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Sulla composizione fotografica. Che succede in questa foto?

Creato il 29 ottobre 2014 da Spaceoddity
Sulla composizione fotografica. Che succede in questa foto?[Foto] In più di una circostanza, nel corso di fotografia che ho frequentato, mi si rimproverava che nelle mie foto non succede nulla. Accetterei forse con più gioia che mi si dica che sono noiose, un simile giudizio rimanderebbe facilmente a questioni di gusto e ferirebbe di meno, L'osservazione, in realtà, non è analoga, va più a fondo e nel dettaglio: dice che quelle fotografie (poche o molte che siano) non raccontano niente.
Io non sono un reporter, protesto indignato con inopportuna, adolescenziale e dilettantesca prontezza. Questo non conta, mi rispondo da solo con quel briciolo di intelligenza che ancora mi rimane. Vediamo: queste tue foto raccontano o descrivono qualcosa? Ci sono cose oppure fatti? Qual è la giusta sintassi delle tue immagini? Dubito che sia un semplice riprodurre, semmai le fotografie riportano un attimo, l'intuizione (anche sbagliata) dello sguardo.
A proposito: cambiamo un attimo prospettiva. Se un lettore dovesse parlare delle mie foto, a quale articolazione grammaticale dovrebbe far ricorso? C'è la possibilità di far ricorso a diversi piani temporali? Poniamo, solo a mo' di esempio: è possibile dire che, mentre X corre, sullo sfondo vediamo il paesaggio che dall'estate volge verso l'autunno? Lasciamo perdere le allegorie, qui si parla della lettera del testo, del significato immediato della fotografia, del suo impatto.
Più si sta dietro un obiettivo, più ci si chiede cos'è che si voglia fotografare e, spessissimo, in fase di postproduzione, si predilige un quadrante - dunque un ritaglio - che non si era neanche considerato in fase di ripresa. Ciò è possibile soprattutto con le macchina moderne, dai sensori grandi, di definizione cromatica e nitidezza spesso sbalorditive. In camera chiara, la fotografia nasce di nuovo, l'oggetto, la cosa rinasce dal suo essere ricontestualizzato.Sulla composizione fotografica. Che succede in questa foto? Cambia la composizione di un'immagine cristallizzata.
Ciò che succede nello scatto è diverso da ciò che succede nella fotografia che poi va in stampa (ammesso che ci vada). È una menzogna? Non direi: a prima vista, anzi, sarebbe un po' come dire che la bugia è diversa dalla verità per la sua struttura sintattica. Non è vero, sul piano narrativo anzi spesso la menzogna funziona meglio della verità, è forse più "organica"; bisogna "allargare l'inquadratura" per capire che quel che vediamo è più o meno coerente con (e ha conseguenze diverse su) quel che rimane dell'immagine originaria.
La "bugia" e la "verità" funzionano sul piano grammaticale allo stesso modo e, se non parlano della stessa cosa, rispondono almeno alla medesima domanda. Se però si equivalgono su un piano narrativo, bugia e verità vanno valutate su una bilancia diversa (che qui non ci interessa ora). Il fotografo è comunque un reporter, se è in buona fede l'unica menzogna che gli è possibile consiste nell'intenzione narrativa: voleva raccontare restituire la pace di un grande parco di settembre, ma poi la sua attenzione viene attirata da un ragazzo che corre sul paesaggio cangiante all'inizio dell'autunno.
Il fotografo (un fotografo qualunque, non il professionista, dico) racconta magari una storia diversa. Ma nel momento in cui espone il frutto del suo lavoro, che va dall'intuizione dello scatto alla sequenza delle foto così come appaiono nell'album o in una mostra, ciò che dice è la verità. Se si esclude un fotoritocco creativo o doloso, quelle immagini che lo spettatore vede corrispondono più o meno alla realtà delle cose, poco importa in quale fase (ripresa, sviluppo o montaggio, per farla breve) sia intervenuto il genio del fotografo. Ma una fotografia corrisponde comunque a un segmento della realtà.
Oggi, con i vari software e le varie app di photosharing (penso soprattutto a Instagram, ma non solo), il ritocco della fotografia vuol prevalere sullo scatto, I diversi filtri riportano le immagini a mood, a stati d'animo, ad atmosfere che quasi intendono disinnescare il giudizio o anche solo la valutazione sulla qualità originaria dello scatto ed estendono ad altri formati predefiniti l'emotività commerciale e spesso stucchevole del bianco e nero (che, sia chiaro, rimane il mio linguaggio fotografico preferito, come spettatore). Ciò che è codificato è il modo in cui viene condivisa l'immagine, cosa vuol dire prevale su ciò che dice. Sulla composizione fotografica. Che succede in questa foto?
Tralasciamo però i filtri, il prêt-à-porter a basso costo dello sguardo drogato e impoverito di massa (al quale sempre più o meno inconsciamente obbediamo, soprattutto noi dilettanti presuntuosi e mediocri con smanie artistiche). Cosa dice dunque una fotografia? Cosa racconta? Che succede nelle mie foto? Perché, con tutta la buona volontà del mondo, si pone un ulteriore problema, quello della composizione "perfetta", "equilibrata". Anche senza obbedire a un canone, a un mood o a quel che si vuole, una buona composizione rischia di apparire statica, se non addirittura immobile.
Cos'è che conferisce dinamicità a una buona composizione? Cos'è che rompe le catene, permette alla realtà di fuoriuscire dalla fotografia e di integrarsi con il mondo dello spettatore o almeno di rimandare ad altro fuori dall'inquadratura? Io non lo so davvero, credo che la soluzione vada cercata in ogni immagine, che deve aprire lo sguardo di chi la osserva, non essere un vicolo cieco o un percorso obbligato. E non posso nascondermi le difficoltà di proseguire sui miei passi.
Una cosa, però, la posso dire, con la mia poca esperienza. Se da pochissimo mi sono avvicinato allo sviluppo fotografico, dopo una serie di resistenze fortissime, hanno avuto maggiore successo (cioè non mi sembra che vadano bruciate sull'istante) quelle fotografie che io ho sviluppato solo per me, secondo il mio gusto. Ogni volta che ho cercato di inseguire uno standard, un linguaggio fotografico, sono andato incontro ad errori madornali e a fiaschi ancora più disastrosi. Ogni sfida è una sfida con se stessi.

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