Magazine Diario personale

SULL'EUTANASIA ovvero IL 25 APRILE

Da Vale
Mia nonna ha 97 anni.
E' lucida e fino a poche settimane fa leggeva in libro a settimana.
Ora non ci riesce più, perché non sta bene, non mangia, non beve.
Prega.
Prega tutti i giorni di andare a dormire e di non svegliarsi più. Sarebbe una liberazione, mi dice. Ho voglia di morire.
Le ho sentite tante volte queste parole, alle quali io reagivo con comprensione e fermezza. No, nonna. Non devi dire così, ci sono io, i tuoi nipoti, le tue figlie, i tuoi libri.
Ma ora non ce la faccio più a dirlo.
In qualche scatola preziosa ho un'audiocassetta che ho registrato almeno venti anni fa. Lì dentro mi racconta tutta la sua vita.
Intorno ai giorni della liberazione erano i giorni più cruenti e crudeli.
Mi ha raccontato che mio nonno è sfuggito al rastrellamento delle fosse ardeatine perché avvisato dal soldato gentile di scappare da quelle strade. Mi ha raccontato degli otto piani da fare tutti i giorni per portare l'acqua in casa, con mia zia di due anni, con una dissenteria cronica da più di 12 mesi e mio nonno allettato  per mancanza di cibo. Mi ha raccontato delle vicine che andavano a letto coi soldati e che, commosse, le portavano un po' di zucchero e un po' d'olio.
Mi ha detto pochi giorni fa che però lei andava avanti. Non pensava alla paura, andava avanti a vivere "ed ero quasi più serena che adesso, nonostante i miei quaranta chili e la fatica".
Oggi non riesco più a consolare mia nonna.
Perché anche io prego. Prego che si addormenti tranquilla e che non si svegli più.
Ho lasciato da parte i miei egoistici desideri, e ho capito.
Ho capito che ha ragione, e fa male davvero dover affrontare questa ragione.
Pregare perché possa esaudirsi il suo desiderio non è forse un po' praticare l'eutanasia?
Probabilmente da un punto di vista pratico la risposta è no. Ma dal punto di vista del cuore è sì.


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