Steampunk. Tommaso Pincio, Lo spazio sfinito, Roma, Minimum Fax, 20102
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di Giuseppe Panella*
Anche se Il tempo sfinito (già uscito per i tipi della Fanucci di Roma nel 2000 e qui riproposto in una versione rimasta inalterata) non è certo ambientato nell’Inghilterra vittoriana e neppure nell’Ottocento, è difficile, se non impossibile, definire altrimenti questo romanzo così anomalo di Tommaso Pincio. Anomalo fin dal nome del suo autore (italianizzazione un po’ reboante quanto grottesca di un nome e cognome sconosciuti ai più) e anomalo nell’ambientazione – un 1956 di cui, a un certo punto, a p. 61, quasi a metà del libro, vengono elencati gli eventi straordinari e le scoperte realizzate come pure talune bizzarre invenzioni tra cui “i primi orologi senza numeri”).
Anomalo anche lo svolgimento della vicenda con casualità assolute e incontri di anime altrettanto improbabili. In quell’ annus mirabilis, Jack Kerouac chiede un posto come controllore spaziale degli spazi orbitali in concessione alla Coca-Cola Enterprise per un turno di nove settimane (il riferimento storico al periodo di nove settimane come “controllore del fuoco” iniziato dallo scrittore americano sul Desolation Peak nello stato di Washington e mai completato è palese – l’esperienza di quei giorni sarà poi utilizzata per la redazione della prima parte del romanzo Desolation Angels pubblicato nel 1965). Il compito di Kerouac sarebbe consistito, in effetti, nel “non fare niente”: controllare che non ci fossero intrusi nello spazio orbitale della Coca-Cola (un “piccolo monitor situato sopra due tasti azzurri” lo avrebbe segnalato) e verificare che i led del pannello centrale fossero accesi testimoniando così che i rilevatori funzionassero. Per accettare la richiesta di lavoro di Kerouac, tuttavia, era necessario che lo scrittore firmasse una liberatoria che sollevasse la società che gli aveva offerto il lavoro da ogni responsabilità sul suo destino durante il suo espletamento. Questa condizione era tassativa – chi non firmava non avrebbe avuto nessuna possibilità di lavorare con la Coca-Cola. Il direttore del personale della società americana, divenuta ormai potentissima e decisa a conquistarsi una fetta sempre più vasta di mercato, si chiama Arthur Miller: è tirannico con il personale e la moglie, sempre nervoso e spesso collerico e il suo matrimonio con Norma Jean Mortensen sta naufragando nonostante essi abitino in un monumento storico dell’architettura americana e cioè nella “casa sulla cascata” (o Casa Kaufmann) costruita seguendo le indicazioni di Frank Lloyd Wright in un arco di tempo che va dal 1935 al 1939. Marilyn Monroe, invece, lavora in una libreria della catena Quantum come “orientatrice” dei clienti e ostenta un magnifico sorriso con la “bocca specchiante” (quella che sarà poi immortalata da Andy Wahrol nel 1962 dopo la sua immatura scomparsa per suicidio). In quella libreria si reca Jack Kerouac prima di partire per la sua missione spaziale insieme all’amico e mentore Neal Cassidy per comprare un atlante stellare che lo scrittore di Lowell avrebbe potuto consultare “nei momenti di buco” tra un’esplorazione siderale e l’altra. Nonostante un piccolo tafferuglio dovuto all’impetuosità di Cassady, subito invaghitosi della bellissima donna, il libro viene acquistato. Si rivelerà diverso da quello richiesto (al posto dell’atlante delle stelle Kerouac troverà un inesistente Storia e passatempo. Il caso Sigmund Freud attribuito allo storico francese Marc Bloch, uno dei fondatori della celebre rivista Les Annales) e susciterà nello scrittore perso nello spazio una serie di inquietanti interrogativi sulla natura della Storia. Ma l’acquisto del libro causerà una crisi sentimentale in Cassady che si convincerà dell’amore di Marylin per lui: sicuro che la donna gli abbia lasciato “un segno” del suo amore anche se non lavora più nella libreria Quantum (da cui è stata licenziata per via della “bocca specchiante” troppo audace per l’epoca), troverà quel segnale inconfutabile nel numero stampato sullo scontrino d’acquisto del libro che l’amico di Kerouac scambierà per un numero di telefono. Ma non si tratta dell’apparecchio telefonico di Marylin quanto di quello di Norma Jeane – Cassady scambierà le due donne e intesserà una relazione amorosa del tutto telefonica con la moglie di Arthur Miller, senza però mai arrivare a vederla di persona e accorgersi dell’equivoco. I rapporti tra i due si interromperanno perché Cassady smetterà di telefonare e la donna cambierà casa. Kerouac, invece, continuerà il suo monotono lavoro spaziale quando l’ultimo giorno della sua missione sentirà l’Universo emettere un Mmmm come mugolio cosmico:
«Trascorsero attimi senza tempo durante i quali Jack non fece assolutamente nulla. Non sentì nemmeno il ronzio della radio. Rimase immobile nel Vuoto che non si muoveva. Attimi di inattività perfetta. La realizzazione perfetta di quel niente che si aspettavano da lui. Poi allungò la mano verso la radio e la spense. Il ronzio cessò ma in quel preciso istante, forse dalla radio spenta, forse da qualche altra fonte, si propagò un rumore. Cominciò in tono sommesso. Appena udibile. Come provenisse dal punto più sperduto di tutto ciò che esiste. Era un suono straziante e spaventoso, quasi una voce sul punto di rompersi in un pianto. Così flebile che in un primo momento Jack dubitò perfino di udirlo veramente. Ma in breve il suono prese possesso della navetta e pur rimanendo flebile acquistò una fissità più eterna del tempo. Non era propriamente un rumore e non era certamente una voce. In un attimo di illuminazione Jack lo definì tra sé come il Mugolio del Tutto. Faceva così, Mmmmmmmmmmmmmmmmmm….» (pp. 101-102).
Il Mormorio cosmico sorprende e turba Kerouac. Indeciso se parlarne con la base terrestre, alla fine, si risolve e avverte Miller. Ma quest’ultimo, a sua volta preoccupato per le possibili conseguenze del rumorio cosmico, decide di evitare che la faccenda possa essere risaputa e lascia Kerouac a girare in tondo nello spazio impedendogli di farlo scendere sulla superficie della Terra come convenuto dal contratto orale che entrambi aveva stipulato. Sulla base della liberatoria firmata dallo scrittore, la Coca-Cola non ha alcuna responsabilità legale nei suoi confronti e anzi ne ignora ufficialmente l’esistenza. Inutilmente Cassady telefonerà alla società americana cercando notizie dell’amico. Kerouac scomparirà così per sempre. Nel frattempo anche Cassady scomparirà dopo aver incontrato uno strano “ragazzino di quindici anni” alto “quasi un metro e novanta” e con un “cappello rosso da cacciatore” che, nella notte fredda del gennaio 1957, va a vedere che cosa succede al laghetto ghiacciato di Central Park. E’ palesemente il giovane Holden (del grande romanzo di Salinger) alla ricerca delle sue anatre perdute. Così tutti i personaggi del romanzo scompariranno nel buio e nell’oblio. Di loro non si saprà più nulla.
Questo almeno è quello che sostengono gli storici che si sono occupati delle vicende di quell’anno. Ma ci si può fidare degli storici? L’Io affabulante che interviene spesso e volentieri a commentare la vicenda sostiene di no:
«Gli storici non hanno mai amato la verità storica. Che a loro interessi fare luce sui buchi neri del passato è un luogo comune grosso quanto una casa. Il motivo per cui si appassionano tanto ai punti oscuri è la speranza di mettere in discussione cose su cui sembra non ci sia più ragione di discutere. Non cercano prove, vogliono dubbi. Non vogliono arrivare a dire, “E’ veramente così che è andata”. Sperano solo di poter insinuare, “Potrebbe non essere andata così”. E’ quella che gli storici chiamano Possibilizzazione del Passato e si fonda sull’idea che la realtà non sia altro che un piano inclinato e che i fatti non possano far altro che rotolare verso il basso ovvero verso la finzione» (p. 67).
Nel romanzo di Pincio, le “possibilizzazioni del passato” si sprecano. Tutto quello che accade è arbitrario e fondato sulla volontà di s-fondare la realtà della storia. La “manipolazione di una realtà mai accaduta” conduce inevitabilmente a una verità insperata in cui ciò che è falso e ciò che potrebbe essere vero ritrovano una loro dimensione di possibilità. Kerouac, Arthur Miller, Marylin Monroe, Neal Cassady e i loro avatar si ritrovano tutti nella comune consapevolezza della “sfinitezza” della realtà e nel silenzio che la avvolge:
«Così come tutti erano spariti, nella voragine del buio che è la stessa voragine del silenzio, dello spazio che non ha più posti perché non ce la fa più. La sfinitezza di tutte le cose» (p. 157).
Infatti, “è questo il modo in cui finisce il mondo / non già con uno schianto ma con un lamento” (Thomas S. Eliot, Gli uomini vuoti).
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* Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaireDreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)