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Storie di fantasmi #9

Da Sambruno
Storie di fantasmi #9 Ritornano i lunedì dedicati alle storie di fantasmi e tocca di nuovo a Dino Buzzati. Del racconto breve di oggi mi aveva parlato Giulia, qualche tempo fa. Avevo provato a cercarlo, ma senza successo. Lo ha trovato lei, alla fine. Grazie! ;)
Certi racconti di Buzzati, come questo, mi fanno venire sempre in mente Giovannino Guareschi, per la capacità che entrambi hanno di colpire duro con poche righe e parole semplici. In particolar modo, mi vengono in mente la Seconda storia di Tutto Don Camillo (i racconti del Mondo Piccolo), vol.1 e la sua conclusione: "Di tanto è capace l'animaccia d'un cane!"
In entrambi i racconti, è capace di una incredibile fedeltà. E, in entrambi, si tratta di un sentimento ricambiato con pari amore.
* * * Il cane
«Una ventina d'anni fa» mi raccontava il dottor Diego Vesca, vecchio medico di Verbania «avevo un magnifico mastino, di nome Furio, che mi era affezionatissimo. Tanto magnifico che una brutta sera è scomparso e io l'ho cercato dappertutto, ero disperato, per mesi sono andato girando da una parte e dall'altra del lago, però tutto è stato inutile: qualcuno me l'aveva rubato...
«Ma fin qui, lei mi dirà, niente di straordinario. Però stia a sentire. A più di dieci anni di distanza, un mattino, prendo il traghetto per Laveno come faccio almeno due volte alla settimana ancora adesso. Stavo a poppa e il battello si era appena staccato dalla banchina, quando vedo arrivare di tutta corsa, sa chi?, vedo arrivare il mio Furio, tale e quale, il quale si ferma sul ciglio della banchina abbaiando due tre volte, e poi giù in acqua, e si mette a nuotare. Ormai il battello era avviato, impossibile che la povera bestia mi raggiungesse. Allora mi metto a gridare “Ferma! Ferma!” corro su a chiamare il comandante che mi conosceva, lo supplico di fermare.
«Intanto il cane nuotava nuotava, ma ormai era esausto, e io continuavo a chiamare “Furio Furio” per dargli coraggio ma lo vedevo sempre più lontano. E il comandante è venuto anche lui a poppa e io gli ho indicato il cagnone che nuotava ma lui diceva di non vedere niente e anche gli altri passeggèri tutti dicevano di non vedere niente e cominciavano a guardarmi in un certo modo come se mi prendessero per un matto.
«Finalmente, siccome mi vedeva così agitato, tanto per accontentarmi, il comandante ha fatto tornare indietro il traghetto per qualche centinaia di metri perché io mi persuadessi che non c'era nessun cane che nuotava e infatti quando il traghetto ha cominciato a tornare indietro Furio era scomparso e io non ho detto più niente perché non mi credessero completamente via con la testa.
«Ma fin qui, lei dirà, niente di straordinario. Senonché stia a sentire. Da allora, ogni due tre mesi si può dire, la scena si ripete. Il traghetto si è appena staccato dalla sponda, quando arriva di tutta carriera lui, Furio, che si lancia in acqua e via, dietro il battello.
«Ma il battello cammina più presto di lui e la povera bestia resta indietro e nuota con la forza della disperazione e mi guarda, mi guarda.
«Sento i suoi occhi che mi entrano qui» e faceva segno al cuore. «Finché a un certo punto Furio non ce la fa proprio più e vedo il testone sparire sott'acqua. Ogni volta così. Però io non chiamo, sto quieto, non grido di fermare il battello. So che è soltanto un fantasma. Se faccio i conti, oggi dovrebbe avere ventiquattro anni, mai un cane è vissuto tanto... Soltanto un fantasma». Lacrime gli rigavano le guance.

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