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Sui fondi intonacati

Creato il 22 ottobre 2010 da Fabry2010

di Alfonso Nannariello

IIIIIIIVVVIVIIVIIIIXXXIXIIXIII - XIV XV

Quegli uomini erano così, padroni di se stessi. Solo il loro spirito li attraeva a sé, come la calamita il ferro. Solo a esso erano sottomessi.
Quegli uomini s’erano cavati dalla terra, s’erano visti e penetrati procedendo un po’ alla volta con lo sterro. Ora, coi muscoli contratti, non allentavano la presa che li teneva stretti.
Coscienti di quanto avevano di incomunicabile, erano posati in tutto il loro fare, e per non sciupare lo spirito, la grazia che era in loro, erano severi, in primo con se stessi. Sobri nel parlare, quando aprivano la bocca erano forti e schietti. Parole come colpi, come spari.
Tirato a neve, il bianco, sui fondi intonacati delle case, dichiarava il loro essere assoluti. Il loro non essere lesi da vizi e da peccati.

Gli sfondi intonacati delle case, non avevano, però, una unità tonale. Lo conferma, tra l’altro, la Rubrica (storica) dei materiali della più antica bottega del paese, quella di Tommaso Piumelli, in cui figurano i soli colori da noi utilizzati: nero fumo, verde calce, rosso inglese, giallo cromo e giallo dorè, blu oltremare e terra d’ombra, senza specificare se bruciata o naturale.
Oltre al bianco tirato a neve si usavano così bianchi spenti da pizzichi di fumo o punte di cromo oppure di quel rosso davvero poco brillante. C’erano, e me lo ricordo, anche azzurri smorzati e terre i cui mezzitoni neutralizzavano la vivacità di una tonalità più intensa, poco propensi a eccitare i sensi.
Sui fondi intonacati delle case, la pellicola lasciata sulla superficie dell’acqua dalla calce viva, passata sui colori dati al muro ne stabilizzava i toni e li fissava.

Quelle tinte indurite e interrotte erano il risultato della disciplina esercitata su stessi, tabelle di regole non scritte e dichiarazioni di controllo sugli eccessi.



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