In attesa di chiudere la stagione con il nuovo allestimento del Tristan und Isolde, Sylvain Cambreling ha diretto il settimo e ultimo concerto sinfonico della Staatsorchester Stuttgart alla Liederhalle. In due anni di lavoro come Generalmusikdirektor della Staatsoper Stuttgart, il direttore di Amiens si è guadagnato l’ apprezzamento del pubblico e della critica, grazie alle sue doti di interprete e a un’ innegabile capacità comunicativa e simpatia umana. Cambreling, sicuramente uno dei direttori più importanti della sua generazione, ha portato alla Staatsoper il contributo della sua versatilità di interprete e di profondo conoscitore del repertorio moderno e contemporaneo, oltre all’ esperienza maturata tramite i suoi incarichi stabili al Theatre Royal de La Monnaie di Bruxelles, all’ Oper Frankfurt e alla SWR Sinfonieorchester Baden-Baden und Freiburg, affiancati da presenze regolari sul podio delle migliori orchestre europee. Un musicista fine e scrupoloso, la cui nomina è stata sicuramente un’ acquisizione preziosa per lo sviluppo della vita musicale di Stuttgart.
Per quanto riguarda i concerti sinfonici, una delle qualità più pregevoli di Cambreling è l’ intelligenza nella scelta e nell’ accostamento dei brani, una caratteristica che io trovo molto importante. Parafrasando quanto scrisse Fedele D’ Amico negli anni Cinquanta, si può dire che fare un buon programma sembrerebbe una cosa da nulla e invece è una faccenda difficile e delicata. Accostare tre o quattro capolavori che finiscono per elidersi a vicenda è una cosa che non porta a nulla, la scelta dei pezzi da eseguire in un concerto deve avere una logica e una coerenza di impaginazione. Sylvain Cambreling possiede in pieno questa capacità e i suoi programmi sinfonici si caratterizzano per l’ intelligenza e il gusto nelle scelte, come appunto in questo concerto di chiusura della stagione che era basato sull’ accostamento di tre brani appartenenti a tre epoche diverse ma accomunati dal lavoro compositivo basato sulle strutture polifoniche e sulla ricerca timbrica.
Il concerto iniziava con Hymnos, uno dei lavori più importanti di Giacinto Scelsi, compositore nato nei pressi di La Spezia e vissuto tra il 1905 e il 1988 e considerato dalla musicologia internazionale uno degli autori contemporanei italiani di maggiori rilievo. Scelsi fu una figura estremamente interessante per i suoi multiformi interessi culturali e la sua evoluzione stilistica, durante la quale arrivò ad anticipare soluzioni stilistiche basate sulla ricerca microintervallare che furono poi alla base del lavoro di grandi maestri come Ligeti e Kurtag. Hymnos, scritto nel 1963, è un brano per grande orchestra che, come quasi tutta la produzione di Scelsi, per merito di Hans Zender, direttore d’ orchestra e musicologo che nel 1987 ne diresse la prima esecuzione pubblica ai Kölner Weltmusiktagen. Un’ analisi della partitura è stata compiuta dal musicologo inglese Todd M. McComb in questo saggio:
Hymnos (1963) marks the end of Scelsi’s great symphonic trilogy begun with Hurqualia and Aion: the later orchestral works call for chorus or a solo instrument (in Anahit). It also marks his convincing return to harmony and his consolidation of forces in the mid-60s. Hymnos is a single movement work lasting eleven and a half minutes, and scored for Scelsi’ s largest group of instruments (including violins for the first time): two flutes, three oboes, three clarinets, three bassoons, six horns, four trumpets, four trombones, two tubas, sixteen first violins, fourteen second violins, ten violas, eight cellos, and six double basses; these instruments are divided antiphonically into two symmetric groups placed about: organ, timpani and three percussionists. The percussion is quite subdued in this piece, and includes a gong on top of a kettle drum; the organ plays a major supporting role; and all timbres are indicated with extreme precision.
Hymnos is a Greek word, and is of course the origin of our word hymn: and in this respect the meaning of the work is more clear than in the preceding two. The origin of ‘Hymnos‘ in Greek is from the number six, and though it may be coincidence, the piece is made up of three distinct sections multiplied by the two orchestras. The two outer sections are in Scelsi’s typical massive style, surrounding a quiet and sublime middle section during which the violins and high winds dominate as never before in Scelsi’s mature orchestral music.
The first section begins slowly on D, gradually building to a climax which wavers between D minor and Bb major (keys which already had important associations for Scelsi during his First Period). This is broken up by microtonal fluctuations on the violins in the highest register, and the piece gradually dissolves into the ethereal second section on E with dissonant tensions of interior chromaticism. Rumblings in the percussion gradually inaugurate the third section which returns to the harmonic context of D minor/Bb major and finally cadences at about the ten minute mark. This is followed by a recapitulation and above all by a consolidation of the previous uninterrupted development which fades away by the eleven minute mark; the piece then ends in a grand unison on F.
Hymnos is one of Scelsi’ s easiest pieces for analysis, and it is also one of his most simply effective. It has a hymn-like healing quality about it, and one can imagine Scelsi finally conquering his harmonic demons in this hymn. Harmony will continue to play an important role throughout his Third Period – and this is a harmony which Scelsi was able to develop out of his own style, rather than having it imposed upon him.
Sylvain Cambreling ha eseguito questa interessante partitura di grande fascino sonoro in maniera ideale, con tutta la sapienza esecutiva derivata dalla sua lunga esperienza nel campo della musica contemporanea. A seguire, senza pause, il coro della Staatsoper, posizionato nelle logge alle spalle del pubblico, ha eseguito il mottetto Spem in alium di Thomas Tallis, compositore inglese considerato uno dei maggiori polifonisti del Rinascimento. Si tratta di uno straordinario esperimento sonoro basato su una virtuosistica scrittura polifonica per otto gruppi corali a 5 voci. Un brano affascinante per le atmosfere sonore che stupiscono per la raffinatezza e modernità delle soluzioni arminiche e contrappuntistiche, anch’ esso eseguito in maniera splendida dal coro diretto da Johannes Knecht. Il coro della Staatsoper Stuttgart è considerato tra i migliori complessi stabili dei teatri tedeschi e negli ultimi quindici anni ha ottenuto per nove volte il riconoscimento “Chor des Jahres” della rivista Opernwelt; alle prese con una scrittura così impegnativa, il complesso ha confermato una volta di più il suo altissimo livello di preparazione.
A completare il programma, un’ eccellente esecuzione della Nona Sinfonia di Bruckner. È sempre un autentico piacere, come ho detto altre volte, ascoltare un’ orchestra tedesca impegnata in questo repertorio, che i musicisti padroneggiano con la naturalezza di chi si esprime in un linguaggio assimilato alla perfezione. La Staatsorchester Stuttgart ha fornito una prestazione impeccabile sotto la guida attenta e scrupolosa di Cambreling. Dal punto di vista interpretativo, la lettura del direttore francese si caratterizzava per la bellezza dei colori e la finezza del fraseggio. Molto intensa e serrata la lettura del primo movimento, con dinamiche molto accurate, tempi serrati e un’ atmosfera complessiva di grandioso e severo splendore sinfonico. Le ritmiche complesse dello Scherzo erano realizzate in maniera assai incisiva e l’ Adagio, intenso e di ampio repiro cantabile, ha concluso in maniera ideale un concerto davvero interessante, per il livello esecutivo e l’ intelligenza d’ insieme della proposta.