Magazine Maternità
Accadde che io e la pupa ci siamo momentaneamente concesse una puntata in territorio romano, che ricordo essere il suolo natale della Suster, per presenziare ad importante celebrazione familiare occorsa nel pomeriggio di oggi.
Suster nella casa materna diventa immancabilmente indolente e improduttiva, troppo presa com'è a impersonare la parte del puffo brontolone, o in alternativa quella del nano Brontolo, ruolo che oramai prende il sopravvento sulla sua indole altrimenti affabilissima e accomodante, non appena varcata la soglia di suddetta casa, alloggio di sua infanzaia e adolescenza.
- Chi ha spostato tutti i miei pupazzi?
- Dove sono finiti gli animali di gomma? Proprio adesso che c'era chi ne avrebbe potuto usufruire avete pensato bene di buttarli, dopo decenni che erano lì a prendere polvere.
- Possibile che in questa casa non avete un asciugacapelli decente? Che fine ha fatto quello che vi avevo regalato lo scorso Natale? Ma come fate ad asciugarvi i capelli con un fon che getta aria fredda? Mi si è congelata la pupa, ci ho messo mezz'ora ad asciugarla!
- Che fine hanno fatto i miei pantaloni di lana che avevo lasciato qui a Natale? A saperlo me ne portavo un altro paio di ricambio. Li avevo lasciati qui apposta per non dover tutte le volte partire stracarica di vestiti!
- Ma che ci fanno tutti questi asciugamani in camera mia?
- Possibile che ogni volta che faccio la doccia mi si allaghi il bagno?
Suster ha torto marcio su tutto. Suster ormai è una mamma con una famiglia propria e una casa che, sebbene lei non riesca a considerare sua, adempie suo malgrado a questo compito. Suster non può più che considerare se stessa come un'ospite di passaggio, per quanto la cosa non le vada giù.
Suster ha fatto l'imperdonabile errore di tenere il piede in due staffe, o forse di mettere contemporaneamente i due piedi nelle due staffe di due cavalli differenti, che forse è anche peggio, come direbbe in questo caso il puffo Quattrocchi. E per quanto si sforzi di attribuire un peso relativo al proprio senso di appartenenza ad un determinato luogo, un pochino le rode di non riuscire più a sentirsi a casa sua in nessun luogo.
Però almeno lo riconosce.
Poi Suster si scoccia di dover utilizzare questo computer che non è il suo, dove non ci sono i suoi segnalibri e ogni volta che l'accende deve effettuare l'accesso su tutti i suoi account di nuovo e si scorda sempre le password e il nome utente, e deve farseli inviare sulla posta elettronica, che però non le si apre per lo stesso problema, e la tastiera ci ha i tasti che non battono e i simboli spostati, e lo schermo è quadrato e i caratteri giganti e lei si esaspera a dover sempre scrollare in continuazione. E fatica quindi a riprendere in mano le fila del discorso.
Ho lasciato il mio portatile a casa mia, dove lo avrebbe potuto usare Hasuna, e poi perchè mi sono imposta di partire leggera, perchè andavo alla stazione a piedi spingendo la pupa nel passeggino che così ha potuto farsi una pennica nel frattempo, che se no mi arrivava isterica e schizzata, e io intanto mi son fatta una passeggiata se pure a passo più che spedito che se no avevo paura di perdere il treno come mio solito, che io perdevo i treni pure quando abitavo sopra alla stazione, che da casa mia al sesto piano sentivo i fischi e l'altoparlante che annunciava i treni in partenza, e il bigliettaio stavolta mi aveva detto che non lo avrei potuto cambiare il biglietto, se perdevo questo treno, perchè mi faceva lo sconto (Boh!), e poi il cielo minacciava pure pioggia e io ho pensato che ci manca pure la pioggia come se non bastasse la corsa affannosa in passeggino, che se avessi partecipato avrei vinto anche la medaglia d'oro di marcia con passeggino, però alle olimpiadi per disabili al 10%, perchè ci ho l'anca sbilenca, per quanto nessun dottore me l'abbia mai diagnosticata, ma quando cammino a passo molto svelto e serrato mi scatta la giuntura e fa TLAC TLAC, un fastidio che non immaginate neanche, e io giù a correre con l'anca e il mio leggero bagaglio.
Che poi anche così leggera tanto non sono, perchè ho lo zaino e la borsa della pupa (quella allegata al passeggino per intenderci), e il passeggino stesso e la pupa, che è essa stessa un bagaglio, e c'è sempre il problema che il passeggino in quei maledetti corridoi dei treni non ci passa, e anche se sono andata a prenotare il biglietto in stazione nella speranza vana di riuscire a patteggiare col bigliettaio un posto vicino alle porte, all'inizio o alla fine del vagone, per non dover trascinare il mio ingombrante carico per metri e metri di gambe e gomiti sporgenti di passeggeri stravaccati sui loro sedili, in mezzo alla calca di quelli che issano le valigie in alto sui portapacchi, non c'è stato niente da fare, e ho dovuto prenotare un posto a collocazione incognita, perchè il tizio dello sportello mi riferisce che sull'Intercity non è possibile scegliere il posto come nell'Eurostar (ecco perchè si paga di più!). Niente da fare: io e i treni sempre nemici restiamo.
E invece il viaggio stavolta è andato tranquillo, la pupa è cresciuta e guardava dal finestrino e rideva quando vedeva il mare, rideva quando entravamo nelle gallerie, e quando abbiamo visto un gregge di pecore rideva pure, e rideva guardando una ragazza che era seduta tre scomparti più avanti, che le faceva le facce buffe, rideva e sputacchiava la pappa che mi è toccato darle pure in treno, davanti a un enorme impassibile sacerdote congolese forse, e a un dormiente ragazzo inglese che ci ha gentilmente ceduto la sua busta di carta con i resti del suo fast-food per infilarci la quintalata dei fazzolettini intrisi di pappa che non sapevo più dove mettere. La pupa era tipo euforica e si è addormentata giusto venti minuti prima che arrivassimo a Roma Termini, ma un pochino aveva dormito già prima quindi va be'.
Poi corsa appresso a mia madre che appena scesa mi sequestra la figlia e si pone alla guida del mezzo pupesco destreggiandosi tra auto in code chilometriche e autobus snodabili con giunture a soffietto, che in curva ci manca poco che gli arriva un colpo di coda di uno di questi colossi snodabili, metre lei si addentra nell'attraversamento pedonale ignorando semafori e precedenze perchè troppo presa a fare vocine e smorfie alla nipotina che non vede da tanto e la figlia che sarei io della generazione di mezzo scompare intanto a metri di distanza avendo perso l'attraversamento sempre con la sua anca sbilenca e il fiato sospeso per le prodezze materne, ma poi, dopo appena un'ora e mezzo di traffico siamo a casa, e non c'è niente da fare, la capitale riesce sempre a stupirmi per la praticità e la rapidità dei suoi collegamenti.
Come oggi che tornando da laurea di fratello-zio Ergino con lode, c'è da puntualizzarlo, che quello è mio fratello e un po' ne vado fiera, di ore ce ne abbiam messe 2 e mezza, e il nostro rinfresco casalingo si è trasformato in sorta di aperi-cena, con noi stremati a morte da ore e ore fermi in coda su tangenziali e strade consolari sotto pioggia scrosciante, muovendoci di un metro ogni dieci minuti, e pupa che ha fatto in tempo a consumare suo pisolino pomeridiano serale e a risvegliarsi 40 minuti dopo, più incacchiata che mai di trovarsi ancora lì. Poi all'andata il duo comico madre-figlia inteso come Suster e la di lei madre inscenano esilarante gag al momento di montare in macchina, e piove, aspetta che accosto l'auto al box così non vi bagnate, tu e la pupa, aspè ma', ti sei accostata troppo, bisogna caricare il passeggino nel portabagagli e così non ci passa, vai un poco avanti con la macchina, sì però tu tieni la pupa sul sedile che ho paura che si rovescia, va bè, dai ci sono, la tengo, vai avanti, no no, vai indietro, c'è il mio piede sotto la ruota, MAMMAAA VAI INDIETROO C'E' IL MIO PIEDE C'E' IL MIO PIEDE C'E' IL MIO PIEDE!!!! Ringrazio ancora lo scarponcino che mi ha salvato da sorte ben più trista, e la mia indolenza di questi giorni che mi ha impedito di andarmi ad accattare, malsana idea, graziose scarpe da cerimonia con le quali il mio piede sarebbe stato suppongo fottuto dal leggiadro peso della Panda.
Mi è ritornato però in mente un episodio narrato in Memoriale del Convento, libro da me letto alcuni mesi or sono, ove si racconta di grande fabbrica di colossale convento di Mafra in Portogallo, per costruire il quale una volta un operaio ci rimette una gamba nel modo all'in circa descritto poc'anzi da me a proposito di esilarante sketch madre-figlia. Il dolore fisico di quell'esperienza mi riporta a quelle pagine, e un poco mi lascio trascinare così dallo stile torrentizio del suo autore. Chiedo perdono per la maldestra perfomance.
Non sono al top. Un poco preoccupata per Hasuna, un poco ansiosa per quello che continua ad accadere al di là del Mediterraneo, un poco in colpa per non essere con lui, un poco incazzata con questo mondo che non funziona come dovrebbe, un poco delusa per averci creduto, che le cose possono cambiare in meglio, un poco indignata di come eventi di portata storica passino oggi nell'indifferenza generale e nel pressocchè silenzio dell'informazione ufficiale. Ma a che serve. Lasciamo perdere.
Domani io e la pupa si riparte verso nuove avventure: si torna a Pisa.
Che Dio o chi per Lui ce la mandi buona.
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