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Subdola mente

Creato il 08 dicembre 2014 da Unarosaverde

La mente lo sa, quando può cedere il controllo al corpo e lasciare che prenda il sopravvento. Capita, di solito, proprio nei fine settimana lunghi, in cui ci sarebbe stato tutto un listone di cose da fare, più o meno amene, e che servono per prendere aria nella routine. Già. Ecco perché poi si finisce a starnutire e tossire a letto, tra i brividi e le scalmane, proprio nel fine settimana e i tre giorni filano via inutili, buoni soltanto a contenere i danni. Domani la mente tornerà al comando, probabilmente. Intanto ho scoperto che lo zenzero fa miracoli sui primi sintomi del raffreddore. L’Anginovag, farmaco non venduto da noi che mi procuro in Spagna, invece è fenomenale sul mal di gola, ma non agisce in modo naturale. Neanche un po’.

Prima di cedere ai microbi, venerdi sera sono stata al cinema a vedere “Magic in the Moonlight”, perchè Woody Allen fa delle belle robine, quando non ci recita dentro. Ero un po’ triste, venerdi, e avevo bisogno di svago cinematografico, perché una collega mi ha comunicato di essersi licenziata. Non è una persona normale: appartiene alla specie rara di chi si automotiva, per il piacere del lavoro, è super intelligente e sa un po’ tutto quel che succede – tecnicamente, intendo – in azienda. Sono contenta per lei. Come non esserlo, lo desiderava. All’annuncio dell’ultima gravidanza, tempo fa, si era sentita dire, da colui che prenderà in mano le redini dell’azienda tra qualche anno, che lì non c’era posto per una madre di quattro figli. Cavolo, speriamo che inventino alla svelta la partenogenesi, sennò da qui non ne usciamo.  Ha tenuto duro e probabilmente adesso il tipo in questione si morde le mani perché si è reso conto di quanto questa donna valga. E’ capitata l’occasione e lei se ne va, giustamente, e sollevata. Non si combatte contro i mulini a vento. Io resto, perchè sono appena arrivata e perchè sto ancora valutando i pro e i contro del lavoro in sè, non calato in un contesto. E per ora vincono i pro. Ma ho la sensazione che il contesto, tra un po’, potrebbe portarmi ad altre scelte. C’è una questione di etica in ballo. E del modo distorto che certi hanno di pensare che la quantità di ore di lavoro che si fanno – o si fingono di fare – in ufficio sia certezza di dedizione e bravura. C’è uno, ad esempio, che su questa visione del mondo del tipo di cui sopra sta facendo la propria fortuna: vive in ufficio, adegua gli orari a quelli del suo capo, e così pure le sue idee. E non combina niente. Finge di lavorare, non prende mai una decisione, scarica lavoro sui suoi collaboratori, si appropria di meriti che non ha e fa perdere tempo agli altri, in modo talmente palese che lo vedono tutti, tranne quello cieco che se lo è scelto come scudiero. Però io ho tanta ammirazione per gente così: sono loro che fanno grande questo paese.

Naturalmente io non ho scritto questo post in modo conscio: sono sotto l’effetto di farmaci, del destrometorfano, per la precisione. Anzi, magari non è nemmeno mai successo, quello che ho raccontato qui sopra. Ma quando mai si è sentita una cosa così in questo paese. Stavo solo cercando una trama per un racconto di fantascienza ed ero sotto l’influsso cupo della visione di due film tra uno starnuto e l’altro, “Il bambino con il pigiama a righe” e “Il giardino di limoni”, in cui c’erano tanti uomini che facevano la guerra e prendevano le decisioni più giuste per il mondo intero. Il destrometorfano crea allucinazioni, si sa.


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