G. mi manda un messaggio: Vieni a prendermi, per favore. Ho urgenza di andare a fare un colloquio di lavoro. Così mi metto in macchina in questo pomeriggio da primavera di fragole. L’abitacolo è isolato dalla strada dai finestrini chiusi. Ascolto la radio, in sordina, sembra riempire di canzonette ogni spazio a disposizione. Ad un tratto sento pressante l’insofferenza all’atmosfera ovattata dell’abitacolo. E’ come essere in una foto fuori fuoco, mi manca la percezione del reale. E’ un breve viaggio a ridosso del verde argenteo degli ulivi, ma lo vivo come un sogno, il racconto onirico di un pensiero. Abbasso di uno spiraglio il finestrino, per fare entrare la realtà. Il rumore frusciante delle auto che mi sorpassano – una striscia sonora che da stretta, lontana, diventa più larga mentre attraversa il mio campo visivo, per ridiventare ancora sottile fino a sparire del tutto – mi riporta nel posto in cui sono. Ad un tratto un piccolo fuoco di colore, una buganvillea, attraversa l’argento della campagna e si fa strada nella memoria degli occhi, sulla strada.
Magazine Diario personale
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