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Svenuto al mondo

Creato il 24 marzo 2013 da Cannibal Kid
Condividi SVENUTO AL MONDO Venuto al mondo (Italia, Spagna 2012) Regia: Sergio Castellitto Sceneggiatura: Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini Tratto dal romanzo: Venuto al mondo di Margaret Mazzantini Cast: Penélope Cruz, Emile Hirsch, Adnan Haskovic, Saadet Aksoy, Sergio Castellitto, Pietro Castellitto, Mira Furlan, Jane Birkin, Branko Djuric Genere: melodrammone Se ti piace guarda anche: La donna che canta, Il debito, La chiave di Sara
Sono venuto al mondo per massacrare il cinema italiano. Ormai lo so. Dopo Tutti i santi giorni e Bella addormentata e in attesa di prendere di mira il Dracula di Dario Argento, ecco una nuova vittima sacrificale: Venuto al mondo. Una vittima indifesa, che partiva già da premesse pessime, ovvero un film a conduzione famigliare. Una pellicola in cui Sergio Castellitto, di cui ho pure apprezzato i precedenti Non ti muovere e La bellezza del somaro, è alle prese con la trasposizione per il grande schermo di un romanzo della moglie, l’omonimo Venuto al mondo di Margaret Mazzantini, con in più nel cast lo stesso Castellitto Sergio più il figlio Castellitto Pietro, che tra l’altro si rivela un pessimo pessimo attore. Basta con ‘sti raccomandati, e che cazzo! Tutti a lamentarsi e a denunciare il sistema di nepotismo dominante in Italia e poi appena ti ritrovi con un figlio che sogna di diventare un attore, senza esserne capace, lo piazzi in un film al fianco di Penelope Cruz ed Emile Hirsch. Ma vaffanculo va.

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"Sono stato preso solo perché sono il migliore per la parte."
"Credici pure, Pietro Castellitto, credici pure..."

Scusate lo sfogo. Sistemato questo punto che mi stava particolarmente a cuore, da qui in poi il massacro della pellicola procederà in maniera più gentile, giacché non è tutto da buttare, da questo film Venuto al mondo. Lo stile di Castellitto è incerto, non è ben definito, mischia diverse soluzioni registiche e la sua confusione si può ravvisare anche nelle scelte della colonna sonora, che passa con nonchalance dai Nirvana con la sempre emozionante “Something in the Way” a “Guantanamera”, da Bruce Springsteen a brani di musica jugoslava. Una schizofrenia, più che eclettismo musicale, che trova spiegazione nelle differenti epoche e nei diversi luoghi in cui è ambientata la pellicola, ma che fa mancare al tutto di una vera coesione. Sergio Castellitto ce la mette tutta per tenere le fila della narrazione, ma l’impresa non è facile. Probabilmente per un eccesso di fedeltà nei confronti della moglie, anche se non ne posso essere sicuro non avendo letto il romanzo e non conoscendo la loro vita sessuale, il regista nel suo adattamento ha cercato di tenere a freno le tentazioni adultere e ha provato a inserire dentro la sua pellicola tutto quello che c’era sulla carta stampata. Avrebbe però potuto tagliuzzare qua e là. Il film risulta infatti troppo lungo, nella seconda parte è persino estenuante, e dalle due ore e passa di durata una mezzoretta buona si sarebbe anche potuta levare senza drammi. Che già ce ne sono troppi, dentro questa storia.

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"Lo vedi quello laggiù, Penelope?"
"Sì, ma cos'è?"
"E' il cadavere del cinema italiano."

L’altro grande problema del film è proprio quello di voler raccontare troppo: una storia d’amore epica, la guerra nell’ex Jugoslavia, l’identità di un ragazzo cresciuto in Italia ma con origini straniere. Amore, guerra, famiglia, maternità… Tanti temi che nella forma di un romanzo lungo possono tutti trovare il loro spazio, ma che invece nella forma cinematografica hanno maggiore difficoltà a convivere. Almeno senza risultare pesanti. E il film di Castellitto a tratti appare davvero pesante. Se la prima parte è a sorpresa parecchio leggera e ha i toni della commedia, con un Emile Hirsch spumeggiante, nel secondo tempo si cede al solito melodrammone da far cascare le palle. Il problema del cinema italiano, d’Autore e non solo, è sempre quello di prendersi eccessivamente sul serio. Di voler dire troppe cose, finendo per non dire nulla.
La svolta nel drammatico è poi piuttosto improvvisa e non convince. C’è il dramma dell’impossibilità di diventare genitori e c’è il dramma della guerra, ok, però o l'uno o l'altro. Con tutti e due si esagera! Il personaggio di Emile Hirsch all’inizio è il cazzone più spensierato di questo mondo e poi diventa una palla al piede. Capisco che la pellicola ci voglia mostrare come le difficoltà della vita possano cambiare le persone, però non mi sembrava il caso di buttare via così un personaggio che partiva in maniera ottima. Inspiegabile inoltre lo scatto d’ira del figlio di Penelope Cruz, quello interpretato dal figlio raccomandato di Castellitto. Forse il padre ha voluto regalargli una scena madre, che non riesce a reggere, peccato che il risultato a livello recitativo finisca dalle parti della telenovela sudamericana.
Basta raccomandati. Basta!

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"Ehm, non era esattamente questo che intendevo
quando ti ho detto che volevo trombare."

L’ultimo film di Castellitto Sergio viene quindi al mondo bene, con una prima parte promettente che mette sul fuoco tanta carne, che sembra una riflessione sul passato, sulla guerra e sulla famiglia e un guardarsi indietro non troppo distante da film come La donna che canta, Valzer con Bashir, La chiave di Sara o Il debito. Dopo di ché, la pellicola lascia bruciare quasi tutte le sue idee e affonda nel patetico e nella noia. Se possiamo dare un merito al cinema italiano è quello di avere buone intenzioni. Che poi siano raramente messe a frutto, quello è un altro paio di maniche. Da questo Venuto al mondo non è comunque tutto da buttare: i due protagonisti Penelope Cruz ed Emile Hirsch se la cavano bene e le rivelazioni Adnan Haskovic e Saadet Aksoy sono giovani attori da tenere d’occhio… In pratica, il meglio di questo film italiano arriva dal cast internazionale: una spagnola, un americano, un bosniaco e una turca. Eh no, non è una barzelletta. È la triste realtà del nostro cinema. (voto 5+/10)

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