Sull’orlo di una crisi di nervi

Creato il 07 novembre 2010 da Silvanascricci @silvanascricci

Come nell’antica Roma la caduta dell’impero fu solo la ritardata conseguenza dell’eclissi delle virtù repubblicane, così anche a Bologna la crisi era nell’aria, figlia di tanti padri.

Guido Fanti, già nel 1993, quando fu eletto sindaco Valter Vitali disse che con lui il ciclo felice dei buoni sindaci si sarebbe definitivamente chiuso.

Dall’ora per Bologna è iniziato il declino su di un piano inclinato.

Nel 1999 ci fu l’incredibile ed impensabile vittoria di un candidato di centro destra, poi dal 2004 l’infelice esperienza di Sergio Cofferati, catapulatato a Bologna dove si è reso impopolare, scontroso e sempre ai ferri corti con l’apparato bolognese del partito, finito poi a fare il sindaco da Genova.

Infine il disastro di Delbono costretto alle dimissioni dopo sette mesi di mandato.

Il risultato è stato che, oggi, la grassa e felice Bologna si sente depressa, litigiosa e molto, molto spaventata; forse anche più di quanto sia in realtà.

La causa principale di questo stato di cose è l’incapacità del PD bolognese di progettare il futuro; la buona amministrazione (che pure c’è sempre stata in tutti questi anni) non è più sufficiente; serve un progetto “visionario”, un programma di largo respiro mentre da Vitali in poi si vivacchia giorno per giorno.

In questi anni il partito non è più l’espressione della città ma tende a controllarla e lo fa malamente, senza fantasia, senza cultura, senza l’ala della progettazione.

La chiusura in se stessa della nomenklatura, dove il rapporto diretto fra i cittadini e la sinistra è sempre stato stretto, è un trauma aggravato dai nuovi meccanismi istituzionali e dall’impossibilità di scegliersi i parlamentari, inoltre si sente la mancanza della vecchia scuola quadri del PCI.

La nascita del PD non ha fatto altro che confermare questo stato di cose; la vita di sezione è divenuta sterile, i militanti che erano disposti a dare il sangue per la bandiera rossa non hanno la stessa disponibilità per il nuovo partito, che sentono lontano ed estraneo, e tutta la grande macchina del “modello emiliano” ha sempre meno benzina nel serbatoio.



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