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Storia di Tanya, felicemente Curvy

Creato il 06 dicembre 2011 da Mariellacaruso

Ma sarà vero che la magrezza regala la felicità? Storia di Tanya, felicemente Curvy


Questa storia qualcuno l'avrà già letta, ma a me piace riproporla. Perché il tema interessa molto da vicino le donne e la loro autostima minata ogni giorno dalla società dell'immagine. E' un tema che interessa trasversalmente tutte: giovani e meno giovani. Perché se le più giovani pensano che apparire, essere magre e belle, sia la chiave per essere accettate e ricorrono a interventi estetici per mettere qualche taglia in più al seno e non solo, le donne in età non accettano il tempo che passa, le rughe che segnano il viso e i bei volti vissuti sono troppo spesso immobilizzati dal botox o gonfiati di silicone.

Questa è la storia di Tanya Gervasi, mamma russa e papà siciliano, modella già a 13 anni per Vogue Italia e volto di campagne pubblicitarie di marchi in voga in quel tempo, allontanata dal mondo della moda e tornata in passerella a 19 anni dopo aver fatto pace con se stessa e con quel corpo che era cresciuto più di quanto lei volesse regalandole forme morbide con le quali venire a patti.
Una storia della quale sono venuta a conoscenza per caso dopo essermi fatta incuriosire dalle sue foto della passerella di Alta Roma e da quel cognome siciliano. Cercando su internet ho scoperto che studiava all'Università di Scienze Gastronomiche e che aveva fatto delle foto molto cliccate per Max. Ho avuto il suo contatto, le ho parlato e ho capito che la sua storia va raccontata al di là delle apparenze.
Tanya è un metro e ottanta di curve mozzafiato, viso angelico e occhi che stregano al primo sguardo. Oggi a 23 anni sfila per le collezioni più glamour della moda curvy, o plus size che dir si voglia, sempre nell’accezione che il mondo della moda dà oggi alle taglie dalla 44 in su. Nello stesso tempo prepara la sua tesi sulle verdure latto-fermentate in maniera tradizionale nelle campagne bielorusse per laurearsi in Scienze Gastronomiche all’Università di Pollenzo targata Slow Food. Non per niente si definisce Gastromodel, che è anche il suo nickname su Twitter, non mangia carne perché è contro gli allevamenti intensivi e neppure pesce allevato.
«Tutti i percorsi che facciamo sono per noi stessi. Ho scelto di studiare quello che per me era un problema: il cibo», esordisce Tatà che nei mesi estivi è stata animatrice in Romania, per il secondo anno consecutivo, del campus gastronomico per bambini di Liquirizia Onlus. 
«A 13 anni – racconta Tanya - ero una taglia 40, facevo molto sport: tennis, pallavolo, karate, basket e già litigavo con la mia agenzia perché si lamentavano dei miei troppi muscoli alle gambe. Adesso riguardando le mie foto mi rendo conto che tutti quei muscoli non li avevo proprio. Dai 13 ai 16 anni ho lavorato tanto». Poi la doccia fredda. «Quando mi hanno detto che dovevo dimagrire, di diete ne ho provate molte. Ho avuto problemi del comportamento alimentare. Per me in quel momento è stato un fallimento– ammette - dopo aver assaggiato un pezzo di questo mondo non vorresti uscirne, vorresti rivederti sui giornali, rivederti bella».
Ma lei è bella…
«Lo so, ma a questo pensiero ci sono arrivata dopo. Quando il corpo cambia ci si mette un po’ ad accettarsi. Io l’ho fatto uscendo dal mondo della moda per dedicarmi allo studio che non avevo mai lasciato. I miei genitori mi avevano imposto come regola per fare la modella il mio impegno scolastico e una media sotto la quale non dovevo scendere. Molto è cambiato quando a 19 anni mio papà mi fece leggere un articolo che raccontava la storia di Crystal Renn (la modella plus size più famosa al mondo, ndr) e mi disse: ‘Dovresti provare con le taglie forti’. In quel momento lo presi come un grandissimo insulto perché da “modella magra“ non prendi sul serio il mondo plus size. Poi per provare mandai delle foto a Elena Mirò e due mesi dopo ero in passerella a Milano Moda Donna».
Che taglia indossa adesso?

«Rispondo sempre 46, ma non è vero perché non lo so. E sto benissimo così. Del resto ogni casa ha le sue misure tanto da ritrovarti a provare jeans taglia 46 che non ti entrano, taglie 48 che stringono e 50 troppo grandi. Così io compro molto poco anche perché dà fastidio entrare in un negozio e sentirsi dire subito: ‘Per lei non abbiamo niente’. Molti abiti me li faccio realizzare dalla sarta su disegni di mia mamma che non è una designer ma ha un gusto eccezionale, altri li prendo dalle aziende per le quali lavoro, altri al mercato perché a me non piace essere schiava di un marchio.  Mi piace essere risaltata dall’abito, non il contrario come è d’uso in questo periodo. Questo non adattarsi agli abiti fa nascere nelle ragazze e nelle donne un senso d’inadeguatezza».
Lei può dire adesso di essere felice e soddisfatta?
«Sì, anche se ci sono molte cose della moda plus size sulle quali non sono d’accordo. Non trovo corretta questa battaglia “grasse contro magre”. Non mi è piaciuta la copertina di Vogue Italia con le tre modelle plus size definite ‘Belle vere’: è stupido. Per me la bellezza vera è rappresentata da una donna coerente con il suo corpo. Che sia magra o in carne non fa alcuna differenza. E’ necessario amarsi. Quando le donne impareranno a farlo saranno più felici». 
Lei, quindi, ha fatto pace col cibo e col suo corpo?
«Credo di sì, è un lungo percorso. Il cibo è importante, non è solo quello che noi mangiamo, è anche e soprattutto cultura. Oggi è fondamentale l’educazione alimentare. Per il secondo anno consecutivo ho partecipato a un campo gastronomico per bambini in Romania insieme a Ornella Ru, psicologa presidente di Liquirizia Onlus. Un’esperienza che mi ha lasciato soddisfazione e felicità, abbiamo parlato di disturbi alimentari, di immagine corporea e cibo per cercare di insegnare a questi bambini a ragionare con la propria testa. Un’esperienza utile anche per me che ho imparato l’arte della pazienza e l’emozione nel donare qualcosa che non è materiale. E’ stata la cosa più appagante cheh o abbia mai fatto».
Più appagante delle ancora cliccatissime foto di Settimio Benedusi che l’ha ritratta nell’accoppiata col cibo per Max?
«Quella è stata una “botta” di narcisismo personale perché sono sempre stata insicura del mio corpo e di me stessa. Quando ho avuto l’occasione di posare per Max e di conoscere Settimio Benedusi ho pensato: ‘Questo l’ho fatto per me’. Il risultato poi mi è piaciuto. E’ stato molto divertente, per la prima volta ho fatto foto senza veli. All’inizio ero veramente imbarazzata ma poi è passato».
Lei si sente più russa, italiana o siciliana?
«Niente di tutto questo, io mi sento cittadina del mondo. Prima mi sentivo italiana, poi russa, invece sono un mix. C’è in me un po’ di ogni paese che visitato: Romania, Albania, Sud Corea, Canada. Della gente che ho incontrato ho cercato di “rubare” tutto ciò che c’è di buono e di farlo mio. Non per nulla il più bel complimento che  abbia mai ricevuto è stato quando in Sud Corea mi hanno detto: ‘Il tuo animo è asiatico’».


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