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Storia di Olivia

Creato il 04 maggio 2012 da Berenice @beneagnese

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Ci sono sofferenze inattese, difficili da incontrare; ci sono vite che insegnano a riscoprire una forza interiore spesso sopita, schiacciata dalla superficialità e dall’indifferenza.

Guardo la foto di Olivia sorridente e mi specchio nella sua storia. Oggi è il suo compleanno.

Olivia è stata colpita a sedici anni da una malattia senza cure risolutive: la sclerosi multipla. Sedici anni, il fiore dell’adolescenza, i primi innamoramenti, la spensieratezza e la gioia dell’età, lo studio. Le mani tremanti che lasciavano cadere gli oggetti, le diagnosi mediche che non riuscivano a inquadrare bene il male che procedeva, le torture dei ripetuti esami clinici, le infinite visite da un ambulatorio all’altro…

Anni che passavano lenti e recavano irreversibili peggioramenti, ma Olivia sempre al suo posto con un diploma conseguito al Liceo Classico, poi con la Laurea in Biologia, poi, anche se le gambe non le permettevano di andare da sola, per via di quei muscoli che non rispondevano più ai nervi privati progressivamente della guaina mielinica, ecco gli anni di volontariato e ancora l’incarico di ricercatrice all’Istituto di Biochimica della Sapienza di Roma. Ogni mattina si alzava alle sei per prepararsi e partire con il tram accompagnata dalla mamma, per fare esperimenti sugli enzimi che avrebbero potuto guarire altri da altre malattie. E vicino alle provette, ai macchinari di laboratorio, i tanti ragazzi che dovevano affrontare l’esame o preparare il lavoro per la tesi di Laurea, erano in fila per parlare con lei, per avere quell’attenzione e quell’ascolto che gli altri professori o assistenti non avevano tempo di dare.

Olivia, nonostante la malattia invalidante, non ha mai saltato un giorno, attaccata a quel lavoro che era la sua passione e la sua occasione di condurre una vita normale. Non si è mai lamentata del suo stato, ha tenacemente conseguito la patente per guidare l’auto per conquistarsi ancora una fetta di indipendenza, ha voluto sempre affrontare ogni appuntamento: congressi, esami, feste, vacanze con gli amici, ripetizioni estive a generazioni di ragazzi nel paese dove trascorreva le vacanze.

Era diventata la confidente di molti, quasi che la conoscenza diretta del dolore l’avesse messa in grado di risolvere le difficoltà degli altri: uno scricciolo, piegato dal male, che non riusciva più neppure a stare in piedi, né ad andare a dormire nel letto quando era arrivata l’ultima influenza; eppure piena di volontà. Aveva lavorato fino alle vacanze natalizie e proprio alla fine dell’anno mi disse che sentiva qualcosa di diverso, che ormai non ce l’avrebbe fatta: neppure un mese dopo se n’era andata.

 Ma in quegli ultimi giorni, anche se non riusciva più a parlare, lucidissima, ha scritto decine di foglietti. Pensava a vivere, ma pensava anche a chi sarebbe rimasto, in caso di morte. Non solo disposizioni e intenzioni per la mamma e per chi amava, ma un ultimo pensiero anche per chi come lei aveva visto il suo corpo deteriorarsi. “Voglio donare i miei organi, il cuore, le cornee, i reni…” In una nottata, tra gennaio e febbraio, al Policlinico Umberto I di Roma il cuore alimentato dalle macchine ha cessato di battere ma Olivia con la donazione ha potuto continuare a soddisfare il suo infinito desiderio ed esempio di vita.

Sostenuta da quella forza che, nascosta o evidente, è in ognuno di noi.


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