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Su Phobos, paghi uno e prendi due

Creato il 12 novembre 2013 da Media Inaf

I campioni del suolo della luna di Marte, raccolti e spediti poi sulla Terra dalla futura missione programmata dall'Agenzia Spaziale Russa, non solo potranno gettare nuova luce su Phobos, ma anche permetterci di recuperare materiale proveniente direttamente dal Pianeta rosso. Un grande valore scientifico aggiunto, che emerge dai risultati di uno studio condotto da due geologi della Brown University negli Stati Uniti.

di Marco Galliani 12/11/2013 12:37

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La crisi, lo sappiamo, ormai morde le economie mondiali e la ricerca, non esclusa quella spaziale, è uno dei settori più afflitti da contrazioni dei finanziamenti in gran parte dei Paesi più sviluppati. Ecco allora che le agenzie spaziali rivedono i loro piani strategici, ridimensionano i costi di progettazione e realizzazione delle missioni, ottimizzandone ogni singolo elemento. Nonostante gli sforzi, poi, non sempre le cose vanno per il verso giusto e, nel peggiore dei casi, si può portare a casa un desolante fallimento. Se lo ricorda ancora bene il team della missione Phobos-Grunt dell’Agenzia Spaziale Russa (RKA): un paio d’anni fa la sua sonda, che avrebbe dovuto raggiungere Phobos (una delle due lune di Marte), raccogliere campioni del suo suolo e riportarli sulla Terra, non riuscì neppure ad oltrepassare l’atmosfera del nostro Pianeta, rientrando mestamente nell’Oceano Pacifico.

Sbollita la delusione, è stato rimesso in programma dalla RKA un nuovo tentativo, ribattezzato per ora Phobos-Grunt 2, che prevede gli stessi obiettivi scientifici della prima, sfortunata missione: studiare la composizione chimico-fisica della superficie e delle rocce del satellite di Marte, per capire la sua storia e risalire alla sua struttura interna, raccogliendo alcuni campioni del suolo e riportandoli per analisi più accurate sul nostro pianeta.

A sostenere e anzi aumentare le speranze per la concretizzazione della nuova missione arriva ora anche uno studio condotto da due ricercatori della Brown University di Providence, Rhode Island (USA). I geologi Kenneth Ramsley e James Head hanno calcolato che una frazione non trascurabile del materiale distribuito sulla superficie di Phobos proverebbe da Marte. In pratica, ogni mille tonnellate di regolite (la miscela di polveri e frammenti di rocce che ricoprono Phobos) ci sarebbero 250 chilogrammi di terreno marziano. A portarlo fin lassù sarebbero stati gli impatti subiti dal Pianeta rosso con altri corpi celesti come comete e meteoriti.

“Quando un corpo impatta su Marte, solo una piccola frazione del materiale sollevato possiede una velocità sufficiente per raggiungere l’altitudine a cui si trova Phobos, e l’orbita del satellite interseca solo una piccola porzione di quella nuvola” spiega Ramsley. “Così siamo riusciti a stimare quale è la frazione di quel materiale che è riuscito a ricadere su Phobos”. Questa distribuzione non sarebbe inoltre uniforme su tutto il satellite. “E’ da epoche relativamente recenti, più o meno negli ultimi 100 milioni di anni  – prosegue il geologo – che Phobos orbita così vicino al suo pianeta. Nel lontano passato era molto più distante. Quindi il terreno che sarà possibile sondare presenterà concentrazioni di minerali d’origine marziana da dieci a cento volte maggiori che negli strati più profondi della superficie di Phobos”.

Così, anche se 250 parti su un milione potrebbero sembrare un contributo trascurabile, la speranza di riuscire con Phobos-Grunt 2 a riportare sulla Terra anche un piccolissimo quantitativo di suolo marziano sarebbe un valore aggiunto elevatissimo per la missione. Insomma, un’offerta “paghi uno , prendi due” davvero ghiotta, soprattutto in questi tempi di crisi.

 

L’articolo Mars impact ejecta in the regolith of Phobos: Bulk concentration and distribution di Kenneth R. Ramsley e James W. Head pubblicato sulla rivista Planetary and Space Science

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani



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