2007/2008
- 35 -
“Settembre”.
Ogni volta che pronuncio questo mese, vibrano dentro me tutte le “t” e le “r” che contiene. Come se il mio corpo si comportasse da cassa di risonanza per un mese che, trasporta mille pensieri. Settembre… era già iniziato da un pezzo ormai, e, ovviamente, l’estate era finita.
Ero appena arrivato nella mia casa milanese. La maniglia del trolley era ancora ben salda nella mia mano mentre chiudevo la porta blindata in finto legno.
Girovagavo nell’oscurità trafitta da schegge di luce che filtravano dalle persiane. La polvere volteggiava nell’aria come un essere padrone di casa, disturbata dalla mia presenza. Mi avvicinai alla mia camera e spalancai la porta. A colpo d’occhio, mi sembrò che la camera si fosse rimpicciolita. Ragionandoci, quella, era solo una vaga impressione. Conoscevo bene quella camera e le sue dimensioni, essendoci stato ben quasi un anno. Forse la mia percezione degli spazi era stata alterata dall’estate vissuta nella casa di campagna dei miei. Un posto dove persino il concetto di monolocale fatica ad arrivare e le persone si chiedono come fanno altre persone ad abitare in meno di 100 metri quadrati. Buffo ma reale.
Ed io, nei mesi estivi, m’ero abituato e accomodato sull’idea che stanza da studio e camera da letto erano situate su due piani diversi; e la cucina era cucina e non salotto e mille altre cose.
Per un giusto stile di vita, si dovrebbe teletrasportare la mia casa natale in quella bella cittadina di Milano. (Ah! Poterlo fare!)
Ma i sogni son sogni e la realtà era quella che avevo di fronte a me.
Guardai la mia valigia al centro della stanza.
“Bene! Cominciamo questo nuovo anno!” dissi, cercando d’incentivare me stesso.
Tirai con forza la corda della serranda. Finalmente il sole inondò la camera spazzando via quell’alone di tristezza che l’aveva accolta. Aprii le finestre della cucina e del bagno in gran velocità, ma nel passaggio tra le due stanze, mi fermai ad osservare la porta della seconda camera da letto della casa. Francesco era andato via a giugno e mi aveva lasciato solo, in questo freddo appartamento.
Con lo strano timore di chi si sente di dar fastidio, aprii la porta di quella camera. In un anno intero, ci sarò entrato sì o no un paio di volte. Francesco era un tipo introverso e riservato, peggio del sottoscritto. Aprii la finestra anche lì e notai che la camera aveva bisogno di una gran sistemata. Mi sedetti sul divano e osservai i due letti vuoti. “Chissà chi ci dormirà!” mi chiesi sospirando e iniziando a fantasticare sulla fisionomia dei miei futuri coinquilini. Li immaginai da prima con mille difetti poi con mille pregi, infine tentai un misto di tutto per ottenere una persona quanto meno reale. “Mah…” sbuffai, pensando al dover socializzare per forza con perfetti sconosciuti per intraprendere una buona convivenza. “Non sono bravo in queste cose!” Purtroppo non potevo rimandare per imparare le buone regole della socializzazione… perché il telefono stava già iniziando a squillare…
- Di già? -
continua…
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