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Sulla distribuzione del libro, e le illusioni dello scrittore esordiente

Da Marcofre

Titolo lungo, vero?
Forse non lo conoscono tutti, ma Blogolo nel buio è un blog (ovviamente), che non pubblica moltissimi post, ma quando la fa, sono di qualità.

Come questo ad esempio, in cui si parla di distribuzione editoriale. Non si dice nulla di eclatante in realtà; se qualcuno conosce un po’ i meccanismi che stanno dietro a quella strana creatura chiamata “libro”, saprà bene che:

  1. pubblicare è estremamente difficile ma
  2. più difficile ancora è arrivare in libreria.

E’ bene ogni tanto farsi una salutare doccia fresca e tornare a vedere le cose come sono per davvero. Qualcuno a questo punto potrebbe pensare: “Ehi, a me che me ne importa! C’è il Web!”.

Fosse così facile. In realtà sulla Rete si trovano altri problemi, come l’abbondanza di offerta. E il lettore quando si ritrova nell’impossibilità di capire con chi a che fare (“Chi è questo che scrive? Ce l’ha almeno un blog in cui dica qualcosa di sé, magari pure di interessante? Ah, no?”), fa la scelta migliore: per lui certo.

Sceglie di andarsene, o di non scegliere, insomma: non compra e non scarica un bel niente.

Siamo in mezzo al guado, per come la vedo io. I grossi gruppi editoriali, i distributori e i librai che fanno la parte da leone (ah, ricordo che nel post di Blogolo si dice a chiare lettere che i libri italiani NON interessano ai librai. NON interessano), dettano le leggi. Se non fai parte del gruppo, auguri vivissimi.

D’accordo, c’è la Rete; ma come spesso ripeto io, non basta. E per spiegarmi cito un libro che si occupa di marketing, scritto da un tal chiamato Guy Kawasaki. Se chi legge è un utente Apple di vecchia data, saprà di chi parlo, per tutti gli altri c’è appunto il link a Wikipedia.

Nel suo libro “L’arte di chi parte bene” (dedicato alle start-up, l’avvio delle imprese insomma), cita la “bugia della bibita cinese”. Recita così:

“Se l’1% dei cinesi berrà la nostra birra, saremo il più grande successo degli ultimi 30 anni”.

Vado a memoria, lo confesso, ma il senso è quello. C’è una certa somiglianza con quello che pensano in tanti, quando si affidano a Lulu.com, vero?
“Ci sono così tanti utenti Internet in Italia, mica li voglio tutti. Mi basta l’1%, che ci vuole?”.

La logica della bibita (e anche quella di Lulu, sotto certi aspetti), presenta in realtà 4 problemi:

  1. Nessun imprenditore ha intenzione di attaccare un mercato come quello cinese;
  2. Convincere l’1% dei cinesi a bere una nuova birra (straniera per giunta), è un’impresa titanica;
  3. Qualunque azienda ha lo stesso obiettivo, riferito però a un altro mercato;
  4. Chi punta all’1% del mercato non è interessante.

Quello che un esordiente può ragionevolmente sperare, nel breve/medio termine, è creare attorno a sé consenso e attenzione. Ribadisco: pubblicare NON è più un valore. Pago, e sono pubblicato. Oppure, come faccio io: apro un blog e pubblico i miei racconti.
Sono a caccia della mia nicchia, senza fretta, senza soverchie illusioni. Se il valore c’è, le capacità ci sono, riuscirò ad avere con me un numero di persone (non clienti o numeri: persone), capaci di apprezzare quello che faccio. Di credere nella bontà della mia scrittura e un giorno se pubblicherò (con un editore online, o per mio conto), saranno disposti a sborsare del denaro.

Qualunque altro intento, scopo o obiettivo che dir si voglia, non ha avvenire. Secondo me.

 


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