Nel 2004 Claudio Scajola, stanco di fare il pendolare fra Roma e Genova, decide di trovare una sistemazione nella Capitale che, nel tempo, ammortizzi le continue spese per gli alberghi considerate, da buon ligure, fondo perduto. Scajola è un uomo mite e niente affatto pretenzioso. Si mette alla ricerca di un monolocale, magari da completare con un letto a castello per le visite dei familiari, tanto per avere un tetto e un posto letto visto che i pasti li consuma grazie ai ticket restaurant della Camera dei Deputati. Gira tutta Roma ma di un monolocale neppure l’ombra, tutti venduti o affittati ai trans, come gli riferiscono i carabinieri della Trionfale. Attivando la sua rete di amicizie, riesce a mettersi in contatto con le sorelle Papa che ne possiedono uno, vista sul Colosseo, alla modica cifra di 900mila euro, abbordabile se si considera la rete di benefattori e mecenati dell’arte della politica che compongono la “cricca” del ministro. La rete di solidarietà nei confronti del nullatenente Scajola si attiva e si concretizza il giorno della firma del rogito con la consegna di un bel pacco di assegni circolari da parte dell’architetto Zampolini. Il ministro potrà così evitare i continui spostamenti, e soprattutto le insostenibili spese di soggiorno nella Capitale, grazie al disinteressato aiutino di Angelo Balducci che le cronache di questi ultimi mesi descrivono come un corruttore d’alto bordo. Zampolini, stretto collaboratore di Balducci, il 23 aprile scorso durante un interrogatorio, canta come un usignolo e descrive, con dovizia di particolari, quanto avvenne nel 2004, compreso l’arrivo di un pacco di soldi in contanti consegnati brevi manu dall’autista dell’ingegner Balducci. Solitamente quando c’è un corruttore dall’altra parte c’è un corrotto. Il caso Mills ne è l’esempio classico: l’avvocato inglese il corrotto, Berlusconi il corruttore “assolto” secondo Minzolini, prescritto secondo i giudici. In questo caso Balducci è il corruttore, Scajola il corrotto. In cambio, perché altrimenti parleremo di donazione e non di corruzione, i sempre appetibili appalti pubblici, quelli che creano ricchezza per chi sa approfittarne e che non costano una mazza allo Stato perché tanto sono pagati dai cittadini. In Europa, ministri si dimettono perché inseriscono inavvertitamente nella loro lista-spese il noleggio di un dvd, una cena al ristorante, un massaggio rilassante, un’ora con una mignotta. In Italia, a fronte di testimonianze sorrette da prove, tutto resta come prima con l’aggravante che colui che dovrebbe tutelare la moralità dei governanti del paese, è ascrivibile nell’elenco dei pregiudicati. L’intimazione di Berlusconi a Scajola: “Resta al tuo posto e vai avanti”, fa il paio con tutte le dimissioni (poche in verità), giunte sul suo tavolo di presidente del consiglio da quando si è insediato. Pur in presenza di prove inoppugnabili la parola d’ordine del Nano-Nano è “Niente dimissioni” facendo sottintendere che il suo governo non accetta né perdenti né dimissionari. Una bellissima rappresentazione di sé che l’Italia da ancora una volta al mondo. Il tenutario della legalità del G8 di Genova è soddisfatto, continua l’impunibilità nei suoi confronti. Calderoli è andato in tivvù. Faccia a faccia con Lucia Annunziata, felice di avere per sé una mezzora intera di trasmissione. Con il capello rifatto e l’aria di chi è arrivato in quel momento a bordo della liana d’ordinanza, il ministro della semplificazione ha parlato dei 150 anni dell’Unità d’Italia come se stesse descrivendo una finale di bocce del circolo “La Trota” di Adro. Lui non ci sarà, l’Italia è una roba vecchia, queste manifestazioni sono stucchevoli. E dove sarà il ministro della repubblica italiana (non padana)? “A far crescere il federalismo”. Sentita la risposta abbiamo cambiato canale sintonizzandoci su TTT (TeleTalebanTeheran) per ascoltare il discorso di Ahmadinejad che commemorava Neda Agha Soltan, senza dubbio più credibile di un qualsiasi Roberto Calderoli-Lazzaro uscito dal sepolcro per mano di Bossi.
Magazine Società
Storia d’amore e di amicizia. Berlusconi a Scajola: “Guai a te se ti dimetti”.
Creato il 03 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Nel 2004 Claudio Scajola, stanco di fare il pendolare fra Roma e Genova, decide di trovare una sistemazione nella Capitale che, nel tempo, ammortizzi le continue spese per gli alberghi considerate, da buon ligure, fondo perduto. Scajola è un uomo mite e niente affatto pretenzioso. Si mette alla ricerca di un monolocale, magari da completare con un letto a castello per le visite dei familiari, tanto per avere un tetto e un posto letto visto che i pasti li consuma grazie ai ticket restaurant della Camera dei Deputati. Gira tutta Roma ma di un monolocale neppure l’ombra, tutti venduti o affittati ai trans, come gli riferiscono i carabinieri della Trionfale. Attivando la sua rete di amicizie, riesce a mettersi in contatto con le sorelle Papa che ne possiedono uno, vista sul Colosseo, alla modica cifra di 900mila euro, abbordabile se si considera la rete di benefattori e mecenati dell’arte della politica che compongono la “cricca” del ministro. La rete di solidarietà nei confronti del nullatenente Scajola si attiva e si concretizza il giorno della firma del rogito con la consegna di un bel pacco di assegni circolari da parte dell’architetto Zampolini. Il ministro potrà così evitare i continui spostamenti, e soprattutto le insostenibili spese di soggiorno nella Capitale, grazie al disinteressato aiutino di Angelo Balducci che le cronache di questi ultimi mesi descrivono come un corruttore d’alto bordo. Zampolini, stretto collaboratore di Balducci, il 23 aprile scorso durante un interrogatorio, canta come un usignolo e descrive, con dovizia di particolari, quanto avvenne nel 2004, compreso l’arrivo di un pacco di soldi in contanti consegnati brevi manu dall’autista dell’ingegner Balducci. Solitamente quando c’è un corruttore dall’altra parte c’è un corrotto. Il caso Mills ne è l’esempio classico: l’avvocato inglese il corrotto, Berlusconi il corruttore “assolto” secondo Minzolini, prescritto secondo i giudici. In questo caso Balducci è il corruttore, Scajola il corrotto. In cambio, perché altrimenti parleremo di donazione e non di corruzione, i sempre appetibili appalti pubblici, quelli che creano ricchezza per chi sa approfittarne e che non costano una mazza allo Stato perché tanto sono pagati dai cittadini. In Europa, ministri si dimettono perché inseriscono inavvertitamente nella loro lista-spese il noleggio di un dvd, una cena al ristorante, un massaggio rilassante, un’ora con una mignotta. In Italia, a fronte di testimonianze sorrette da prove, tutto resta come prima con l’aggravante che colui che dovrebbe tutelare la moralità dei governanti del paese, è ascrivibile nell’elenco dei pregiudicati. L’intimazione di Berlusconi a Scajola: “Resta al tuo posto e vai avanti”, fa il paio con tutte le dimissioni (poche in verità), giunte sul suo tavolo di presidente del consiglio da quando si è insediato. Pur in presenza di prove inoppugnabili la parola d’ordine del Nano-Nano è “Niente dimissioni” facendo sottintendere che il suo governo non accetta né perdenti né dimissionari. Una bellissima rappresentazione di sé che l’Italia da ancora una volta al mondo. Il tenutario della legalità del G8 di Genova è soddisfatto, continua l’impunibilità nei suoi confronti. Calderoli è andato in tivvù. Faccia a faccia con Lucia Annunziata, felice di avere per sé una mezzora intera di trasmissione. Con il capello rifatto e l’aria di chi è arrivato in quel momento a bordo della liana d’ordinanza, il ministro della semplificazione ha parlato dei 150 anni dell’Unità d’Italia come se stesse descrivendo una finale di bocce del circolo “La Trota” di Adro. Lui non ci sarà, l’Italia è una roba vecchia, queste manifestazioni sono stucchevoli. E dove sarà il ministro della repubblica italiana (non padana)? “A far crescere il federalismo”. Sentita la risposta abbiamo cambiato canale sintonizzandoci su TTT (TeleTalebanTeheran) per ascoltare il discorso di Ahmadinejad che commemorava Neda Agha Soltan, senza dubbio più credibile di un qualsiasi Roberto Calderoli-Lazzaro uscito dal sepolcro per mano di Bossi.
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