per l'esattezza: Machan del 2008, una commedia etnica piuttosto solare e divertente pur tra sprazzi di immancabile malinconia e questo Still life del 2013, la storia di un uomo meno che qualunque che cerca di sentirsi vivo attraverso la morte degli altri e il servizio che compie a loro favore dopo la dipartita da questa terra.
Lo stesso titolo si presta a molteplici interpretazioni: può essere tradotto con Ancora vita oppure con Vita Ferma , oppure può essere inteso come l'atto di scattare un'istantanea o anche e presumo che questa sia l'interpretazione più corretta ( Pasolini stesso ha parlato di aver scelto un titolo volutamente ambiguo) può essere tradotto con Natura Morta.
E in un certo senso è così: è un film che parla di morte attraverso un protagonista che non diresti che è l'epitome della vita, è girato con colori tenui, ha un ritmo placido, è un film silenzioso che quasi bisbiglia le sua battute, è un qualcosa che sa essere delicato e terribile allo stesso tempo.
Indubbiamente la sua carta vincente è la faccia e il corpo di Eddie Marsan, caratterista presente in parti di contorno in millemila film, con lineamenti talmente caratteristici che è immediatamente riconoscibile, che qui finalmente assurge al ruolo di protagonista dimostrando di averne la stoffa.
E che stoffa!
La sua faccia asimmetrica quasi da quadro del Picasso cubista, quel corpo tarchiato, pure un po' sgraziato, quel modo di muoversi così strano lo rendono una specie di cartone animato vivente che pur muovendosi al minimo della velocità sembra risaltare per dinamismo nel mondo immoto che lo circonda.
Ha bisogno di una ragione per sentirsi vivo, John May, una vita che più grigia e desolata non si può e allora cerca di mettersi al servizio degli altri, di altri che non conosce che senza la sua opera sarebbero miseramente dimenticati.
E quando il piccolo , sgraziato John vede uno spiraglio di luce nel suo mondo di tenebra popolato solo di ombre, quando sembra poter finalmente affrancarsi da quella solitudine perniciosa che lo accompagna da mane a sera , tutti i santi giorni, allora arriva un sorriso a illuminargli quel volto che ricorda un po' un'opera d'arte moderna, un lampo passa per quegli occhietti sempre semichiusi forse per non incamerare troppa luce.
C'è la felicità lì a portata di mano e a lui sembra di poterla sfiorare, toccare addirittura con un dito.
Sembra.
Still life è il classico film da vedere con il mood giusto, di una tristezza indicibile anche se il finale si arma di favola per rendere più metabolizzabile il tutto.
La messa in scena minimale, quasi spartana è necessaria per rendere più credibile quel mondo dai colori spenti e quel cielo color piombo che circonda un protagonista piccolo piccolo eppure di una statura morale eccezionale.
Still life è anche una riflessione sulla memoria che sarà conservata dal sepolcro, sul dover scomparire dalla faccia della terra e dopo qualche anni anche da sotto di essa.
Tutti in un limbo a sperare che qualcosa di là ci aspetti......
( VOTO : 7,5 / 10 )
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