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Sup: Alla scoperta del Sup. In America lo praticano i Vip.

Creato il 28 giugno 2013 da Sportduepuntozero

sup 2Non ad ogni sportivo torinese è concesso il lusso di allenarsi immerso nel verde e guardarsi intorno in piedi dal fiume. Questo è un privilegio del Sup, acronimo di “Stand up paddling”, cioè “pagaia in piedi”. Si tratta di uno sport ancora poco conosciuto in Italia, come già espresso in un recente articolo da noi realizzato.

Ieri siamo andati allo storico Circolo L’Eridano di Torino, che il prossimo anno compirà 150 anni, proprio per fare un’esperienza diretta sul tema.  Abbiamo seguito gli atleti durante il loro allenamento, sempre sotto la guida di Luca Cassolo, l’istruttore che per primo, ha portato questo sport a Torino.

 Ricordiamo che il Sup consiste nel pagaiare con un remo restando in piedi su una tavola. E’ uno sport di facile approccio. Restare in equilibrio è molto più semplice di quanto si immagini, muoversi, invece, è molto faticoso e coinvolge numerose fasce muscolari, senza però affaticare la schiena.

 “E’ proprio per queste ragioni che è uno degli sport più in voga tra i vip, soprattutto le vip, in America. Lo praticano perchè modella il fisico insistendo sui punti più critici, come glutei e addome senza però ingrossare la figura con una muscolatura sproporzionata o eccessiva.”

Queste le parole di Luca Cassolo, che ha affermato sorridendo di non essere affatto dispiaciuto di allenare soprattutto le donne in questa disciplina.

“Scherzi a parte” ha continuato l’istruttore “è uno sport per tutti e dove ci si diverte. Si è creato un bel gruppo di amici oltre che di compagni di allenamento. Molti sono anche i ragazzi che hanno deciso di provare in questi mesi estivi, ma può essere praticato anche d’inverno. L’allenamento infatti non si esaurisce nell’acqua, ma prevede altre fasi, ad esempio in palestra o di corsa, soprattutto per chi decide di dedicarsi al sup a livello agonistico”.

 Il sup è una disciplina ancora giovane per Torino, capace di unire una relativa facilità nell’approccio all’esperienza “fluviale”, col tempo sempre più lontana dai torinesi.

L’auspicio è che la diffusione di questo sport possa riportare i torinesi a vivere il Po.


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