Riporto un bellissimo pezzo di Mario Adinolfi "La libertà senza verità di Mambro e Fiorvanti"
In pochi sanno che gli esecutori della strage di Bologna, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, sono liberi. Completamente liberi. Ci sono le celebrazioni, i riti, gli applausi dopo i minuti di silenzio ogni 2 agosto. Ma non c'è giustizia. Quest'anno poi il 2 agosto cade nel paradossale giorno in cui si parlerà solo di una sentenza e non sarà quella del più grave atto criminale della storia d'Italia.(h/t Timoteo Carpita)
Solo in Italia i responsabili di una strage con 85 morti e 200 feriti, vigliacca strage in una stazione piena di donne e bambini, potevano essere liberati dopo una quindicina di anni effettivi di carcere. Oggi la loro pena è addirittura estinta. Dovevano scontare 17 ergastoli (8 lui, 9 lei) più altri duecento anni di carcere per vari reati. Sono liberi, tronfi del loro non aver mai parlato, mai indicato alcuna correità, mai detto la verità. Abbiamo dato loro la libertà e loro non ci hanno dato la verità sui Nar, su questo braccio armato che è stato usato anche (è mia convinzione) per eliminare il presidente della regione Sicilia, Piersanti Mattarella, in quell'orrendo 1980. Ma non è di supposizioni personali che voglio parlare, voglio parlare di fatti. Di fatti accertati, che i condannati Fioravanti e Mambro ammettono di aver compiuto. E voglio chiedervi se persone così meritano questa loro libertà senza verità. Leggete bene, per regalare almeno un istante di memoria alle vittime.
28 febbraio 1978. Giusva Fioravanti ed altri notano due ragazzi seduti su una panchina che dall'aspetto (capelli lunghi e giornali) identificano come appartenenti alla sinistra. Fioravanti scende dall'auto, si dirige verso il gruppetto e fa fuoco: Roberto Scialabba, 24 anni, cade a terra ferito e Fioravanti gli salta con le ginocchia sulla schiena, gli punta la pistola alla nuca e lo uccide. Poi, si gira verso una ragazza che sta fuggendo urlando e le spara senza colpirla.
9 gennaio 1979. Fioravanti ed altre tre persone assaltano la sede romana di Radio città futura dove è in corso una trasmissione gestita da un gruppo femminista. I terroristi fanno stendere le donne presenti sul pavimento e danno fuoco ai locali. L'incendio divampa e le impiegate tentano di fuggire. Sono raggiunte da colpi di mitra e pistola. Quattro rimangono ferite, di cui due gravemente.
16 giugno 1979. Fioravanti guida l'assalto alla sezione comunista dell'Esquilino, a Roma. All'interno si stanno svolgendo due assemblee congiunte. Sono presenti più di 50 persone. La squadra terrorista lancia due bombe a mano, poi scarica alla cieca un caricatore di revolver. Si contano 25 feriti. Dario Pedretti, componente del commando, verrà redarguito da Fioravanti perché, nonostante il ricco armamentario "non c'era scappato il morto". Che Fioravanti fosse colui che ha guidato il commando è accertato dalle testimonianze dei feriti e degli altri partecipanti all'azione, e da una sentenza passata in giudicato. Ciononostante, Fioravanti ha sempre negato questo suo pesante precedente stragista.
17 dicembre 1979. Fioravanti assieme ad altri vuole uccidere l'avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile della cattura di Pierluigi Concutelli, leader carismatico dell'eversione neofascista. Fioravanti non ha mai visto la vittima designata, ne conosce solo una sommaria descrizione. L'agguato viene teso sotto lo studio dell'avvocato, ma a perdere la vita è un inconsapevole geometra di 24 anni, Antonio Leandri, vittima di uno scambio di persona e colpevole di essersi voltato al grido "avvocato!" lanciato da Fioravanti.
6 febbraio 1980. Fioravanti uccide il poliziotto Maurizio Arnesano che ha solo 19 anni. Scopo dell'omicidio, impadronirsi del suo mitra M.12. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile 1981, Cristiano Fioravanti - fratello di Valerio - dichiarerà: "La mattina dell'omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gli avrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: "gratuitamente"; fece un sorriso ed io capii".
23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando "alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi". Mambro e Fioravanti la sera dell'omicidio festeggiano ad ostriche e champagne.
9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna.
5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l'imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un'auto, "Spara, spara!".
30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un "infame delatore". Del commando omicida fa parte Mambro.
21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all'agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L'efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: "La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell'encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello". Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell'eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell'agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni.
5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Altri sostengono che visto il minore ferito a terra, scambiando la punta di un ombrello per un'arma, Mambro abbia sparato in testa al giovane. La dinamica non è accertata e Mambro viene condannata come esecutrice dell'assassinio. Nel 2012 chiederà il ritiro di un film-documentario che ricorda la figura di Alessandro Caravillani.
Nel 1994 con un'incredibile intervista al Corsera Mambro e Fioravanti mandano un messaggio: "Loro al governo, noi all'ergastolo". Poco dopo la Mambro va in semilibertà: avrà scontato 16 anni di carcere effettivo, Fioravanti 18. Il faccendiere fascista Gennaro Mockbel, intercettato più volte al telefono con la Mambro, ha detto di aver speso due milioni di euro per la loro liberazione. Fioravanti e Mambro non lo hanno neanche ringraziato, anzi, lo hanno definito "un mascalzoncello di quartiere". Ma i due, quando c'è convenienza, non hanno memoria. Camminano liberi per le strade di Roma da quindici anni. Vengono intervistati e fanno le star. Delle loro vittime nessuno ricorda i nomi.