Buonasera cari lettori,
come anticipato su facebook, il post di oggi è dedicato ad una sottocultura giovanile, gli Emo. In questi ultimi anni si è sentito molto parlare di loro, di questi adolescenti vestiti di nero, che sembra pratichino gesti autolesionistici e pratiche sessuali esagerate, tanto da essere invitati nei salotti televisivi pomeridiani per smorzare lo scalpore suscitato da queste notizie. Ma sarà veramente così? Buona lettura!
Emo sta per "emotional" o "emotive" e il movimento si sviluppò nell'area di Washiongton nel corso degli anni Ottanta. Come molte altre sottoculture giovanili, anche la sottocultura Emo nacque dalla musica, ma non è possibile stabilire con certezza l'origine artistica del genere.
Inizialmente l'etichetta Emo era applicata a gruppi che, seppur tributari dei generi hard-core e post-punk, eseguivano una musica dai contenuti melodici più marcati. Nel giro di pochi anni si diffuse l'abitudine di riferirsi a questo mondo musicale anche con i termini "emocore" e "screamo" a indicare due diverse tendenze estetiche: una più fedele alla tradizione dell'hard-core, l'altra caratterizzata da suoni più volenti e caotici.
Ben presto la musica Emo attirò l'attenzione dell'industria discografica che si impossessò del fenomeno trasformandolo in un successo planetario. Fu così che la musica Emo divenne la più amata dalle teenagers e fu sottoposta ad un processo di omologazione e riproduzione industriale che doveva sfornare incessantemente nuovi prodotti alla ricerca della rock-band o della rock-star da vendere sui mercati internazionali.
Inoltre furono creati gadget e altre merci ispirati all'estetica e allo stile Emo rendendo così visibile in termini spettacolari ciò che in origine voleva rimanere nascosto.
Gli adolescenti che aderirono al movimento Emo erano poco interessati a misurare la propria condizione nella società secondo i parametri di classe, di genere e di razza; piuttosto i loro comportamenti e i loro contenuti rinviavano a una presa di distanza dalla società e al rifiuto dei modelli di vita vissuti all'interno della famiglia.
Il loro stile era la somma di frammenti ripresi dalle sottoculture precedenti, soprattutto quella goth, mescolati ad articoli e oggetti vintage degli anni Settanta trovati sulle bancarelle dell'usato. Inoltre, adottarono un'immagine e un atteggiamento ambigui dal punto di vista del genere. I ragazzi venivano spesso etichettati come gay, le ragazze aderivano ad un modello androgino che si traduceva nell'adozione di uno stile uniforme pensato per rendere difficile la distinzione tra maschi e femmine, entrambi protagonisti della scena Emo. L'aspetto androgino si rifaceva anche alla tradizione romantica del dandy.
Pur apparentemente assente dalle strade e dai luoghi pubblici, la sottocultura Emo è oramai diffusa a livello internazionale e rappresenta un fenomeno globale che ha superato i tradizionali confini occidentali.
Nel 2008 gli Emo sono stati oggetto di una campagna di stampa su quotidiani e siti istituzionali (Daily Mail, BBC) che collegavano la sottocultura Emo all'adozione di pratiche autolesionistiche sconfinanti nel suicidio, prendendo come pretesto il caso di un teenager apparentemente aderente a questo movimento che si era tolto la vita.
fonte: "Dalla lambretta allo skateboard. Teorie e storia delle sottoculture giovanili britanniche" di R. Pedretti e I. Vivan; immagini tratte da Google.
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