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La Lety Moratti, lei, il sindaco della città più inquinata e più stereotipata al mondo ha invaso Milano con una campagna pubblicitaria a favore dell'utilizzo dei trasporti pubblici. Invita i suoi concittadini a vivere la città, a scoprirla osservando i grandi viali voluti da Napoleone, i corsi della circonvallazione, dal finestrino di un tram in cui dodici persone sono sedute e altre cento cercano di non essere catapultate giù alla prossima fermata. Il tutto quando è scesa la nebbia, non si vede ad un palmo dal naso e il nostro vicino non ha intenzione di soffiarsi il naso ma tenere la candela fino alle ginocchia per farla vedere all'amata mogliettina. I pubblicitari hanno scelto come immagini disegni di situazioni classiche che si possono riscontrare quotidianamente, due sconosciuti che si conoscono alla fermata, un gesto delizioso nei confronti di un nostro concittadino.
Quanto amore Lety, quanta tenerezza, tu predichi la gioia dello stare insieme, vicini vicini per scaldarsi, però poi non scendi dalla tua bella auto blu e sei l'unica che parcheggia dentro Palazzo Marino.
Hai mai aspettato sei ore il 24 a Viale Ripamonti per arrivare in centro sotto la pioggia senza nemmeno una pensilina con il camionista che ti passa fradiciandoti in toto?
Io ho passato tre anni avanti e indietro per andare all'università sui mezzi pubblici di Milano e conosco quella vita sotterranea, quella vita sempre a stretto contatto con tutti e con nessuno visto che spesso non ricevi nemmeno un'occhiata di commiserazione.
Tutti hanno qualcosa da fare perchè non si vuole avere l'impressione di essere dei nullafacenti, chi legge un libro, chi gioca con l'Iphone, e chi parla al cellulare. Da quando hanno introdotto i ripetitori anche in metropolitana è un continuo chiacchiericcio. "Hey tesoruccio mio amorino, cioè non ti hanno detto l'ultimo scoop? La Je si è messa con Job che ha lasciato Beppe. Non lo sai? Cioè, stai male". E accanto l'uomo con il nodo della cravatta più stretto della terra alle otto del mattino già urla e sbraita contro il Mibtel che sale e scende come l'ascensore di Ambra Angiolini. I libri più gettonati sui pullman e sui tram sono multeplici, chi sogna ad occhi aperti la favola moderna di Federico Moccia, chi gli aforismi di Oscar Wilde oppure chi vuole perdere una clavicola si porta dietro Ken Follett.
Ho visto tanti esemplari di cittadini milanesi del XXI secolo che si dimenano tra gincane di vite, gincane di edifici e di muraglioni in cemento. La signora Mariuccia si sveglia alle cinque del mattino per essere la prima a varcare la soglia del Mercato Rionale in corso XXII Marzo con il suo carrello cinese finto Burberry's. Poi c'è la classica modaiola, avrà un nome storpiato che reputa molto elegante, mi viene in mente Graci, che gira la città su un tronchetto con plateau, minigonna, pellicciotto maculato perchè l'ha visto su qualche giornale, Vogue sotto al braccio anche se ha una borsa-valigia. Posa polso-rotto-avambraccio-viola, il manico della borsa ha lo stesso effetto del laccio emostatico, però è così "fashion for fashion..Bratz".
La linea 3 della metropolitana l'ho sempre considerata un'allegoria del mondo contemporaneo. E' come se fossero presenti le maquette di tutte le categorie di individui. C'è quello ricco e snob con il calzino in coordinato al fazzoletto da taschino, la signora attempata che ha più Botox che sangue (solitamente accompagnata da un cagnaccio piccolo e vestito di fucsia), l'intellettuale, il manager, il maniaco sessuale che fissa le sue prede mattutine, la ragazza musulmana con il velo delicatamente sistemato, un ragazzo come tanti che ascolta la musica e pensa che dovrà andare a fare la spesa se vuole sopravvivere all'eco del suo frigorifero.
Tutti si ignorano a prima vista, ogni tanto qualche sguardo si incrocia per sbaglio ma poi si continua a osservare il pavimento, si fa finta di leggere le pubblicità che oscillano ripetutamente. C'è silenzio, ci sono rumori temporanei che riconosciamo, che sono iconografici della metropolitana, del tram. Piacevole scoprire e indagare i gesti altrui. Fin quando a Corvetto sale lui, Gennaro detto "Il Puma" con i capelli gelatinosi orientati verso i quattro punti cardinali, un bomber lucidissimo con strane scritte giapponesi, i pantaloni alle ginocchia, camminata sicura. Entra nel vagone, vede un posto libero a sedere e con la sua leggiadria esclama "Minchia, paiuzza".
Lety, ci credo che non ti schiodi dall'auto blu.
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