L'ex top manager Fiat. Il direttore finanziario di Acea. Grandi e piccoli imprenditori. Banchieri. Stilisti. Gli eredi di Sergio Leone. Ecco il secondo elenco della lista Falciani (di Paolo Biondani, Alfredo Faieta, Vittorio Malagutti, Gloria Riva, Leo Sisti - l'Espresso)
È una miniera di sorprese, la lista Falciani. Come in un gioco di scatole cinesi, tra numeri e sigle offshore, l'immenso archivio informatico della banca Hsbc di Ginevra illumina i percorsi tortuosi del denaro fino all'approdo nei forzieri svizzeri. Questa seconda puntata della nostra inchiesta rivela i nomi di decine di clienti italiani. Nomi nuovi, mai emersi finora, come quello di Giancarlo Boschetti, ex amministratore delegato di Fiat Auto, e prima ancora, al comando di Iveco, il marchio dei camion. Non mancano i vip della moda e dello spettacolo. Per esempio lo stilista Renato Balestra e gli eredi del regista Sergio Leone. Ecco le loro storie, e quelle di molti altri clienti eccellenti, ricostruite grazie ai documenti messi a disposizione dall'International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) con cui "l'Espresso" collabora in esclusiva per l'Italia.
Va ricordato che depositare denaro in una banca svizzera non è reato, a patto che le somme all'estero vengano segnalate in dichiarazione dei redditi. Sono migliaia i nostri connazionali citati nei file della Hsbc, sottratti alla banca nel 2008 dal consulente informatico Hervé Falciani e poi consegnati alle autorità fiscali di mezza Europa, tra cui quella italiana. Per l'esattezza, i clienti con targa tricolore sono 7.499. Non sempre, però, i nomi corrispondono a un conto. A volte rimandano a società gestite da anonimi fiduciari. Esemplare il caso della famiglia Agrati, titolari di una grande azienda di Monza (oltre 300 milioni di ricavi) che produce bulloni. Oltre al conto (6,8 milioni di dollari) associato all'amministratore delegato Cesare Annibale Agrati, nella lista compaiono altri depositi intestati alla Agrati international con base nel paradiso off shore di Madeira, l'isola dell'Atlantico a sovranità portoghese.
I portavoce dell'azienda brianzola non hanno risposto alle richieste di chiarimenti inviate da "l'Espresso". Da Madeira si torna in Italia via Ginevra. I documenti allegati alla lista Falciani (datati 2007) segnalano che uno stesso fiduciario, Roberto Carlos Abreu de Castro, si occupava di Agrati international e di un'altra finanziaria, la Almeco Marketing e Servicos. Quest'ultima risulta controllata dalla Almeco di San Giuliano Milanese, a pochi chilometri dal capoluogo lombardo. Anche l'amministratore delegato della Almeco (lavorazioni in alluminio), Onorato Fiorentini compare nell'elenco della Hsbc svizzera, collegato a un conto di 8,7 milioni di dollari. «Quei conti sono stati oggetto di verifica da parte delle autorità nel 2011», spiega un portavoce di Almeco, «senza che siano emerse irregolarità».
Ben più noto alle cronache, anche recenti, è il nome del costruttore lombardo Massimo Pessina, che nelle settimane scorse si era candidato, in cordata con altri investitori, a rilevare "l'Unità", il quotidiano del Pd finito in liquidazione. Pessina risulta titolare di un conto chiuso nel 2003, quando il deposito ammontava a circa 9 mila dollari. Nel 2008 l'aspirante editore di giornali era stato segnalato anche tra gli italiani con il conto nel Liechtenstein. Due anni dopo, nel 2010, era arrivato il bis con l'elenco dei clienti della Smi Bank di San Marino. In entrambi i casi le inchieste giudiziarie avviate in Italia sono rimaste finora senza esito. Adesso tocca alla lista dell'Hsbc di Ginevra. Pessina, però, non ha risposto alla richiesta di intervista inviata al suo indirizzo.
Il silenzio è d'oro anche per Renato Balestra, accreditato di un deposito da 1,5 milioni di dollari. Lo stilista fa sapere tramite un portavoce che preferisce non rilasciare dichiarazioni sull'argomento. Non ha risposto alle domande de "l'Espresso" neppure Carla Sozzani, protagonista del business della moda nonché titolare del locale di culto milanese "corso Como 10". Carla Sozzani, sorella di Franca, direttrice di Vogue Italia, viene associata nella lista Falciani a un deposito di 1,1 milioni di dollari. Andrea Leone, spiega invece che il conto segnalato nella lista Falciani fa parte dell'eredità del padre, il grande regista Sergio, scomparso nel 1989. Andrea Leone, insieme alle sorelle Francesca e Raffaella e alla madre Carla Ranalli, viene segnalato tra i clienti della Hsbc di Ginevra con un deposito di 2,5 milioni di dollari.
«Il mio conto non c'è più, perché nel 2010 ho aderito allo scudo fiscale», spiega Giancarlo Boschetti, manager di lungo corso, che ha lasciato la Fiat nel 2003 con i gradi di numero uno del settore auto. Nel 2007 il deposito intestato a Boschetti e alla moglie ammontava a 182 mila dollari. Poco più alta, 275 mila dollari, risulta la somma depositata a nome di Franco Balsamo, direttore finanziario di Acea, la società di servizi pubblici (acqua, luce) quotata in Borsa e controllata dal comune di Roma. «Quel denaro è stato rimpatriato con lo scudo fiscale», ha precisato un portavoce dell'azienda capitolina.
Il nome di Pierluigi Crudele, presente nella lista Falciani con un conto di 2,3 milioni, riporta invece d'attualità la vicenda di Finmatica, meteora della Borsa una quindicina di anni fa, ai tempi della bolla di internet. Il crack di Finmatica nel 2004 è costato un processo a Crudele, chiuso con una condanna, tramite patteggiamento, a un anno e nove mesi.
È finita male anche l'avventura imprenditoriale di Maria Concetta Patti, segnalata tra i clienti dell'Hsbc con un conto azzerato prima del 2007. La Valtur controllata dalla famiglia Patti è arrivata al capolinea dell'amministrazione straordinaria. Peggio ancora: Carmelo Patti, padre di Maria Concetta, è finito al centro di indagini per i suoi presunti rapporti con il clan del boss Matteo Messina Denaro.
A quanto pare l'indirizzo ginevrino della grande banca britannica era ben conosciuto a una miriade di piccoli e medi imprenditori. È il caso del milanese Guido Modiano, titolare con un familiare di un conto da circa 14 milioni dollari. Modiano, tra l'altro, possiede l'80 per cento delle azioni della Interfil spa, che vende all'ingrosso filati e articoli di merceria. «Ho fatto lo scudo fiscale nel 2002 e nel 2009. Da allora non ho più conti esteri», afferma il diretto interessato. Nella lista che "l'Espresso" ha potuto esaminare troviamo anche alcuni esponenti della dinastia Manuli (Antonello, Elisabetta, Alessandra), a capo dell'omonima azienda un tempo quotata in Borsa.
«Tutte le posizioni legate alla cosiddetta lista Falciani risultano in regola con gli obblighi dichiarativi previsti dalla legge italiana», recita una nota inviata a "l'Espresso" dalla famiglia, che nelle carte della Hsbc viene associata a conti per un totale di circa 17 milioni. I Manuli però non spiegano se negli anni scorsi abbiano sanato quei conti sfruttando il condono dello scudo fiscale. Non entra nei particolari neppure Giovanni Curioni, importante broker assicurativo con base in Lombardia nonché consigliere di amministrazione del Banco Popolare. «È vero: in passato io avevo un conto alla HSBC», afferma Curioni per poi spiegare che «la mia posizione è stata regolarizzata».
Diversa la posizione del comasco Michele Ratti, principale azionista dei supermercati Bennet (oltre un miliardo e mezzo di ricavi all'anno). Ratti conferma che era intestatario di un conto alla Hsbc da oltre 26 milioni di dollari, ma chiarisce: «Come ha riconosciuto anche la Guardia di Finanza, non c'è stata alcuna evasione. Erano soldi dichiarati nei bilanci: appartengono alla nostra finanziaria lussemburghese». Portano a Napoli, invece, i conti (azzerati al 2007) intestati a Giuseppe Vecchione, che nelle carte dell'Hsbc viene qualificato come imprenditore nel settore dell'import-export. L'indirizzo di riferimento per il cliente è in pieno centro della città partenopea, in via Duomo, ma la società di riferimento, la Retfin Management, si trova a Panama. «Il denaro depositato in Svizzera è stato riportato in Italia con lo scudo fiscale», segnala un legale di Vecchione. La Pinkwild Invest, invece, è un'altra società panamense che risulta collegata ad Alessandro Gumier, a sua volta associato a un deposito con quasi 2 milioni di dollari a fine 2007. Gumier è un alto dirigente della Bank of America in Italia. Nel 2005 però, quando il conto all'Hsbc è stato aperto, il manager lavorava in Unicredit.
Briatore: 39 milioni intestati alla cuoca - La ragazza da 39 milioni di dollari, secondo la banca svizzera Hsbc, dovrebbe abitare in un condominio di periferia, in una viuzza a cinquanta metri dalla tangenziale ovest di Brescia. Ma tra gli inquilini del civico 20 nessuno conosce Barbara F.: «Mai sentita nominare». Per trovare il suo cognome sul campanello bisogna spostarsi al numero 10: negli archivi della Hsbc c'era l'indirizzo sbagliato. Strano che la banca non abbia mai avuto bisogno di spedire qualche carta a una cliente da 39 milioni e 794 mila dollari.
La casa della famiglia F. è un modesto appartamento in una palazzina degli anni '70. Il lusso non abita qui. Driiin. Dal balcone del secondo piano s'affaccia una signora che non ha nulla da nascondere: «Sì, sono la madre di Barbara, salga pure». In sala, mentre lei prepara un caffè, il padre di Barbara, piantato come una quercia a capotavola, è ancora indignato e scandalizzato: «Mia figlia non c'entra niente, magari avessimo avuto tutti quei soldi. Il problema è che Barbara ha lavorato per Flavio Briatore, faceva la cuoca per il catering della Renault in Formula Uno. Quando è stata chiamata dalla Guardia di Finanza, l'ho accompagnata io: è saltato fuori che hanno usato il suo nome, le hanno intestato quel conto svizzero senza dirle niente. Adesso sembra quasi uno scherzo, ma allora eravamo disperati: io non ci ho dormito per un mese».
La madre sta già chiamando la figlia dal telefono fisso che troneggia tra i soprammobili, accanto a una foto di Barbara con la tuta del team di Briatore. La milionaria a sua insaputa arriva trafelata dopo pochi minuti, portando con sé gli atti che provano la sua innocenza. Mingherlina, Barbara ha 36 anni e sorride imbarazzata: «In pratica mi avevano intestato un conto svizzero senza dirmelo... Per fortuna la Finanza è stata brava e ha capito tutto». L'interrogatorio, condotto dal maresciallo capo Michele Travaglio, è del 14 ottobre 2010. Alla fine la Gdf certifica che Barbara F., in realtà, è stata semplice dipendente, dal 2005 al 2006, della società "Formula FB Business Limited", controllata all'80 per cento da Flavio Briatore e per il 20 dal manager Michel Bruno: la classica offshore anti-tasse delle Isole Vergini. «Io avevo solo una carta di credito per fare la spesa, con un massimale di 14 mila euro, e ovviamente dovevo presentare tutti i giustificativi. Nella banca svizzera non ci sono mai andata: facevo la cuoca e basta. Guadagnavo 1.100 euro a gran premio, che non significa al mese. Che tutti quei milioni fossero intestati proprio a me, l'ho saputo solo dalla Finanza. Non riuscivo a crederci: la banca mi aveva messo in cima a tutti, Briatore e i manager figuravano sotto di me». La verifica fiscale si è chiusa «senza alcuna contestazione», perché il conto svizzero è risultato «non riconducibile a Barbara F.». Scagionata da ogni accusa, la cuoca bresciana è stata invece verbalizzata come parte lesa in una denuncia contro ignoti: «Per ragioni non note a questo ufficio», segnala la Gdf alla Procura, «il conto svizzero è stato acceso e movimentato utilizzando fraudolentemente i suoi dati anagrafici». Oggi Barbara F. è senza lavoro e fa la bambinaia a ore. Briatore e i suoi fiscalisti si sono mai scusati con lei? «No». Nemmeno quando è uscita la lista Falciani? «Mai».
Chi sperava nella inutilizzabilità della lista Falciani, resterà deluso - La Cassazione: il fisco può usare la lista listaa fiscale La Cassazione autorizza il fisco a usare la lista Falciani come prova di un'evasione miliardaria. Finora c'erano stati verdetti contrastanti: alcune commissioni tributarie avevano convalidato le prime multe per i conti esteri non dichiarati, mentre altri giudici le avevano annullate, considerando "inutilizzabili" i dati informatici della Hsbc, in quanto copiati dal tecnico Hervé Falciani "violando il segreto bancario svizzero". Il 9 febbraio, poche ore dopo i primi articoli sulla lista, la sezione tributaria della Suprema Corte ha notificato l'attesissima relazione del primo processo, destinato a fare scuola, in cui la Cassazione è chiamata a pronunciarsi sulla lista Falciani. Il giudice relatore, Roberto Conti, noto giurista, propone al collegio di considerare pienamente utilizzabile la lista, anche come unica prova, non solo perché è stata trasmessa al fisco italiano dalle autorità francesi, ma soprattutto perché il dovere costituzionale di pagare le tasse ha un valore superiore alla privacy dei presunti evasori, mentre il segreto bancario svizzero non vale in Italia. Non si tratta di un parere di parte, ma della relazione ufficiale firmata dal giudice incaricato di studiare la questione e proporre ai colleghi la sentenza, che verrà emessa il 15 aprile. L'avvocato Asa Peronace, difensore di un comasco che aveva vinto in primo e secondo grado e ora rischia sanzioni triplicate, non condivide questa tesi che «sembra legalizzare il furto di dati informatici», ma conferma l'importanza della svolta: «A questo punto consiglierò a tutti i miei clienti di aderire alla voluntary disclosure».
(Fonte: l'Espresso)
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