di Massimo Pittau. Il nome della nostra isola Sardegna risulta strettamente collegato a quello di altre località molto distanti fra loro, ma la cui stretta connessione linguistica è molto significativa ai fini di una importante tesi storiografica che vado sostenendo da anni. I toponimi in questione sono i seguenti: Sardis in Asia Minore, Sardinia la nostra isola, Sartena in Corsica, Sarteano in Toscana, Sardagna presso Trento.
Sardis o Sardeis era la capitale della Lidia, vasta regione e importante stato gravitante nella costa centro-occidentale dell’Asia Minore od Anatolia e bagnata dal Mare Egeo. La grande città costituiva il capolinea di importanti vie commerciali dell’Asia Minore, compresa la “strada regia” che la collegava con la Mesopotamia e con la Persia<1>.
Il toponimo Sárd(e)is, in lingua lidia propriamente Śfard-, etnico Śfarda-etn, probabilmente significava «anno» oppure «solstizio» e ciò in onore del dio Sole adorato dai Lidi, con una denominazione dunque teoforica o referente a una divinità<2>.
In un anonimo commento del dialogo «Timeo» di Platone viene riportata la notizia secondo cui, attraverso il nome di una leggendaria donna Sardō, l’isola di Sardegna avrebbe derivato la sua denominazione appunto da Sárd(e)is, capitale della Lidia<3>.
Sul piano linguistico il toponimo Sárd(e)is era connesso a questi altri toponimi dell’Asia Minore: Sardénē (nella Misia), Sardēssós e Sardemisus (nella Licia).
Nella lingua greca il nome della nostra isola era Sardó, Sardõnē, Sardõnia, Sardanía, Sardẽnia e l’aggettivo etnico era Sardó(o)s, Sardánios, Sardianós, Sardónios e il sostantivo Sardáioi, Serdáioi.
L’odierno nome della Sardegna deriva chiaramente da quello latino Sardinia e trova come odierne connessionei i toponimi protosardi o paleosardi Sárdara (OR), Sardasái (Esterzili), Sardajara (Nurri), Sardòri (2: Teulada, Villacidro), Serdiana (CA), Serdis (2: Escovedu, Uras).
Sartena, Sartene è il nome di un villaggio della Corsica meridionale, in una zona nella quale si trovano notevoli resti della cosiddetta “civiltà torreana”, così chiamata da “torri” del tutto simili ai nuraghi sardi, anche se meno imponenti. È del tutto verosimile che i Protosardi o Nuragici siano per l’appunto sbarcati anche nella Corsica meridionale, nella via diretta che, lungo la costa orientale della Corsica e di quelle dell’Arcipelago Toscano, costituiva per essi la via più facile per arrivare nella Penisola italiana e precisamente a Piombino, la antica città etrusca di Populonia.
Sarteano o Sartiano (Siena), Sartiana e Sartiano (Lucca) sono tre toponimi toscani che risultano chiaramente connessi con l’etnico Sardianós, che era una delle varianti con cui i Greci chiamavano gli antichi Sardi. D’altra parte nel materiale linguistico della lingua etrusca che ci è stato conservato compaiono i seguenti antroponimi che sembrano pur essi corradicali dell’etnico Sardi: Sertna(-l), Zarta, Zertna(-i), Zertna(-s), ai quali corrisponde chiaramente l’odierno toponimo Sertino (Castellina in Chianti)<4>. Ed è appena il caso di accennare al fatto che la lingua etrusca non aveva la consonante dentale sonora /d/, alla quale invece corrispondeva quella sorda /t/.
Infine pure il toponimo trentino Sardagna è chiaramente connesso con uno dei nomi con cui gli antichi Greci chiamavano la nostra isola: Sardanía, con la normale ritrazione dell’accento tonico effettuata in bocca latina e all’epoca romana.
Dunque, dal punto di vista tipicamente ed esclusivamente linguistico i seguenti toponimi Sardis (Lidia), Sardanía (Grecia), Sardinia (Sardegna in epoca romana), Sardara (Sardegna), Sartena/e (Corsica), Sarteano, Sartiana e Sartiano (Toscana), Sardagna (Trentino) si presentano come omoradicali o corradicali, si presentano cioè come le perline sciolte e disperse di un collana unica ma spezzata. La quale attende di essere ricostruita con un filo unico costituito di fatti e considerazioni di carattere propriamente storiografico.
E questa ricostruzione di quella collana o catena unica di toponimi può essere effettuata purché ci si rifaccia ad un notissimo passo di Erodoto (I 94), quello che narra del trasferimento della metà della popolazione della Lidia dall’Asia Minore nell’Occidente mediterraneo, e precisamente in quella regione che finirà per essere denominata Tuscia od Etruria, posta fra i due fiumi Tevere ed Arno ad oriente e il Mar Tirreno ad occidente.
Già l’autorevole archeologo e storico Pedro Bosch Gimpera aveva sostenuto che gli emigranti lidi erano arrivati in Etruria soltanto dopo aver soggiornato per qualche secolo in Sardegna, nelle vesti dei Sardi Nuragici, i quali dopo erano sbarcati in Etruria richiamati dalla scoperta degli importanti giacimenti di ferro nella Tolfa del Lazio e nell’isola d’Elba in Toscana<5>.
In seguito, dalle loro prime sedi di sbarco e di insediamento di Populonia, Vetulonia, Vulci, Tarquinia e Caere, gli emigrati avevano conquistato l’intera regione con una direzione che andava dal sud-ovest al nord-est.
E poi, col passare del tempo, gli Etruschi avevano superato l’Appennino tosco-romagnolo ed avevano conquistato e rifondato Felsina (= Bologna), Modena, Parma, Spina, Adria e Mantova. Infine avevano risalito le valli alpine, soprattutto quella dell’Adige sia alla ricerca di nuovi giacimenti di minerali sia perché cacciati dalla Padania verso le Alpi perché costretti dalla invasione dei Galli. Ed erano arrivai fino a Varna, Velturno, Vipiteno in Alto Adige<6>.
Ebbene proprio questo lungo tragitto dei Lidi, che si erano trasferiti prima in Sardegna e dopo nell’Italia centrale e infine avevano conquistato parte della Padania e la valle dell’Adige, è chiaramente indicato pure dalla trafila dei su citati toponimi, che trascrivo ancora una volta: Sardis (Lidia), Sardanía (Grecia), Sardinia, Sardara (Sardegna), Sartena/e (Corsica), Sarteano, Sartiana e Sartiano (Toscana), Sardagna (Trentino).
A me è capitano spesso di entrare in polemica con archeologi e una volta rivolgendomi ad uno di loro scrissi: «È ben vero che le pietre, i vasi e i cocci di terracotta, i vasi di metallo, le armi pure di metallo hanno una particolare consistenza documentaria in ordine alla ricostruzione di pagine di preistoria e di storia antica, ma molto spesso pietre, cocci, vasi ed armi sono del tutto muti, mentre le parole e i toponimi hanno la dote di “parlare” molto più e molto meglio».
N O T E
<1> Vedi M. Pittau, Storia dei Sardi Nuragici, Selargius (CA) 2007, Domus de Janas edit. [Libreria Koinè, Sassari], §§ 7-9.
<2> Vedi M. Pittau, op. cit. § 36 pag. 147.
<3> Platonis dialogi, scholia in Timaeum (a cura di C. F. Hermann, Lipsia 1877), 25 B, pag. 368. Il testo greco è riportato da M. Pittau, La Lingua dei Sardi Nuragici e degli Etruschi, Sassari 1981, pag. 57.
<4> Vedi Silvio Pieri, Toponomastica della valle dell’Arno, in Atti della «R. Accademia dei Lincei», appendice al vol. XXVII, 1918, Roma (1919), pag. 47 (il quale però sbaglia di molto nella spiegazione linguistica); Silvio Pieri, Toponomastica della Toscana meridionale (valli della Fiora, dell’Ombrone, della Cècina e fiumi minori) e dell’Arcipelago toscano, Siena 1969 («Accademia Senese degli Intronati»), pag. 132.
<5> Vedi M. Pittau, op. cit., §§ 11, 25, 63.
Artwork, costumes of Sardinia around 1880.
<6> Vedi M. Pittau, Lessico Italiano di origine etrusca – 407 appellativi 207 toponimi, Roma, Società Editrice Romana, 2012 [Libreria Koinè, Sassari], pagg. 118, 119, 121.