A proposito di stregoneria
LA GRANDE CALAMITA'
Qual è il flagello dell’Africa bantu?
Forse la povertà generalizzata o la ricorrente siccità?
La corruzione politica o la mancanza di progettazione?
Oppure l’aids?
“L’aids” sembrerebbe la risposta più pertinente oggi. Ed invece no.
La grande calamità dell’Africa (e del Tanzania) è la stregoneria. Oggi come ieri.
Lo sostiene Gabriel Ruhumbica, scrittore tanzaniano di 73 anni, nel suo romanzo Janga Sugu la Wazawa (la piaga contagiosa degli indigeni) / (1).
È un romanzo sociologico, che si addentra in uno dei meandri più affascinanti ed inquietanti della cultura bantu: la stregoneria, appunto.
L’intera famiglia dell’anziano Ninalwo viene sterminata, misteriosamente sterminata, da eventi oscuri. A nulla servono i tradizionali riti propiziatori per arrestare un morbo crudele ed endemico come la peste. O, in Africa, delle voraci cavallette.
“Stregoneria” è un termine astratto, dietro al quale si muovono, però, persone in carne ed ossa, temute da tutti, eppure assai ricercate.
Eccolo “lo stregone” del romanzo di Ruhumbika. Non ha un nome solo, bensì tre.
È, nello stesso tempo, padre Joni (sacerdote cattolico dell’etnia dei Wasukuma), Alhaji Sheikh Isa (musulmano) e il professor Simba Mbiti.
Joni è stato un giovane prete, troppo… disinvolto verso le donne. Però un giorno incontrò una vergine che gli si oppose con veemenza, colpendolo in testa con una pietra. Il prete, deriso di fronte a tutti, si vendicò contro… la religione cattolica del papa di Roma: e aderì all’islam in Senegal.
Nella nuova situazione il personaggio non è più soltanto padre Joni, bensì Alhaji Sheikh Isa e gode di quattro mogli. La prima è la più importante, molto ricca e bellissima. Ma, con la menopausa, diventa brutta, cicciona e le spunta persino la barba. Il musulmano, disamorato, “passeggia con altre donne”. Ma l’ex bella non ci sta: con l’ausilio di alcune compagne immobilizza il marito infedele, lo denuda e minaccia di castrarlo.
Padre Joni-Alhaji Sheikh, terrorizzato, abbandona il Senegal e ritorna in Tanzania, dopo aver derubato la facoltosa moglie di tutti i suoi quattrini.
Oggi padre Joni-Alhaji Sheikh è pure il professor Simba Mbiti, stregone potente, famoso e temuto, con un codazzo di manutengoli, assassini, che eseguono i suoi ordini malvagi. Ad esempio: attaccano la donna che, anni prima, aveva svergognato il loro padrone; la uccidono e recano allo stregone, come trofeo, l’intero basso ventre della vittima. Misfatti del genere si susseguono a catena: organi sessuali, cuori, nasi, orecchi ed altre parti del corpo umano vengono vendute, a caro prezzo, dal losco stregone assassino. Sono i suoi farmaci, i suoi portafortuna infallibili, i suoi amuleti.
Chi sono i suoi clienti? Specialmente i pezzi da novanta del governo, della finanza, del commercio, dei giacimenti d’oro e diamanti, della polizia. Frequentano padre Joni-Alhaji Sheikh-Simba Mbiti per aumentare il loro prestigio: la loro ricchezza, soprattutto.
Pertanto il traffico della stregoneria - scrive Ruhumbika - cresce nell’arricchire i personaggi del potere; ma sono pochi e, tuttavia, determinano le sorti dell’intera comunità. Tale traffico, però, è molto rischioso: può diventare il principio della povertà di quanti ricorrono allo stregone e la causa di tanti loro problemi, a presiedere dal fatto che il traffico della stregoneria rappresenta la minaccia più grave per la vita e la sicurezza della famiglia (2). Figli e figlie, mariti e mogli scompaiono “misteriosamente”, come mosche.
Ne consegue che, a lungo andare e dopo varie esasperazioni, può scattare la caccia allo stregone e la pubblica vendetta.
Tale sorte non risparmia nemmeno padre Joni-Alhaji Sheikh-Mbiti Simba: stanato dal suo ufficio criminoso, viene linciato da alcuni suoi ex clienti, tragicamente delusi, in pubblica piazza. Naturalmente gli astanti non vedono, non sentono e non sanno nulla (3).
Contro il fenomeno della stregoneria - conclude Ruhumbika - è in corso una lunga e complessa guerra psicosociale. Ma si arriverà alla vittoria, perché recita il proverbio: penye nia pana njia (se c’è la volontà, c’è la strada).
Così nascerà in Africa la nuova famiglia della speranza. Ognuno potrà coricarsi alla sera e alzarsi al mattino senza il terrore dello stregone. Tutti potranno soddisfare il loro ideale di progresso nella serenità e sicurezza.
1) Cfr. Gabriel Ruhumbika, Janga Sugu la Wazawa, E&D Limited, Dar es Salaam 2001.
Del romanzo non esistono traduzioni in italiano, né in altre lingue.
2) Cfr. Gabriel Ruhumbika, op. cit., p. 187
3) Cfr. Ibid, pp.173-175
di Francesco Berrnardi






