Sull’evasione fiscale dallo spot alla forca.

Creato il 09 agosto 2011 da Cristiana

Il governo, per mano del ministero dell’economia, lancia uno spot contro l’evasione fiscale. In realtà l’agenzia delle entrate dell’Emilia Romagna ne aveva  già lanciato uno due anni fa.

 Il messaggio è immediato: l’evasore fiscale è un parassita della società.

Boccia (PD) bacchetta il Governo e invoca pene più severe fino all’arresto. Luca Sofri lo redarguisce stupendosi di una sinistra forcaiola.

Il tema dell’evasione fiscale è in realtà il tema discriminante che sposta l’elettorato. Chi ha ritenuto che il lassismo berlusconiano potesse rilanciare le imprese e quindi l’ economia, laddove la scure di Visco appariva come un’ombra tetra sullo sviluppo. Chi riteneva con intento forcaiolo che gli evasori andassero solo scovati e puniti.

In realtà questo Governo non è credibile e con lui tutta questa classe politica che “autorizza” il Paese ad evadere.  Solo una classe politica credibile ed onestà potrà un giorno creare le condizioni di un Paese onesto. E viceversa. Un Paese onesto fornirà una classe politica onesta.

Qualsiasi evasore farà una pernacchia davanti allo spot. Come ho detto anni fa in un intervento su repubblica se non ci rendiamo conto che NON tutta l’evasione finisce in mignotte e yacht, ma viene investita nuovamente in molte attività, non abbiamo capito nulla del Paese (il che non giustifica, ma descrive).

Lo Stato deve compiere cinque passi contestuali se davvero si vuole combattere l’evasione.

1) Inasprire le pene e garantire la punibilità in tempi brevi. Manette o no, chi evade non fa reati ammnistrativi, ma reati contro lo Stato.

2) abbassare il carico fiscale.

3) Modificare il costo del lavoro consentendo anche l’emersione del nero che è parte dell’evasione.

4) abbattere la burocrazia, semplificando l’accesso all’impresa e la nascita delle imprese. Anche lì cova l’evasione della “sopravvivenza”

5) dare l’esempio e abbattere gli sprechi

Senza queste cose contemporanee e strutturali gli spot servono per rimediare al crollo di questo governo. E le diatribe estive monoculari – che guardano un angolino del problema – non ci servono.

Servirebbe uno sguardo complessivo sul Paese. Ci si spaventa, è vero.

Ma è diventata questione di sopravvivenza quello sguardo e alla politica, come al giornalismo, è richiesto coraggio.


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