Ogni anno ci casco. Ma i suoi scenari danno dipendenza, come pure la fragranza della sua aria. Ogni anno non posso fare a meno di sobbarcarmi cinque ore di macchina per andare nel sud Tirolo, piccola appendice teutonica della nostra Italia. L'unico neo è la poca dimestichezza la lingua tedesca, ivi usata da tutti gli indigeni. Il conto dell'albergo è presentato con specifiche in tedesco, così come le indicazioni stradali e il menu nei bar e trattorie. Ma voglio continuare a godere delle bellezze naturali dell'Alto Adige, e così faccio da oltre un decennio. Quest'anno per essere ancora più parte della comunità sud tirolese, mia moglie mi ha proposto (quando una donna propone, impone) di andare anche alla celebrazione della Santa Messa nella chiesetta locale. Così fanno parecchi italiani (cioè da Bolzano in giù) durante la stagione estiva. Per rendere ancora più patetica la funzione, l'officiante (un prevosto allampanato con il clergyman di almeno due misure più grande) decise, visto il tasso di italianità piuttosto alto, di salmodiare in simil italiano. Ad un certo punto dalla sua bocca uscì una frase che diceva “siamo tutti una grande famiglia”. Proprio una fila dietro a noi è salito un bisbiglio perfettamente udibile che ha gelato l'uditorio: “E stai fresco allora, soccia”, seguito da un singulto di bolse risate. Erano due bontemponi bolognesi. In queste circostanze si palesano in me due prerogative inelubibili: a) ho una sfiga pazzesca; b) ho ben chiara nel mio Dna la presunzione di colpevolezza. Infatti tutti (compresi i goliardi felsinei, evidentemente avezzi a questi show, e mia moglie) si voltarono a guardare me, scrollando la testa. La mia unica difesa fu un timido sorriso e un gesto vago delle mani. In particolare una vecchietta che indossava uno strano cardigan verde decorato di stelle alpine, si accanì contro di me vomitandomi addosso qualcosa di orribilmente malaugurante nell'idioma tedesco. L'unica parola che ho afferrato è “italianen”. A parte il conto aperto che gli italianen hanno nei confronti di quella parlata così gutturale, di quei suoni catarrosi che rievocano brutti ricordi, mi piacerebbe sapere se quella vecchia inacidita da strudel e canederli, usa lo stesso disprezzo quando il suo paese prende fior di euro dal governo italianen. O se ha un minimo di riconoscenza nei confronti dei sudditi italiani che le garantiscono i servizi grazie al pagamento delle accise sulla benzina o all'esborso dell'Iva o al dissanguamento fiscale (per loro solo sgravi e agevolazioni...). E quei soldi che noi terroni le elargiamo servono solo ed esclusivamente ad alzare il muro che divide il sud Tirolo dal resto d'Italia. Chissà se ci pensa... Ma intanto la messa è finita. I vitelloni bolognesi salgono sulla loro Suv ancora sgnignazzanti e io metto in atto la mia personale vendetta nei confronti della megera altoatesina: cercando di schivare tutte le telecamere butto la sigaretta per terra, nel loro lindo selcio, assolutamente vergine da ogni tipo di spazzatura. Frego il grande fratello crucco, ma vengo sgamato da mia moglie che sibila: “Sei il solito terrone” (Lei è siciliana, io padano da generazioni e generazioni). Arriva anche l'ultimo giorno dopo interminabili camminate per poter accedere alle malghe, bellissime e vagamente odorose di sterco di bovino. Do uno sguardo alle montagne innevate e butto l'ultima sigaretta sull'asfalto, mandando idealmente affanculo Heidi, suo nonno e anche le caprette che fanno ciao. Arrivederci al prossimo anno, irriconoscente sud Tirolo...
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Ogni anno ci casco. Ma i suoi scenari danno dipendenza, come pure la fragranza della sua aria. Ogni anno non posso fare a meno di sobbarcarmi cinque ore di macchina per andare nel sud Tirolo, piccola appendice teutonica della nostra Italia. L'unico neo è la poca dimestichezza la lingua tedesca, ivi usata da tutti gli indigeni. Il conto dell'albergo è presentato con specifiche in tedesco, così come le indicazioni stradali e il menu nei bar e trattorie. Ma voglio continuare a godere delle bellezze naturali dell'Alto Adige, e così faccio da oltre un decennio. Quest'anno per essere ancora più parte della comunità sud tirolese, mia moglie mi ha proposto (quando una donna propone, impone) di andare anche alla celebrazione della Santa Messa nella chiesetta locale. Così fanno parecchi italiani (cioè da Bolzano in giù) durante la stagione estiva. Per rendere ancora più patetica la funzione, l'officiante (un prevosto allampanato con il clergyman di almeno due misure più grande) decise, visto il tasso di italianità piuttosto alto, di salmodiare in simil italiano. Ad un certo punto dalla sua bocca uscì una frase che diceva “siamo tutti una grande famiglia”. Proprio una fila dietro a noi è salito un bisbiglio perfettamente udibile che ha gelato l'uditorio: “E stai fresco allora, soccia”, seguito da un singulto di bolse risate. Erano due bontemponi bolognesi. In queste circostanze si palesano in me due prerogative inelubibili: a) ho una sfiga pazzesca; b) ho ben chiara nel mio Dna la presunzione di colpevolezza. Infatti tutti (compresi i goliardi felsinei, evidentemente avezzi a questi show, e mia moglie) si voltarono a guardare me, scrollando la testa. La mia unica difesa fu un timido sorriso e un gesto vago delle mani. In particolare una vecchietta che indossava uno strano cardigan verde decorato di stelle alpine, si accanì contro di me vomitandomi addosso qualcosa di orribilmente malaugurante nell'idioma tedesco. L'unica parola che ho afferrato è “italianen”. A parte il conto aperto che gli italianen hanno nei confronti di quella parlata così gutturale, di quei suoni catarrosi che rievocano brutti ricordi, mi piacerebbe sapere se quella vecchia inacidita da strudel e canederli, usa lo stesso disprezzo quando il suo paese prende fior di euro dal governo italianen. O se ha un minimo di riconoscenza nei confronti dei sudditi italiani che le garantiscono i servizi grazie al pagamento delle accise sulla benzina o all'esborso dell'Iva o al dissanguamento fiscale (per loro solo sgravi e agevolazioni...). E quei soldi che noi terroni le elargiamo servono solo ed esclusivamente ad alzare il muro che divide il sud Tirolo dal resto d'Italia. Chissà se ci pensa... Ma intanto la messa è finita. I vitelloni bolognesi salgono sulla loro Suv ancora sgnignazzanti e io metto in atto la mia personale vendetta nei confronti della megera altoatesina: cercando di schivare tutte le telecamere butto la sigaretta per terra, nel loro lindo selcio, assolutamente vergine da ogni tipo di spazzatura. Frego il grande fratello crucco, ma vengo sgamato da mia moglie che sibila: “Sei il solito terrone” (Lei è siciliana, io padano da generazioni e generazioni). Arriva anche l'ultimo giorno dopo interminabili camminate per poter accedere alle malghe, bellissime e vagamente odorose di sterco di bovino. Do uno sguardo alle montagne innevate e butto l'ultima sigaretta sull'asfalto, mandando idealmente affanculo Heidi, suo nonno e anche le caprette che fanno ciao. Arrivederci al prossimo anno, irriconoscente sud Tirolo...
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