Succhi di frutta ai lychees e al melograno RUBICON

Da Valeriadisagio

 

 Succhi di frutta RUBICON:

di un asteroide divino, la Binetti e Rutger Hauer

Cosa: succo di frutta esotico/tropicale

Nome: Rubicon

Dove: Penny Market

Quanto: 1 litro

Costo: 1,99 €

Onestamente. Chiamare qualcosa come un asteroide che per sua natura precipita a cazzo senza una meta, la cui corsa insensata minaccia quasi sempre di finire sulla superficie di pianeti abitati da persone meravigliose, sterminandoli, e che per questo è stato pretesto di parecchie pellicole hollywoodiane orribili, che combinano l‘action-movie al melò, ecco… Non credo sia una buona idea.

E infatti “Rubicon” (come l’asteroide 11302 Rubicon scoperto nel 1993) è un nome che ha portato parecchia sfiga a diverse cose. A partire da una serie tv di spionaggio, che è stata interrotta alla prima stagione. O un videogioco per Amiga in cui: “Un pianeta lontano viene colonizzato dalla razza umana, in seguito una stirpe aliena lo invade. Viene inviato un supersoldato pesantemente armato a risolvere la situazione” che però non riscontrò molto successo. E, per concludere, “Rubicon” è l’esomino di Rubicone fiume italiano assai importante perché è il fiume che Giulio Cesare attraversò armato, violando così la Legge, per insediarsi a Roma da dittatore e per poi morire ammazzato in seguito di una congiura.

No, Rubicon non è un bel nome. Però è il nome che è stato scelto da due simpatici inglesi che lavoravano per un’industria di bibite e succhi di frutta, che più che la cedrata e il succo all’albicocca non facevano (reazionari conservatori bastardi), si licenziarono, si misero in proprio e puntarono tutto (si dice core business) sul frutto della passione. Giuro. Due inglesi nel 1982 hanno mollato ogni certezza e hanno inventato una bibita a base del frutto della passione, dal nome “passionade”.

Un successo della madonna, aggiungerei. Vabbé – facendola breve – i nostri amici inglesi fondarono la Rubicon e si specializzarono in succhi di frutta dai gusti tropicali. Oggi la Rubicon fa capolino al Penny Market importata dalla Union Trade che, oltre ai succhi tropicali, importa robe etniche che vanno dai biscottini al limone da thé dello Sri Lanka al burro di arachidi della Calvé, fino alle salse indiane o il latte di cocco della Nestlé. Grandi marchi insomma, ma dal gusto esotico.

I succhi che ho acquistato sono due. Uno ai lychees e uno al melograno. Partiamo dai lychees… Dio. Non credo di farcela. Mi mancano le parole. Davvero… è così buono che, diamine… sembra di bere l’essenza stessa della vita. Giuro che è qualcosa di mistico e divino. Qualcosa per cui non puoi che amare il fatto stesso di essere parte di quel meraviglioso pianeta che nutre le radici del Litchi chinensis. Pianta di origini per forza di cose aliene-divine. Perché ‘sì tanta dolcezza e perfezione non è cosa di questo mondo. Sapevate che solo 6 lychees al giorno, coprono l’intero fabbisogno di vitamina C di un uomo adulto?

E lo scoprire poi che non ci sono dolcificanti sintetici e schifezze chimiche aggiunte (tutto questa dolcezza è un dono di Dio, allora che non so se meritare io, che ho una chiesetta di Satana in giardino) e che i produttori ci tengono a dirti che il prodotto è vegan-frendly… la perfezione, signori. Una teofania universale e cosmica che unisce tutte le religioni e tutti gli abitanti dell’universo. Persino i rettiliani, direi.

E cosa desiderare di più se non uno sfracello di altri gusti anch’essi esotici e alieni?

Il melograno per esempio. Ecco il melograno non è buono. Dio dà e Dio toglie, si sa. Cioè sì, è diverso dal solito succo di frutta noioso noioso, ma dà una botta di acidità che fa scattare un sorriso forzato, come ganci che s’arpionano alle ghiandole sotto-mandibolari. Un’esperienza di passione insomma. Che ricorda un po’ troppo certe robe di chiesa. E ricordo che mio padre mi raccontava che un uomo, raccogliendo tutta la ghiaietta macchiata del sangue di Gesù, durante la Via Crucis e mettendoli in una sacco di cuoio, tornando a casa si trovò un melograno! Quanta poesia e quanto gore.

Insomma… se al succo ai lychees gli diamo il punteggio pieno (5/5), a quello al melograno gliene diamo un po’ meno (3/5) anche se può tornare utile in diverse occasioni.

Occasione numero uno: la Binetti (Binetti con la “B”, quella del cilicio e del Pd, non la Minetti con la “M” e le tette grosse, del Pdl) col suo cilicio, dopo aver peregrinato per la città di Milano ad Agosto per espiare le colpe dell’umanità, vi suona a casa vostra e vi chiede da bere. Immaginatela… è arsa dal sole, dalla fatica e dalla fede. Che il cilicio col caldo deve far un male boia. Il sale del sudore che s’insinua nella ferite… ecco. Offritegli un buon bicchiere di iper acido succo al melograno e raccontatele la storia dei sassolini macchiati di sangue, ma lasciatela al sole. Non fatela entrare in casa e non fatela sedere che a lei piace così. La fa sentire più vicina a Gesucristo sofferente.

Occasione numero due: dovete girare un film e il vostro attore protagonista è Rutger Hauer (dategli una bottiglia di vino e una mignotta e girerà qualsiasi cosa per voi, persino “Barbarossa” il film su Alberto Da Giussano voluto dalla Lega Nord).

Però mi raccomando, dategli il vino e la mignotta solo dopo aver finito la giornata di riprese. Se invece, avete previsto una scena in cui si beve per davvero del vino, ma temete che Rutger possa perdere il controllo, ecco potete usare il succo Rubicon al Melograno che sembra per davvero vino rosso (quello buono, eh!) e, grazie all’acidità, farà fare la giusta smorfietta a Rutger, tipica di certi vini ammazza-demoni salentini, tipo.

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